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Berlusconi Renzi binomio di salvezza o rischio di rovina?

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Rinasce l’amore Berlusconi – Renzi? Può trasformarsi in un vantaggio per il Bel Paese? Già, la storia “odio – amore” fra i due è proprio di quelle “italiane”. Siamo in uno dei paesi più burocratizzati del mondo civile, ma al contempo – però – famosi per la fantasia. O, piuttosto, questo è il paese delle contraddizioni: sì, i santi, gli eroi, i navigatori, ma poi poeti e poetastri musicisti e canzonettari, violini finissimi, mandolini e chitarre scordate, usignoli e pappagalli… Non manca niente dalle Alpi a Lampedusa.

Berlusconi è stato il più amato e odiato dell’Italia del dopoguerra. Occorre, però, riconoscergli – e la maggioranza oggi lo fa – abilità in campo internazionale, ma anche la sua sorda battaglia per un traguardo non da poco che si chiama: governabilità.

Governabilità vo’ cercando ch’è si cara“, sembra dire, quasi giocasse ad un gioco personale, sordo alle bordate dei nemici, apparsi sempre più come i veri pirati della situazione, contro la sua nave, corsara forse, ma – tutto sommato – più onesta, anzi leale, della loro.

Il “cattivo” Berlusconi, virata la boa del governo, quella dell’ignominia, quella della sconfitta cui è sopravvissuto, nonostante tutto, ancora sotto accusa, sotto scacco da parte dell’establishment visibilmente in mano ai suoi nemici, ha continuato a “tramare” per il bene – o, quantomeno, quello che lui giudica tale – del Bel Paese, come dicevamo…

Già, perché, come chiamare Paese o Italia questo universo di contraddizioni, di mancati traguardi, di vorrei ma non posso, di puntuali indagini su tutto e su tutti? E quando non c’è indagine, dall’Expo alle metropolitane cittadine, agli appalti grandi e piccoli, all’acqua, persino all’aria – inquinata sì oppure no, a secondo a chi convenga – c’è la ottusa contestazione del no al nucleare, che ci lascia indietro, staccati dal gruppone come un ciclista sul viale del tramonto – a vantarci di impalpabili e improbabili primati nelle …alternative. Oppure le marce contro il Ponte degli stessi siciliani, quelle contro la Tav che è uno dei primati che l’Italia (seppure esiste) vanterebbe: vedi elettrotreni d’avanguardia made in home…

Ma il cattivo Berlusca insiste nel suo sordo silenzio, sottotraccia, da perfetto “cantinaro”, in perfetto stile nazional popolare. Certo: Marconi non inventò la radio nell’anticucina di casa, trasmettendo il primo segnale all’estremità del giardino? I ragazzi di via Panisperna non sperimentarono l’energia dell’atomo, non entrarono in mezzo agli elettroni e prepararono tutto, dal bombardamento della cisti metastatica a quello di Hiroshima longa manus?

Eureka – dice una mattina il Berlusca, svegliandosi alle 5h 50’ dopo un’ora di dormiveglia – la soluzione è l’alternanza!” Niente di tutto questo. I siciliani, i palermitani, sono la sintesi degli italiani, il loro credersi perfetti (Giuseppe Tomasi di Lampedusa) si sposa con l’altra verità (Goethe) che non puoi capire la penisola se non hai capito l’Isola. Anche gli Italiani sono perfetti, secondo il loro insindacabile giudizio. E ciò che cosa comporta? Ecco: guai a chi si presenta avendo in tasca la ricetta della loro guarigione. Da quale malattia? Da quella della loro perfezione! Che è fatta di disordine, disobbedienza, incapacità di coordinarsi, organizzarsi, accettare qualcosa all’esterno, l’odioso capo che, non “fia” mai possa ricordare Mussolini…

Tutto ciò a qualunque costo, anche se dovesse comportare la realtà che esiste, cui assistiamo di fatto: che nessuno da decenni comandi, prende veramente delle decisioni, chieda conto a chi non compie il suo dovere, a chi non con segna l’opera entro ragionevoli tempi, con ragionevoli – magari – ritardi. Le opere pubbliche camminano giurassicamente verso inconsistenti calende greche…

Un’altra alba insonne e il Berlusca si alza con l’idea …giusta: “Eureka. Ma la soluzione già c’era, come non averci pensato prima? Rifacciamo il compromesso storico e lo chiamiamo, come sempre, in altro modo. Rottamare? Che brutto verbo! Riciclare Non è meglio così? Oggi e di moda. Ed è di moda trovare nuove espressioni, come le giovani emozioni di Lucio battisti. Ma sì! Lo chiameremo patto del Nazareno. Sì, sì, sì. Anzi no!

Era – anzi sarebbe stato – il secondo modo per rendere il Bel paese governabile, l’attesa pax politica, duri quel che duri, il più possibile, un break provvidenziale dopo i tira e molla, un posto a te, un posto a me. Prendiamo in mano, da buoni amici, il Codice Cencelli, ci dividiamo la torta, inclusa la granella di mandorla che cadesse lateralmente, dividendo i canditi fra chi li mangia, sperando nei soliti schizzinosi e, alla fine, ci può scappare qualcosa di buono persino per …il Bel Paese, ma sì, per le sue disastrate strutture, per i suoi cives. C’è ancora chi li chiama così?

Tutto fatto? No!

