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Fobia per le grandi opere: Stadio a Roma caso clinico

Un rendering di come verrebbe costruito lo stadio e valorizzata la zona, risanandola
Tor di Valle com'è: le tribune, la pista, la monnezza...

Tor di Valle com’è: le tribune, la pista, la monnezza…

La vicenda dello Stadio della Roma da aggiungere all’Olimpico (questo risale al lontano 1960 quando l’Italia ebbe il “coraggio” di ospitare i Giochi) è fra quelle che svelano il vero volto dei 5Stelle… Essi sono preda dell’ideologia, anzi di una serie di ideologie, non meno dei socialisti di stampo “marxista”. Tramontato il socialismo reale, l’ideologia prende la forma di svariate fobie e preconcetti: si va dal “perché tutto resti com’è” al terrore per le “colate di cemento”, all’ecologismo ideologico, al timore per l’esaurirsi delle risorse, alla paura delle infiltrazioni mafiose… Per questi ed altri motivi il no prevale sul sì di fronte a qualsivoglia iniziativa

Partiamo dai “sintomi” e diteci quale sarebbe la linea di demarcazione fra i “costruttori seri” e i palazzinari”. Ben vengano i primi, per i 5Stelle, bando ai secondi …verso i quali è morale nutrire una fobia. Naturalmente. Ma chi mai li distinguerà? La soluzione è, dunque, quella di rinunziare alle opere? Dovremmo anche rinunziare a vivere, quindi, per paura di morire?

Fin dall’insediamento della giunta di Virginia Raggi a Roma, le trattative per la costruzione del nuovo Stadio calcistico a Roma si sono complicate: il Movimento 5 Stelle, dunque, è in realtà contrario a qualsiasi tipo di “grande opera”, vedi la madornale rinunzia alle Olimpiadi, per timore di sprechi e infiltrazioni della criminalità organizzata. Così l’ex assessore all’Urbanistica Paolo Berdini ha criticato più volte il progetto, dicendo di volerlo, quanto meno, ridimensionare.

Ma sì: facciamone uno più piccolo…” Ad opporsi all’attuale progetto, che sarebbe costruito solo con fondi privati su un terreno privato senza spese per la comunità, tranne quella di dover riasfaltare qualche strada di comune percorrenza, quindi a margine di soli vantaggi, sono solo i consiglieri del M5S e Berdini, che fra l’altro si è notoriamente dimesso per via di una registrazione in cui parlava molto male di Raggi. Sono anche alcuni esperti di urbanistica e consiglieri del PD – ci mancherebbe… – che temono che il progetto abbia un impatto elevato su un’area “protetta da vincoli naturalistici”. Non terrebbe, inoltre, conto di “altri interventi” (?) già previsti all’intorno.

In realtà, l’area è in abbandono da quando lo storico ippodromo di Tor di Valle è stato chiuso all’attività, perché – ovviamente – la gestione era in rosso… Ma questo “particolare” i 5Stelle e il PD, con la loro “ideologia” non lo capiscono. Pensano: “Com’era bello lo storico Tor di Valle! Perché non farlo rivivere?”

Ciò che vive, però, necessita di un cuore che batta e sangue nelle vene. O no?

Altri sostengono che cambiare il piano regolatore di Roma sia “difficile” o vada evitato, oppure che il comune in futuro rischi di dover rimetterci dei soldi. Ma i sostenitori dell’opera hanno ovvie risposte per ognuna di queste perplessità. Manca, frattanto, pochissimo e il comune dovrà prendere una decisione definitiva e in questo momento le critiche e le obiezioni rendono difficile capirci qualcosa.

La pratica, adesso, è in mano alla regione, e più precisamente alla Conferenza dei servizi: il tavolo di lavoro messo in piedi dalla regione, ma al quale partecipano anche il comune, la città metropolitana, il governo e la prefettura. Più praticamente, però, manca un’ultima autorizzazione della giunta: i rappresentanti della sindaca Virginia Raggi e quelli della Associazione Sportiva Roma si sono incontrati più volte e stanno trattando per capire come e quanto il progetto – approvato in questi termini dal consiglio comunale e della giunta Marino durante la precedente consiliatura – può essere modificato.

Lo “Stadio della Roma” è uno degli obiettivi principali degli imprenditori statunitensi che hanno comprato la squadra di calcio della Roma nel 2011, e che da allora hanno espresso la maggioranza del consiglio di amministrazione e il presidente della società (dall’agosto 2012 è l’imprenditore italo-americano James Pallotta). La Roma ha ufficialmente avviato il progetto proprio nell’anno in cui Pallotta fu presidente. Per il luogo fu scelta la zona di Tor di Valle, soprattutto per la sua relativa vicinanza al centro e all’aeroporto di Fiumicino, e per il fatto che oggi è una zona poco edificata e molto degradata. Nel settembre 2014 la giunta Marino ha approvato la delibera che contiene la “dichiarazione di pubblico interesse” dell’opera, il primo passo ufficiale per avviare il progetto. L’opera sarà interamente finanziata con capitali privati: al comune non costeranno nulla nemmeno le opere pubbliche collegate. I soldi saranno messi a disposizione dalla Roma con alcuni partner, fra cui un gruppo immobiliare americano e una grossa società organizzatrice di eventi. In tutto, secondo le cifre fornite dalla Roma, saranno spesi per il progetto più di due miliardi di euro, di cui 400 milioni per realizzare lo stadio.

