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Il socialismo si spacca di nuovo: da un circo Barnum all’altro manca di “ampio respiro”

Il manifesto comunista dopo la prima secessione ...dai socialisti
Un imprevdeibile secessionista: Massimo D'Alema. Sa bene che è la fine, ma...

Un imprevdeibile secessionista: Massimo D’Alema. Sa bene che è la fine, ma…

Renzi: è di quelli che dovrà invecchiare per sembrare grande. La sua ambizione lo ha portato al capolinea ancor prima...

Renzi: è di quelli che dovrà invecchiare per sembrare grande. Ma l’ambizione lo porta al capolinea ancor prima…

 

Quando Mussolini era socialista

Quando Mussolini era socialista

Primi decenni del 1900: nasce il nuovo partito comunista

Primi decenni del 1900: nasce il nuovo partito comunista

 

Marco Rizzo ha un proprio partito

Marco Rizzo ha un proprio partito di …nostalgici

Nuovi comunisti non ne mancano: Nicky Vendola

Nuovi comunisti non ne mancano: Nicky Vendola

Dvidersi, gemmare nuovi partiti è una regola che si ripete nella storia del social comunismo italiano. I giovani di oggi, in parte, ignorano che il partito era nato nei primi del 1900 come Socialista. Da questo per gemmazione vennero fuori anche il fascismo (come avvenne per il nazismo in Germania, definito appunto come nazional socialismo). Comunismo e fascismo sono, infatti, figli della visione ideologica, impostata prima da Platone e poi da Hegel, che tanto fascino ha esercitato nella storia umana, influendo anche sui sentimenti della Rivoluzione francese…

Successivamente, sempre per gemmazione, nel 1921 nacque anche il Partito comunista italiano, che ebbe come padre fondatore il notissimo Antonio Gramsci.

Si racconta che a Livorno nel gennaio 1921, quando i delegati comunisti abbandonarono la sala del Congresso del Psi per andare a fondare il loro nuovo partito, lo stesso Gramsci abbia esclamato: “Lasciamo il circo Barnum”. Di certo su L’Ordine Nuovo, il giornale che lui dirigeva a Torino, apparve il 15 giugno 1921 un suo articolo che si rivolgeva al Psi apostrofandolo ironicamente come partito “…vecchio e glorioso, che non conosci espulsioni, che non conosci disciplina, Barnum dove ogni italiano liberamente può fare i suoi giochi!”.

Il nuovo Partito comunista d’Italia voleva essere proprio il contrario: un’avanguardia risoluta, dotata di un programma coerente e votata alla causa rivoluzionaria. In tal modo esso si configurava già in partenza – osserviamolo con chiarezza – come …di stretta osservanza marxista. Il marxismo indica nella storia una certezza e il Partito comunista italiano credeva nelle certezze, le ricercava e le perseguiva…

Antonio Gramsci sapeva essere pungente. Così è rimasta famosa la sua sarcastica definizione del Partito socialista come circo Barnum della politica: uno spettacolo colorito e variegato, con personaggi, attrazioni e numeri per tutti i gusti, alla fin fine grottesco, ma persino innocuo per la …borghesia (è sempre il concetto di Gramsci). La definizione Circo Barnum è stata usata – chi sa se consapevolmente, ma senza citare comunque la fonte, da Beppe Grillo.

Oggi la realtà appare comunque “peggiore”. Perché, se la voglia di differenziarsi a sinistra fosse solo frutto di “sincera fede politica”, basterebbe uscire dal partito e scegliere fra i partiti comunisti rimasti, ingrossandone le fila con uomini e …voti.

Si dice che vi siano almeno 16 sigle in Italia che inneggiano al comunismo…

Scioriniamo qualche sigla fra le meno peregrine: Partito Comunista d’Italia o Partito Comunista Italiano, fondato giusto nel 2016 e con segretario Mauro Alboresi, Partito Comunista dei Lavoratori, guidato da Marco Ferrando (un ottimo 0,26% alla Camera nel 2013), fuoriuscito ormai dieci anni fa dal Partito della Rifondazione Comunista, ancor vivo e vegeto anche questo e coordinato da Paolo Ferrero. Attenzione però: all’interno di Rifondazione, Ferrero deve tenere a bada la corrente Essere Comunisti, guidata da Claudio Grassi, che potrebbe sentire il bisogno di ricercarsi una propria identità altrove, magari fondando un altro partito. Sarebbe una secessione fra i secessionisti…

