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Trump al Papa: “Vengo dopo il G7”. Francesco: “t’aspetto”. Soddisfazione a Roma e a Washington

Contrasti più e meno diplomatici – molti i meno che i più – sin dai giorni dell’esordio in politica di Donald Trump – in pratica quelli della campagna elettorale – sono scaturiti dalle dichiarazioni che Jorge Mario Bergoglio ha riservato all’attuale presidente Usa. Così anche l’ex cardinale arcivescovo di Buenos Aires, ex gesuita dell’ala conservatrice, si è presentato al mondo da quando è divenuto Papa Francesco. Oggi tanta cronaca è piena di loro e con essa le speranze e i timori del mondo: sembra impossibile pensare ad un quadro internazionale com’era pochissimo tempo fa, cioè senza le due “facce facciose” di questi personaggi ultra presenti sui giornali, in tv e nell’insostituibile – ormai – realtà telematica…

Chi non ricorda che Bergoglio “fece campagna” per Obama e, quindi, per la Clinton? Abbiamo detto “il mondo” e sembrava “questo”, il pianeta intero, che dovesse volgere le spalle a The Donald, lo spaccone, ben poco gratificato, all’apparenza, dalla gente – con preoccupante puntualità – per essere stato un self made man o, quanto meno, per essere andato ben al di là di quanto suo padre, lanciandolo già da una buona posizione, avesse potuto sperare. Donald Trump aveva prodotto ricchezza per molta gente e …posti di lavoro “Ma – intendiamoci – l’aveva fatto per il proprio ‘sporco’ interesse”. Sono questi i processi mentali inculcati a forza – per fortuna con alterno successo – in intere generazioni.

Trump, però, ha stravinto e la ragione, nonostante la disperazione dei media, ha seguito le sorti della storia – feroce e ingiusta spesso quanto lo si voglia – passando dalla sua parte.

Il Mondo si è detto: “I presidenti Usa hanno sempre agito con fare abbastanza dittatoriale (e forse questa è una riuscita alchimia del made in Usa). Può darsi che ‘lo spaccone’ non sia peggiore degli altri. Speriamo, vediamo…”

Frattanto – in conseguenza della mutata realtà in cui viviamo, quella in cui, con il dna, persino il detto che solo ‘mater semper certa est’ è crollato – i madia che non rinunziano comunque allo scoop di qualunque colore sia, hanno sollevato i lembi di tanti tappeti… Sì, senza un minimo di ritegno. Perché i media son sempre quelli di …schiaffa il mostro in prima pagina. Brutta razza i cronisti…

E’ fra queste ammissioni, in mezzo alla disperazione di non aver “condizionato” il voto come smaccatamente avevano tentato per far vincere Hillary e “scongiurare” che lo spaccone così simile, persino in scala massima, all’italiano Berlusconi, anche lui col complesso dei capelli, governasse l’America e tenesse in mano due redini importanti che guidano – ripetiamo la parola – il mondo, ha stravinto.

Venendo al punto, tutti sappiamo come sia “emerso” che oltre la metà dei cattolici abbiano votato Trump, smentendo così, non solo i media grandi, piccoli e piccolissimi (ah come si accodano…). Per inciso non il “minimo e minimalista” Palermoparla: dal basso profilo che è ciò che più ci distingue – e ce ne vantiamo – abbiamo tifato Trump e previsto a viso aperto la sua vittoria… Finisca come finisca tutta la storia, che certo avrà un seguito.. Tanto il giornalismo racconta, prevede, non determina: figuriamoci noi… Se ha vinto Trump potremo sempre accusare gli americani e nasconderci, con la viltà ritrita del mero osservatore, dietro un “…e che cosa ci entriamo?”

