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Italexit? Ora è un’ipotesi …plausibile!

L'ingresso di Mediobanca in piazzatta Cuccia a Milano

Otto miliardi sull’unghia e il resto in divenire. Ecco quanto guadagnerebbe l’Italia dalla “Italexit”, l’uscita da questa Europa… E’ un dato segreto, ma a disposizione della Finanza italiana, venuto fuori dal quotidiano Il Giornale. I vantaggi in fieri, cioè da attendersi col passare di un po’ di tempo, sembrerebbero comprensibili anche da un bambino: stop alla spending review, ritorno alla Banca d’Italia, cioè all’Italia del potere di “battere” moneta “da sola”, senza doverla “comprare” presso la Bce, pagandola a prezzo di moneta rappresentativa di ricchezza reale…

A lance spianate contro Draghi. Così sono partiti “i 5 Saggi”, cioè i cinque economisti chiamati periodicamente a fornire il proprio consiglio al governo di Berlino e, quest’anno, segnalano che la politica lassista della Bce non è più “appropriata”. Da qui a dicembre, il clima potrebbe diventare arroventato.

Italexit” titola, infatti, brutalmente in Germania un quotidiano autorevole come la Welt. L’idea che la posizione dell’Italia all’interno dell’Euro possa tornare in discussione arriva un po’ a sorpresa, ma si inquadra nel confronto in atto a Bruxelles, dove i tedeschi guardano con diffidenza alla possibilità che la Commissione si comporti con troppa generosità verso lo sforamento dei tetti concordati da parte della manovra di bilancio italiana.

Tuttavia, non è più questo – la dialettica giocata fra “maggiore o minore” austerità nei singoli paesi – il primo tema dello scontro. Sul tavolo ce n’è uno più generale: la politica monetaria della banca centrale. Più esattamente, la gabbia di sicurezza costruita da Mario Draghi intorno all’euro, che ha reso possibile anche il rilassamento delle politiche di bilancio.

Tuttavia, ecco i “ma” che pesano sulla Italexit.

Un report di Piazzetta Cuccia (Mediobanca) sull’ipotesi Italexit quantifica, però, benefici e costi, arrivando alla conclusione che le nuove clausole di azione collettiva inserite nei titoli di Stato a partire dal 2013 rendono “non conveniente” tornare alla lira. E il calcolo non tiene neppure in conto, come spiegato da Draghi, che l’Italia dovrebbe rimborsare 358 miliardi di passività nei confronti della Bce.

In modo inatteso, cioè, proprio per la Banca d’Italia – anche pe l’Istituto di via Nazionale – l’ipotesi dell’uscita dall’euro sarebbe “uno scenario di disastro, di catastrofe”.

Tale scenario, però, non è tornato alla ribalta spontaneamente, ma dopo che il report dell’ufficio studi di Mediobanca ne ha preso in considerazione la fattibilità, quantificando i possibili effetti positivi e negativi di una Italexit. Anche la banca di piazzetta Cuccia, comunque, non è ottimista e dubita della fattibilità di una Italexit.

L’opinione che l’Italia non debba, perchè non possa, uscire dall’Euro – per scarsa convenienza, con i numeri alla mano – implica un’ovvia osservazione, verissima, almeno, in parte: ormai “saremmo prigionieridell’Unione Europea. L’Ue ci avrebbe reso pigionieri: sarebbe bello uscvirne, ma non possiamo. Anche se lo vorremmo. Anche se lo volessimo…

Gli analisti di Piazzetta Cuccia giungono, infatti, alla conclusione che il saldo tra costi e benefici dell’abbandono della moneta unica nel corso del 2017 sarebbe negativo per 71 miliardi. Infatti da quest’anno, diversamente da quanto avvenuto fino al 2016, la maggior parte dei titoli di Stato della Penisola contiene una clausola di azione collettiva (Cac), prevista dalla normativa che impedisce di fatto un ritorno alla denominazione in valuta locale del debito pubblico emesso in euro. Le Cac consentono infatti ai creditori che possiedono più del 25% di ogni emissione di porre il veto su proposte di ristrutturazione o, appunto, ridenominazione del debito. Peggio di così…