Alla sinistra del Pd, in effetti, esiste un caos di sigle …unico: basti pensare che esiste il Partito Marxista Leninista Italiano, ma anche il Partito Comunista Italiano Marxista Leninista

Esiste anche il Partito Comunista, così, semplice, senza ulteriori aggettivi. Lo guida Marco Rizzo, persona abbastanza equilibrata, che nel 2008 aveva provato a mettere d’accordo tutti, dicendo che bisognava ripartire “…da un nuovo partito comunista (un altro comunque?!) fatto di tutti i comunisti che vogliano ancora ‘superare’ radicalmente questa società”. La fede marxista è dietro l’angolo…

E nel PD che cosa avviene dunque? La verità è che, da una parte non ci si renda materialmente e moralmente conto di come, dopo la caduta del socialismo reale (o social comunismo) in Russia e nel resto del mondo, sia necessario – e tenta di farlo Matteo Renzi – proporre nuove forme di socialismo “non marxista”, ovvero non condizionate da quel “fatalismo storico” contenuto nell’apodittica previsione di Carlo Marx.

Oggi può dirsi che il peggior danno al socialismo lo abbia fatto proprio Marx. Non viene definito “fatalismo” come abbiamo fatto noi, ma materialismo storico: il problema è, però, che non si tratti di un “metodo” politico o di una dottrina politica, bensì di una dottrina filosofica della storia, un’azzardata “futurologia”, basata sulla visione del progressivo impoverimento del Pianeta che era propria di una visione sette – ottocentesca (Malthus etc) di cui erano ancora pieni i libri lungo tutto il 1900… Anche tale visione ha i suoi nostalgici e è uno dei “baluardi idelogici” dietro i quali si trovano unite “le sinistre” di oggi. Questi errori sono fra i motivi della loro debolezza.

Il socialismo reale è imploso proprio perché “credeva” nel marxismo e, peggio ancora, lo applicava come tale. Einaudi ne previde il crollo, perché “non disponeva del meccanismo del risparmio attraverso il mercato azionario”. Ma era solo una delle tante manchevolezze. Per motivi similari – le fiducia riposta in teorie errate – in Italia e in Francia, dove i rispettivi partiti comunisti sono stati, in certi momenti del dopoguerra, fortissimi, non hanno mai “vinto” le elezioni e preso il potere, a dsipetto degli aiuti sotterranei di povenienza sovietica (vedi Dossier Mitrokhin)…

Oggi, nella base del social comunismo, i nostalgici sono ancora tanti. Troppi hanno letto e hanno preso sul serio certi libri di scuola e certi scritti, anche di saggistica, oltre che i pochi scritti di Marx. Persino alcuni libri di economia parlavano della “scarsità” come un fenomeno obiettivo, a rischio di essere progressivo… Ma Vilfredo Pareto, quando usò per primo il termine di scarsità in economia, lo riferiva al mercato come condizione “di fatto” destinata a pesare – non certo da sola – sulla determinazione del prezzo di una merce. Insomma, tutt’altra cosa…

Oggi mezzo Pd si dissocia dalla volontà di rinnovamento. Questa metà è in parte in mala fede e vuol fruire – con un partito, orticello, tutto proprio – dell’elettorato degli scontenti e dei nostalgici. Ma anche non si rende conto – proprio come gli scontenti – che è venuto il tempo di costituire o creare (se lo preferiamo) un nuovo “socialismo non marxista”, che svolga il proprio ruolo nella politica e nell’amministrazione, rappresentando il pensiero e anche gli interessi delle classi popolari e, comunque, di tutti coloro che, anche a buona ragione, non credono che si debba concedere al “mercato” più spazio di quanto non sia capace di prenderne da sé, in conseguenza della forte attrazione che esso compie nell’ambito della realtà economica.