Veniamo, adesso, al dunque. Ebbene i cattolici Usa hanno smentito Bergoglio. Ma non era il Papa dell’alto indice di gradimento? Quasi fosse lo share – come per un programma di prima serata o una fiction del lunedì – lo score da attendersi da parte d’un Papa…

No, una battuta d’arresto. E non guasta. Perché questo sant’uomo dovrebbe parlare di fede e di morale cattolica, non di scienza economica. Non vogliamo dire di politica: lo fa a man salva, lo fa più d’ogni altro suo predecessore. Ma l’accusa è troppo banale e ripetuta…

Il Papa non dovrebbe parlare di economia, né a livello di nazioni, né a livello d’impresa. Perché, detta con la freddezza del caso, dimostra di non “capirne niente”. Il suo ripetere quasi meccanicamente vecchie lezioni anti consumistiche, il suo accusare ripetitivamente l’imprenditore di perseguire l’utile d’azienda e non il bene della società civile sarebbe intempestivo, se non fosse, oggi, anche una fola. E’ intempestivo, perché oggi rilanciare i consumi e l’utile d’azienda è la sola via da percorrere perché i poveri stiano meglio e “giovani, vecchi ed esodati” abbiano la possibilità di lavorare. E’ “nel pallone” chi non comprende che la prima condizione in assoluto perché un “principale” assuma e paghi dei dipendenti è che abbia i soldi per farlo. Identica condizione a quella del debitore nei confronti del creditore: la condicio sine qua non affinché “dia ciò che deve” è che ne abbia la copertura in tasca. Senza questa, ce ne vorrebbe di buona volontà e correttezza!

Dunque, non è certamente né il momento di esortare i consumatori a non consumare, né quello di dire ai datori di lavoro “non pensate a produrre utili, ma…”

C’è di più: occorre una volta per tutte affermare che la salute delle aziende non la fanno lavoratori e impiegati, ma un’intera serie di fattori, quali l’avviamento commerciale, e poi: organizzazione, marketing, pubblicità…

Ma c’è un “fattore” che prevale sui 4 tradizionali: terra, lavoro, capitale e impresa. Questo fattore è “l’idea contenuta nel processo produttivo”, in subordine a regole elementari come “non produciamo qualcosa perché sappiamo produrla, produciamo ciò che sapremo vendere”. La prestazione di dirigenti, impiegati e operai non “fa la differenza” come e quanto lo fa l’azzeccata scelta di mercato dell’impresa: in un mondo estremamente competitivo, è lì che si vince la partita. Il conflitto fra “el sor parùn” e “nui che travagliam”, se non è decotto è molto relativo.

Lo vogliano o no tutti i Bergoglio di questo mondo, per sant’uomini che siano, l’economia di mercato ci ha levato “le pezze al culo”. Non esistono parole sporche – lo insegna il Vangelo – tutto dipende da come, quando e perché si dicono. Anche mercato non è parola sporca: Gesù cacciò i mercanti dal Tempio. Ma solo affinché lavorassero al di fuori. Il Boss per lui si identificava puntualmente con il saggio (figliol prodigo, i talenti…). A proposito di talenti: Gesù, nella parabola, diede ragione, per voce del boss, al servitore che in sua assenza li aveva messi a frutto!

Forse Bergoglio dovrebbe rileggersi i 4 sinottici… Ma qui entriamo fra i tanti enigmi di questo Papa, che molti applaudono, altri additano indicando un po’ lui, un po’ le porte dell’inferno… Come e perché, dall’ala conservatrice, più nera, della Compagnia di Gesù, passi con disinvoltura  (così è se vi pare) alle idee della Teologia della liberazione e della “teologia del popolo”. Venga ormai indicato come campione “dell’ala progressista”, ma anche populista, presente nel corpo vivo della Chiesa.. Campione di tante scelte e del contrario, se è vero che si distinse anche per stroncare la teologia della liberazione. Per capirci, Ratzinger, teologo ben più profondo e considerato intransigente, la vedeva con interesse e, addirittura, l’appoggiava…

Tornando a Trump e Bergoglio, ambedue sono in ogni senso, per grazia di Dio e volontà di chi li ha eletti, “ancora al loro posto”. A quando l’incontro, ci si chiedeva da più parti, ma ormai febbrilmente, da quella degli uomini dell’establishment americano e da quelli della curia romana?