Di conseguenza, ipotizzando una svalutazione della nuova lira del 30% nei confronti dell’euro (rispetto al rapporto iniziale di 1.936,27 lire ad euro), Mediobanca calcola che i 178 miliardi di minor costo della parte di debito senza Cac che verrebbe convertito in nuove lire sarebbero più che compensati dai 249 miliardi di maggiori oneri per i titoli con Cac in euro. Mentre in passato i benefici avrebbero superato i costi – nel 2013 il saldo sarebbe stato positivo per 285 miliardi – alle condizioni attuali l’analisi finanziaria porta quindi a bocciare l’ipotesi di una Italexit.

Ma nello stesso rapporto si ammette che l’Italia potrebbe avere forti incentivi a riottenere la sovranità monetaria nazionale, in quanto sia la mancanza di crescita e competitività, sia l’alta disoccupazione sarebbero meglio affrontabili con un ritorno alla lira. Frattanto non ci vuol molto a riflettere sulla svalutazione competitiva che ne deriverebbe. Per questo le preoccupazioni degli investitori sull’uscita della Penisola dall’euro sono comprensibili, scrivono gli analisti della banca d’affari. Ancora una volta, insomma la finanza – rappresentata da chi fa denaro con altro denaro – è schierata contro l’economia, il mondo, cioè, della produzione, che pensa a realizzare un utile tramite l’impresa e il lavoro, o viceversa. Vedi al riguardo il nostro recente articolo “Macro contro micro economia” sulla “disfida” fra i due “mondi”, ma anche altri articoli nella nostra voce Economia.

Si dice, però, anche che i conti eseguiti da Mediobanca non terrebbero neppure conto di quanto dichiarato la settimana scorsa dal presidente della Bce. Il 23 gennaio, rispondendo all’interrogazione di due parlamentari europei del Movimento 5 Stelle, Mario Draghi ha argomentato che, in caso di “exit” dell’Italia dall’Euro, la Banca d’Italia dovrebbe rimborsare crediti e passività nei confronti dell’Eurotower. E a fine 2016 nel sistema dei pagamenti europeo Traget2 il saldo negativo dell’Italia era pari a circa 357 miliardi.

Intervistato da radio Rtl, il direttore generale di Banca d’Italia Salvatore Rossi ha commentato: “è uno scenario di disastro, di catastrofe”, ma questo “non vuol dire che non possa succedere, perché tutto può succedere”. Ha poi spiegato che i risparmi degli italiani si svaluterebbero fortemente: “Se si passa dall’euro alle vecchie monete nazionali, il sistema dei pagamenti europei va adattato e trascorrono mesi e mesi. Durante questi mesi che cosa si prevede? Chi ha risparmi in euro sa per certo che dopo 6 mesi quei risparmi varranno la metà, specie in un’Italia tendenzialmente svalutazionista… Quindi i risparmi varrebbero meno, forse la metà, due terzi di quanto valgano oggi in regime di Unione Europea. Molti si chiedono da tempo, però, che cosa ci stia ormai a fare la Banca d’Italia, da quando non batte più moneta e non ha neppure controllarto ed evitato i recenti crack bancari… Dovrebbe essere l’ultima a parlare di …potenziali disastri. A questo punto nasce un dilemma amletico: è più giusto proteggere i risparmi o l’economia? Lo scontro è sempre quello prima accennato… Ma sia chiaro: a che servono questi quattrini? A che cosa servono i risparmi in sé quando non “applicati” ad un’economia funzionante?

Infine, ciò che in giro più si teme è rappresentato dalle “conseguenze politiche”: uscire dall’Euro significa Uscire dall’Unione europea. Personalità e intraprendeza, animus e competenza da statista sono come il coraggio di Don Abbondio: chi non ce l’ha non se lo può dare. E “il gran passo” fa paura non tanto alle banche quanto ai politici italiani che al momento sono al governo…

Da Roma – Aldo Brandini

 

 

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