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Macro contro Micro economia: è guerra

Wall Street simbolo non a caso della maxi economia finanziaria: le bolle e i derivati sono nati lì. Sono il male pernicioso dell'economia reale e quindi della micro economia

Macro e micro economia si affrontano lancia in resta, neanche fossero rappresentate sul campo da divi delle antiche “giostre” come Ivanoe e Lancillotto…

Forse è sempre stato così, ma oggi lo è al massimo grado. La macro economia intende spadroneggiare approfittando di tutto, a partire da erronei concetti sopravvissuti nella mentalità diffusa e quindi nell’ambito della micro realtà…

Perché da una parte la società civile continua a vivere nel ricordo antropologico (e culturale) di una realtà arcaica in cui la “scarsità” (Vilfredo Pareto) era ciò che faceva la differenza: era la regola, rispetto all’abbondanza, che ne rappresentava la fortunata eccezione… Le carestie avvenivano per reale, spesso naturale,  penuria di approvvigionamenti: raccolto agricolo, materie prime…

Oggi, dall’altra parte, in virtù della tecnologia avanzata, si produce “di tutto e di più”, tanto è vero che il problema fisico della “linea” prevale su quello della magrezza e della denutrizione: in Europa, dove, fino ai primi decenni del 1900 il rachitismo, l’avitaminosi, la carenza di proteine erano un triste leit motiv, dalla Sicilia al Veneto e al Piemonte, ma anche oltralpe, come in vaste zone dalla Francia fino alla Polonia, al Danubio e alla Russia, oggi vive la popolazione “più e meglio nutrita” del mondo, avanti agli stessi Stati Uniti e alla emergente Cina…

La scarsità, le carestie ed anche la fame restano una piaga nel cd terzo mondo, ma ciò avviene per carenza di tecnologia, di know how e di quel fenomeno che, nell’insieme, si chiama scarso “sviluppo”. Colpevoli le grandi potenze, ma soprattutto – inutile dirlo – l’asse atlantico Stati Uniti – Inghilterra. Se c’è una “volontà” nel mantenere il sottosviluppo terzomondista viene da lì, dove risiede anche un potere di carattere finanziario (puro denaro), che progetta di tenere in mano le redini del mondo intero…

Si continua a dire, però, che la frugalità paga, lo raccomanda anche il Papa. Siamo d’accordo: frugale è bello. Per molti motivi, materiali (salute) e morali (equilibrio). Ma la “nostra” frugalità non sarà mai quella che farebbe sviluppare il terzo mondo. Il vero problema è che il terzo mondo è povero di sviluppo ma ricco di risorse, tali da “poter” essere da sempre utilissime all’Europa, ma “ofelime” (V.Pareto) anche per l’asse atlantico di cui parlavamo, Usa in testa…

Con tutto ciò le carestie non mancano neppure nel mondo evoluto: hanno solo motivo e forma diversa da quelle della tradizione. Contro il benessere stabile generalizzato, traguardo più che alla portata di mano, concorrono varie forze: l’alta finanza, che vuol far soldi con altri soldi, la politica errata e corrotta, la disamministrazione prigioniera delle burocrazia e della sottocultura, la necessità di tenere alto il prezzo delle merci, inclusi i beni di prima necessità.

Un problema odierno è proprio la sovrapproduzione: tutti i beni tendono adesso verso un livello di prezzi vicini allo zero. Un qualunque contenitore da un litro si può trovare a prezzi che vanno dai 50 centesimi a 1 euro più o meno, indipendentemente dal contenuto: si paga il servizio, cioè le successive “ricariche” commerciali, il trasporto, la giacenza in magazzino e nello scaffale, il marketing, la merchandising e la pubblicità. Il valore intrinseco del prodotto è relativo. L’acqua minerale più cara costa più del latte più economico. Tanti i non sense: un Kg di pane artigianale è più caro di 1 Kg di cioccolata industriale.

Di fronte alle difficoltà della società moderna, in cui dovrebbe “regnare il benessere“, serpeggia

Nino Galloni (sì euro exit): "la prima cosa da fare per curare questa malattia sarebbe il ripristino del “Glass Steagall Act” ovvero la separazione tra le banche di credito e d’affari. Poi da un lato le banche di credito devono essere messe in condizione di poter erogare prestiti, perché oggi chi chiede prestiti non ha rating e chi ha rating non chiede prestiti..."

Nino Galloni, noto economista italiano (sì italexit): “La prima cosa da fare per curare la malattia sarebbe il ripristino del Glass Steagall Act, ovvero la separazione tra le banche di credito e d’affari. Inoltre, le banche di credito devono essere messe in condizione di poter erogare prestiti, perché oggi chi chiede prestiti non ha rating e chi ha rating non chiede prestiti… Sia chiaro come le banche, in concreto, siano oggi costrette ad essere anche banche d’affari. E ciò ne distorce il comportamento e la funzione…”

nella mente di molte persone la “teoria del grande complotto”: si pensa che un disegno unico miri a favorire una mega speculazione politico – mondiale che vorrebbe servirsi della globalizzazione, sotto la forma distorta e dilatata della mondializzazione. Si teme che pochi grandi speculatori mirino ad amministrare da soli la fornitura dei beni indispensabili: energia, acqua, cereali, proteine e, con essi, anche informazione, il denaro e persino la religione. Essi parlano di un Nuovo Ordine Mondiale come la sola “panacea” di una morale globalizzata che, riconoscendo tutte le religioni, le inducesse sostanzialmente ad una, quasi laica, sovrapposta al senso comune della morale. Ma, a latere, una conseguenza – per loro “il” risultato – sarà che venderanno tutto quanto sopra elencato in una situazione “leonina” di esclusiva mondiale.