Negli uffici di Trump tuonava qualcosa, e all’improvviso piovve. The Donald tanto aspettò enigmaticamente che alla fine, secondo suo costume, si decise a sorpresa. Fino ad un certo punto, perché, se giungendo con l’aereo presidenziale in Italia per il G7, non avesse fatto scalo a Roma, sempre Caput Mundi, oggi grazie a Sua Santità, sarebbe stata una “vastasata” ai massimi livelli ed anche ….una prima volta. Così Trump prese l’alta decisione. Ora chiede udienza, dopo 2 anni di schermaglie non troppo cortesi, col Papa argentino. Dopo Taormina: opportuno… Ad un atterraggio romano dell’Air Force One, però, credevano ormai in pochi. Qualcuno gioendone, qualcuno disperandosi: sarebbe stato il primo presidente Usa a volare in Italia evitando il Papa. Pareva tutto rinviato. Tanto che è trapelato come persino il portavoce presidenziale sia rimasto di stucco… Invece la conferma è arrivata direttamente dalla voce del miliardario newyorchese nella conferenza stampa alla Casa Bianca, dove s’era parlato d’Italia e di Roma, a conclusione dell’opportuno meeting col premier italiano Paolo Gentiloni. Una sorta di: “a proposito…”

Frattanto, ad una recente intervista Trump ha risposto in linea con le speranze espresse in questa lontana rivista alla vigilia: “sostengo un’Europa forte e sono molto ansioso di incontrare il Papa”. Se questo è vero sarebbe un colpo di timone non da poco nella politica mondiale americana. Finora era prevalsa una secolare timorosa gelosia e una concreta avversione, travestita da alleanza, per le sponde da cui erano partite le Caravelle, il Mayflower e tanti “bastimenti” carichi di. Ma soprattutto erano state trasferite negli States: radici, civiltà, cultura, costume ed anche scienza…

Finita la festa gabbato lo santo, dunque. Dal Vaticano una sua richiesta di incontro la attendevano dal novembre scorso, momento del trionfo di The Donald che ha vinto le elezioni. Ad oggi nessun canale diplomatico ufficiale risulta si sia aperto secondo i protocolli che oltre Tevere si rispettano al dettaglio.

Intendiamoci: Jorge Mario Bergoglio non è Gregorio VII e certamente Donald Trump non è Enrico IV. Francesco non imporrà tre giorni di penitenza sotto l’arco del campanile al presidente americano per riceverlo, come al tempo lontano della Lotta per le investiture… Del resto, quali colpe avrebbe Trump? Quali le offese al Papa? Ma i due personaggi hanno posizioni diametralmente opposte in materia di immigrazione, rifugiati, cambiamenti climatici e capitalismo. Niente hai detto.

Quando, di ritorno dal Messico, Francesco definì non cristiano chi pensi a costruire muri – e si era in piena campagna presidenziale e il muro era quello annunciato dal miliardario –Trump replicò che fosse vergognoso per un leader religioso puntare così il dito giudicando la qualità della fede altrui! Passata “la festa”, Francesco si è mostrato più saggiamente conciliante, da buon gesuita… In una intervista a El Pais ha fatto il ragionamento di molti: “Vediamo come si comporta adesso e poi vedremo il da farsi…” Dalla Casa Bianca, il 13 marzo, in occasione del quarto anniversario dell’elezione di Bergoglio, il segretario di Stato, R. W. Tillerson, ha inviato un messaggio teso a valorizzare la collaborazione tra Stati Uniti e Santa Sede, anche …per promuovere la pace, la libertà e la dignità umana nel mondo. Bombe in Siria ben chiuse entro opportune parentesi, adesso la Casa Bianca si dice onorata dell’incontro con il Papa. E l’America dai piani alti fino a quelli di sotto approva.

Scaramacai

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