Il mercato, infatti, a ben vedere, è tutto e può tutto, se è vero che ha resistito e resiste ad aggressioni di ogni tipo e provenienza: dal basso da parte dei sindacati e dei partiti social comunisti, dall’alto da parte dei monopolisti che vogliono ottunderne la libertà e, soprattutto, soffocare il moltiplicarsi dell’iniziativa e il sostanziale pluralismo. Lo fanno ricorrendo ad ogni mezzo, media compresi, con un’opera continua, tesa a condizionare negativamente sia lo sviluppo meno controllabile dell’economia, sia la dialettica delle idee: leggi cultura. Contro questi nuovi “nemici del popolo” le vecchie e tradizionali idee socialiste nulla fanno e nulla possono, perché le ignorano o se ne fanno addirittura complici. Le sinistre vengono, infatti, ricercate dal potere economico, blandite e finanziate. Il potere economico e sociale più forte, infatti, ama lo statalismo e teme il pluralismo.

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A voler approfondire un po’ più il discorso, va detto che Matteo Renzi, formatosi ad una ideologia errata, si è anche dimostrato inadatto e inadeguato al rinnovamento, pur se scegliamo di far salva una dose di sincerità in lui. Il materialismo storico non è un male da cui si guarisce facilmente. Renzi ha finito per favorire le banche, cioè il potere finanziario: l’ultimo da aiutare, oggi, a scapito dell’economia reale… Probabilmente, come tutti i socialisti tradizionali, non vede il mercato nel suo dinamismo, non crede adeguatamente all’evoluzione, alla crescita e allo sviluppo che ne conseguono. L’economia moderna è tutta movimento, crescta, trasformazione, innovazione: la ricchezza e il benessere non sono dentro un vaso o una botte. Corrono lungo le pareti di un rotore ideale che non è facile disegnare e immaginare se non si assimilano dal vero, anche nella piccola realtà della vita, i ritmi e i modi dell’economia di mercato…

Inoltre, evidentemente, Renzi non ha saputo o voluto distribuire i ruoli all’interno del partito, creando una fronda consistente di scontenti. Renzi ha meso capillarmente ovunque ha potuto, anche nel sottogoverno e negli apparati vicini, personaggi scelti “fra i suoi”. Siamo ai livelli elementari fra i politicanti:vari dissidenti si trovano, fra i meri “esclusi” dai posti di potere…

Nell’ambito morale le cose vanno, forse, ancor peggio. Si è dato spazio al relativismo etico, con l’aria e forse la convinzione di concedere più libertà di pensiero. Farlo, del resto, non costa nulla all’amministrazione, o quasi. Si pensi al riconoscimento delle coppie di fatto o alla campagna a favore del gender e della procreazione assistita. Sono state anche favorite certe speculazioni, ma non è questo “il peggio”.

L’aspetto più deteriore consiste appunto nel favorire genericamente il “relativismo morale”, lasciando la società nell’indeterminatezza e nel disordine delle idee. Intendiamoci: le idee e gli ideali, che vanno conservati, non devono confondersi con le ideologie. Gli ideali, che sono il sublimato delle idee, rappresentano concetti, scelte e mete per l’individuo e la società civile. Le ideologie sono quelle che creano, invece, un apparato di preconcetti che influiscono sulla libera valutazione culturale e morale dei fatti concreti e delle scelte immateriali. Anche Renzi, come del resto i 5Stelle, ragionano in termini ideologici e materialistici.

Il relativismo etico, in quanto si impone come regola preconcetta, è anch’esso un’ideologia e pecca fortemente di materialismo storico. Non si può vedere il mondo escludendo a priori e apoditticamente ogni e qualunque riflessione ultramondana (escatologia). Anche questa “non fede” diviene chiaramente una fede: materialista, manichea e bigotta. Ma il ragionare in termini ideologici – che ingloba, anche se così lpo contraddice, lo stesso relativismo etico – produce puntuali conseguenze svariate e negative: si pensi, ad esempio, all’ecologismo ideologico, al giustizialismo, al salutismo, alle tante fobie che oggi vediamo diffuse nella società. Esse scantonano nella stupidità. Ne citiamo una fra tante: la fobia per il nucleare o per cemento come tali…

Un premier, o uno statista, non può e non deve ignorare il vasto genere di approfondimenti accennati sopra. Deve possedere nel pensare e nell’agire i contorni e i ritmi di un ampio respiro culturale e morale. Oppure, prima o poi, corre dritto verso la destituzione.

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