Il colmo è che molti moralisti siano d’accordo. Perché tale “assetto” si sposa con varie teorie morali trasformabili in un’unica ideologia che comprende: un naturismo esasperato e un ecologismo ideologico, il salutismo individuale, la convinzione che occorra limitare la crescita generale fino a concepire “la decrescita felice”. Tali concetti, che fanno ideologicamente e psicologicamente leva sul sentimento naturale della paura, hanno comunque una “presa” sulle masse e mirano a divenire essi stessi fede politica e persino religiosa.

Basterebbe invece riflettere come, di fatto, tali teorie siano di “natura pagana”: esse mirano ad esaltare valori materiali, concentrandosi sul salutismo e sul rispetto del pianeta fino a trascurare quello per l’umanità come tale e per i traguardi che essa concepisce da sempre, prima istintivamente e poi smpre più consapevolmente (scienza, tecnica e anche filosofia). L’umanità, in una visione che risale al platonismo di Hegel, Rousseau e della rivoluzione francese, non potrebbe che “guastare” ciò che è perfetto per natura: la natura stessa. Come se l’umanità non ne facesse anch’essa parte, come se non rappresentasse la più alta performance del creato: anche qui, dunque, basta riflettere…

Questa ideologia propugna un liberismo male indirizzato: esso non riguarda la libertà di pensiero, la crescita morale ed economica, l’espressione artistica e politica. Bensì concede all’individuo una sorta di franchigia personale da qualunque regola morale, a vantaggio di facoltà consumistiche senza limiti. Cioè parte dal rifiuto del consumismo e vi ricade pesantemente: crea qule’individuo che la società pretende, un insaziabile consumatore. L’individuo “moderno” più che al genio avrebbe così diritto alla sregolatezza. A fronte di essa “qualcuno” ne incasserà il prezzo: sia che egli paghi di tasca, sia che ricorra a forme mutue o che venga persino finanziato dalla previdenza pubblica.

Chiarendo il pensiero dei “moralisti” in genere, molti temono che lo “scatenarsi” di un boom simile a quello dei due dopoguerra – poi praticamente “stoppatosi” nel 1990 – con i mezzi tecnici moderni e l’intera realtà contemporanea, provocherebbe un disordine sociale ingovernabile. Da qui il formarsi di una “cordata” di forze dissimili, ma convergenti sullo stesso obiettivo: rallentare lo sviluppo diffuso, la libertà generalizzata (di crescere), la possibilità di auto occupazione dalla quale nascerebbe la eventualità del formarsi di poli di potere, prima economici e poi – inevitabilmente – politici incontrollabili.

Torniamo, però, al confronto – lancia in resta – fra macro e micro economia. Non è che le armi siano solo in mano ai “grandi” rappresentanti della finanza distorta e della grande produzione di beni da commercializzare attraverso la Gdo, la grande distribuzione organizzata che, di per sé, non fa nulla di male. Anche la frastagliata micro realtà ha molte frecce al proprio arco.

Il propagarsi del sapere tecnologico, attraverso le fonti di informazione, la ricerca diffusa sul territorio, le università, i mezzi di comunicazione di comune uso hanno dato luogo al diffondersi capillare delle tecniche di produzione fino ad una sorta di polverizzazione. E’ vero che le economie di scala della grande produzione agricola e industriale fanno giungere sul mercato qualsiasi prodotto o servizio (specie quelli di uso più comune e necessari) ad un potenziale costo tendente a zero, ma è vero che ad un costo un po’ superiore e assolutamente “sopportabile”, tutto può essere prodotto in piccole quantità a livello locale: si giunge così al fiorire del concetto di Chilometro zero (Km 0). Esso è l’esasperazione di ciò che diciamo. Perché è facile affermare che “piccolo è bello” e che ciò che è prodotto in piccole quantità, vicino al consumatore, sia artigianale e di migliore qualità.

Intendiamoci: tutto è immagine, spesso può essere mera immagine…

Tuttavia, ciò che più conta è che le difficoltà per il Macro di sconfiggere il Micro fino a condurlo allo “auspicato” default si siano già manifestate. La battaglia è aperta, è una disfida, cui partecipano la cavalleria e i fanti, l’artiglieria e i fucilieri. Sono attivi sistemi di spionaggio che giovano di più al Macro. Ma il Micro è rappresentato dalla molteplicità, un fattore vincente nella storia, perché …secondo natura.

L’unità – fra cui il monopolio – è il simbolo delle dittature e, sostanzialmente, del peccato: cercarla è un errore. Ridurre il molteplice ad uno è una costante tentazione. Probabilmente questa facoltà appartiene solo al Creatore. I rappresentanti della micro realtà vogliono essere liberi, sono in tanti, come le stelle della galassia e le cellule del corpo umano. Hanno ciascuno una baionetta dietro la schiena.

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