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Decifrare Donald Trump: questa l’urgenza

Trump isiste: per il momento blocchiamo tutti i musulmani provenienti dai 7 stati...

E desso? Gli occhi del mondo sono puntati su Donald Trump. C’era da aspettarselo: è lui l’ago della bilancia della politica planetaria in questo momento, almeno quanto lo fu Lorenzo il Magnifico nell’Italia allo sbocciare del Rinascimento. No, il “giornale unico”, che ha subito il massimo “scacco” degli ultimi tempi, dopo la Brexit e l’italiano, non ci aiuta: è fuorviante. Si arrampica sugli specchi: deve dire che Trump non va, che rappresenta un potnziale pericolo, una posssibile rovina!

Nel corso della precedente presidenza, in cui Obama ha applicato i dictat della finanza di Wall Street, i danni che ha inferto l’America al mondo (specie occidentale) sono difficilmente calcolabili. Ma una cosa è certa: che – oltre alla truffa dei derivati, nata per rimpinguare (e c’è riuscita in parte) le casse americane a danno di tutto il mondo (sempre il cosiddetto occidentale), fino ai piccoli comuni della Penisola – l’offesa economica, e politica, inferta dagli Usa all’Europa è stata la più alta. E, ancora, tale offesa è stata superata solo dai danni compiuti al Mediterraneo, intendendo con questo i tre stati europei che più vi si protendono, Italia, Spagna e Grecia, ma includiamo anche la stupida Francia, che si lascia trascinare – forse anche per legami massonici, oltre che per la logica di decotta grandeur – dalla politica atlantica. Ovviamente, tali danni si applicano – anzi è questo il primo impatto – a tutta l’Africa settentrionale, al Mar Rosso e al Medioriente, che include Turchia, Libano e, ovviamente, Libano, più tutti gli altri fino al Sub Sahara, ma persino Israele

Potrà mai Donald Trump, che “il presidente – al contrario di Obama – lo vuole fare lui”, senza cioè “farsi guidare” dalle lobby finanziarie, sulle quali pesa il grave sospetto da parte della cosiddetta teoria del grande complotto, infierire più gravemente sul resto del mondo?

Che cosa si viene, ora, a sapere? Che contro Trump si schiera il potere finanziario di Wall Street. E’ questo potere che oggi “manifesta per strada” assieme a quella parte del “popolo americano” che non condivide o abborrisce le prime – drastiche, forse troppo, per la verità – decisioni di Trump…

Ma c’era da aspettarselo o no? E si fa avanti, persino, ciò che si teme: da una parte una sventagliata di mitra o una bomba sotto i piedi, dall’altra la terribile ombra dell’impeachment. Si parla nientemeno che del Water Gate, proverbiale, ma ormai di lontana memoria… Che cosa c’entra? Dov’è lo scandalo? Dov’è l’illegalità? E’ stato, Trump, eletto democraticamente o no?

L’atmosfera che si cerca di creare ricorda quella del Corriere dei piccoli e le storie illustrate del Signor Bonaventura, che lanciò il proverbiale detto del lessico popolare: “alla prima che mi fai ti licenzio e te ne vai”.

Se questa, però, è la “speranza” di Wall Street, a poche settimane dalla frase di Trump “…ripulirò il fango di Washington”, alla quale contro stesse lobby della capitale Usa stanno seguendo i fatti (si dice …cacciata), non deve essere la speranza del popolo in nessuna parte del Pianeta…

Il mondo non può che sperare che sia vero, che Trump, il quale è un uomo che crede nell’impresa e non nella finanza sia coerente nelle sue intenzioni. Il popolo del Pianeta deve sperare che nessuno lo intercetti… In ogni caso, abbiamo visto ovunque, nella macro e micro realtà che i politici eletti con il voto hanno compiuto le più grandi “porcate” che si possano immaginare, nel pubblico e nel privato e se la siano fatta “franca”. Restano lì, da Crocetta allo stesso Obama… Trump, invece, sceglie fra i collaboratori personaggi come Rudolph Giuliani, olre che itali americano, collaboratore e amico di Giovanni Falcone…

Che, poi, Barack Obama, il burattino del poteri fortissimi, col suo ridicolo Nobel, si vanti di aver affrontato il problema musulmano, sfoggiando un “benaltrismo” degno di miglior causa, cioè esibendo “gesti” neppure suoi, come l’uccisione di Bin Laden, è il colmo. Né si può mai sostenere che quella “vittoria”, un assassinio a tradimento, abbia avuto un minimo peso positivo sul rallentamento di attentati e violenze da parte dei temuti fondamentalisti… (Germano Scargiali)

 

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Due parole, adesso, sul tema “Trump e l’Italia“, affrontato solo di striscio dai media italiani timebondi, ce le dice Germano Dottori su Limes (on line).

Le preoccupazione generate in Italia dalla vittoria del candidato repubblicano Donald Trump alle elezioni presidenziali americane dell’8 novembre 2016 sono in larga misura ingiustificate, seppure comprensibili alla luce di quanto è accaduto durante una campagna elettorale a dir poco tempestosa, che ha fatto giustizia di molti consolidati stereotipi. Il nostro paese, infatti, non ha nulla da temere dall’arrivo del Tycoon alla Casa Bianca. Mentre avrebbe avuto molto da perdere qualora a prevalere fosse stata Hillary Clinton.

L’ex first lady avrebbe infatti portato con sé nello studio ovale un irriducibile pregiudizio antirusso e un approccio tanto liberal quanto interventista alle relazioni con il resto del mondo, che avrebbero senza dubbio provocato maggiori tensioni, sia in Europa, sia nel Mediterraneo allargato. La circostanza che il nostro governo non se ne sia accorto, garantendo in diverse occasioni il proprio endorsement all’ex segretario di Stato, è molto verosimilmente dipesa dalla lettura fortemente ideologica data sia da Palazzo Chigi che dalla Farnesina al processo elettorale appena conclusosi negli Stati Uniti. A indurre il nostro governo in errore sono stati congiuntamente due (errati, ndr) condizionamenti…

 

Ultima Nota di Palermoparla. Tutta l’informazione mediatica, incluso il commento illuminato che sopra riportiamo, pecca per difetto. Si commette l’errore di attribuire a “preconcetti e antipati” tutta l’avversione fra stati. Dicevano i nostri vecchi libri di storia e lo fanno ancora, crediamo, quelli moderni, che uno stato era “inviso” al premer dell’altro. Taillerand avrebbe avuto l’Austria in antipatia e questa era “invisa” a Metternich… Dietro queste antipatie, anche dentro l’Unione Europea (fra Germania, Francia, Italia…) vi sono rivalità economiche da parte delle imprese che sono alla base di quella antipatie! Smettiamola di attribuire ad idiosincrasie, piccole manie o alle stesse ideologie, rivalità che sono di altra natura… Anche la pubblica opinione è importante, ha il suo peso. Da una buona informazione potrebbe dipendere molto… La superficialità, invece, in proposito più che mai “non paga”!

 

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