Qui, però, scatta un’ennesima fra le altre fobie di marxisti nostalgici e 5Stelle: quella per l’utile d’azienda, il famigerato profitto!

Il progetto concordato con la giunta Marino prevede uno stadio da 52.500 posti – espandibile a 60mila – tutti coperti e di facile accesso, oltre a diverse opere nei dintorni: non è solo lo stadio, insomma. Il progetto prevede un distretto di negozi e ristoranti appena fuori dallo stadio, un parco pubblico e tre grattacieli progettati da Daniel Libeskind, uno degli architetti più famosi al mondo, scelto fra l’altro per riprogettare il World Trade Center di New York dopo gli attentati del 2001. Si noti che le città italiane sono fra le ultime a presentare ristrutturazioni definibili come “moderne”. Non pensiamo agli Emirati o al Kazakistan, ma alla stessa Europa: le nostre città in fatto di innovazione urbanistica sono le ultime della classe.

Le altre opere, secondo la Roma, servono per aumentare l’efficacia economica del progetto – lo permette la legge sugli stadi del 2014 –per riqualificare il quartiere e potenziare la viabilità nella zona. Il progetto infatti prevede anche la realizzazione di un ponte pedonale per raggiungere lo stadio, il prolungamento della metropolitana B – che attualmente si ferma poco più a nord, nel quartiere Europa – e altri provvedimenti utili per migliorare la circolazione della zona, come un ponte carrabile per unire la strada che porta all’aeroporto di Fiumicino.

Ma, proprio la dimensione importante del progetto, ha impaurito i “contrari”, come il Movimento 5 Stelle: al momento il comune ha dato un parere tecnico negativo (non definitivo). Altri lo definiscono “positivo con prescrizioni”. Trattative sono in corso con la società per modificare il progetto, ridimensionandolo (anche se non è chiaro come).

Torna in mente la nota reazione degli americani, quando giunsero all’Olimpico per trattare l’acquisto della società giallorossa. Scattò spontanea la loro domanda: “Where is the store?” Sembra impossibile, a livello di business, che una attività come quella calcistica, con un’affluenza di decine di migliaia di spettatori, prescinda da un business attorno, che necessita di indispensabili strutture e non fa che abbellire e potenziare un rione e una città…

(Testo elaborato e commentato da Germano Scargiali)

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C’è un’osservazione di diritto a margine. Vale per tutta Italia. Vale per il Ponte sullo Stretto, per i termovalorizzatori e il rigassificatore in Sicilia, ma anche nella minore realtà del Porto turistico di Sant’Erasmo a Palermo. In tutti i casi similari qui non sottolineiamo come sia follia – e così è per lo Stadio della Roma – rinunziare all’Opera, una volta che si siano trovati i soldi, di provenienza in massima parte privata… Il primo principio di opportunità logica potrebbe essere che “gli stessi denari non si coagulano per altre opere“, come molti vorrebbero o auspicherebbero. Quei preziosi fondi scompaiono nel nulla! I posti di lavoro e la crescita idem. Inoltre tutte le opere citate riscatterebbero situazioni di massimo degrado o sottosviluppo. E’ giusto che il crescente traffico sul gommato transiti da un centro cittadino? E’ giusto che un quartiere versi nel degrado di Tor di Valle? E’ giusto che un angolo storico come Sant’Erasmo sia una sorta di discarica a mare? E’ giusto che la Sicilia sia un mondezzaio? Che debba elemosinare l’energia e acquistarla fuori? Evitare tutto ciò in altro modo? Ma quale?

Qui vogliamo sottolineare, invece, che lo Stato o l’Amministrazione sono soggetti giuridici che prescindono da chi politicamente li rappresenti di momento in momento. Il nuovo potere politico eredita le decisioni di quello precedente. Quando giunge un sì, come è avvenuto per il Ponte, il Porticciolo e lo Stadio, pubblico e privato perdono la loro configurazione e divengono “privato e privato“, almeno per quanto riguarda la sostanza dell’impegno, che diviene di tipo contrattuale. Ecco perchè il “tirarsi indietro” dell’amministrazione compporta un giusto e congruo risarcimento nei confronti di chi l’opera si apprestava a realizzarla. Il Presidente Mattarella ha invitato i cinesi ad investire in Italia. Speriamo che nessuno abbia spiegato agli amici con gli occhi a mandorla, ricchi di tanti utilissimi capitali, che in Italia vincere un appalto, andare avanti con un progetto appovato, può non significare nulla. Il risarcimento? L’amministrazione, come nel caso del Ponte, saprà fare il “muro di gomma” da perfetto “mal pagatore”.

La Raggi, dunque, peggio di Marino? Sembra proprio di sì e dire che sembrava dovesse essere impossibile. Ma, come si vede, non è neppure questo il punto…   (G.S.)

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