Chi ha paura del Berlusca cattivo? Tutti! Lo vogliam buttar nel rivo? Ma ceeerto!

Quella tra Renzi e Berlusconi è una storia di odio e amore. Da una parte c’è l’apparente incompatibilità di partito, dall’altra lo sfrenato bisogno da parte dell’allievo Renzi di imparare dal maestro Berlusconi, che, ormai, avrebbe “rottamato”, per dirla col suo gergo. Più imprenditoria, largo all’iniziativa, alla privatizzazione. L’opposto del socialismo? A parole… Di fatto, non potendo toglier ai ricchi e non volendolo fare per vari motivi, togliere ai meno ricchi… Per dare ai poveri’ Tutto da dimostrare!

Con la rottura del Patto del Nazareno si è assistito, frattanto, a un vero e proprio atto patricida, perpetrato dal Bruto di turno (tu quoque…) a svelare – di Renzi – il modello di ascesa sociale adottato e l’opportunismo. Assieme all’insaziabile sete di cariche e poltrone. Cencelli, chi era costui? Come se il mondo fosse stupido, tutti tranne uno: Renzi! Peccato, veramente peccato…

Perché una cosa è dire di voler innovare il social comunismo, affermare in pratica che sia già rottamato prima di rottamarlo – come fa lui – anche inimicandosi chi, invece, crede in uno straccio di possibilità di recupero. Oppure alla possibilità di recuperare qualche straccio.

Matteo Renzi ha riesumato quei civatiani, bersaniani e vendoliani di stampo catto-comunista. Mai, però, quanto adesso la sinistra del Partito Democratico ha mostrato la sua natura ipocrita e disposta a tutto pur di arricchirsi ed affermarsi: la chiara volontà di questi è di cavalcare la tigre dei nostalgici facendoci intorno un partito. Foss’anche l’ennesimo del suo genere.

Un’altra cosa, anzi altre due, sono le seguenti: prima saper innovare; seconda saper avere il senso della misura nel “papparsi” tutte le poltrone, poltroncine, sedie e persino sgabelli e sgabellini…

Perché “ciò che non può aver inteso” chi sta al di qua dello schermo Tv e tiene in mano i pezzi i carta del “giornale unico”, sempre pronto a cambiare bandiera assieme al cambio del governo, è quello che si vede, invece, nei palazzi, nelle palazzine e fin …negli atri muscosi e nei fori cadenti del Bel paese: cambi di guardia anche dove non serve, anche ove è assurdo, inumano, oltre che inopportuno. E così le cose non vanno! Perché la democrazia non è mai – finora – esistita, da un po’ di tempo meno che mai, ma il fregarsene della nazione non porta bene…

Inoltre, il lupo perde il pelo, ma non il vizio: essere stati social comunisti significa seguire processi mentali legati all’ideologia –qualunque essa sia, cioè a meri traguardi ideali, oggi costruiti dal nulla e poggiati sul nulla. Seguirli, poi, come delle verità, farsene una regola, sia pur formale, sia pur da tradire, trasgredire con fare, immancabile, da politicante… Quindi, provvedimenti inconsistenti, contraddizioni all’ordine del giorno… Sì, no, ni, so…

Che Renzi abbia delle affinità con Berlusconi è chiaro: come sostenuto dal professor Gian Pietro Mazzoleni, docente di comunicazione politica all’università degli studi di Milano, “sono entrambi figli dell’era del Post-moderno ed ottimi propagandisti”. Tra De Gasperi e gli U2. I trentenni e il futuro è il titolo del libro scritto da Matteo Renzi nel 2006, quando era presidente della provincia fiorentina. Da pifferaio magico, il giovane politico tesse una rete di luoghi comuni e ovvietà che non possono contrariare nessuno. Renzi illustra come la main stream e la cultura popolare diffusa influiscano sulle masse e c’è chi lo paragona persino a Heinrich Goebbels: esagerazioni. Dietro un’apparente neutralità democristiana, l’intento di Renzi emerge: criticare aspramente Berlusconi, suo rivale nel mondo della comunicazione, ma, al contempo, emularlo…

E’ il perfetto stile renziano, quello che gli italiani hanno capito, sventando il pericolo, votando no per dire questa breve sillaba proprio a lui, non alla volontà, contenuta in quel referendum, di …cambiare l’Italia. Un vano ritornello, del resto, quasi privo di contenuto – rinforzato da promesse degne della domenica “domenica sportiva”, quali cambio di passo, colpo di reni, fuga in avanti. Poco convincenti per gli ignoranti, addirittura indisponenti per quelli di media e alta cultura. Il tutto detto ad un popolo che, come abbiamo sostenuto, tutto vuole tranne che cambiare.

E viene un dubbio: che questo popolo abbia qualche ragione, visto che è fresca la memoria di quando il mondo “moderno” gli disse, un dì, che dovesse smetterla con gli spaghetti e nutrirsi di più con le proteine della carne. Ma poi fece macchina indietro: diminuire la carne e tornare ai cereali, la calunniata pasta, perno della dieta mediterranea divenuta addirittura patrimonio dell’Unesco…

E adesso, povero Bel paese, come rimane? Invecchiato il Berlusca, decotto Renzi, anzi rottamato, sembra quasi buono il suo più attempato “delfino”, Paolo Gentiloni, compassato e serio, almeno non fa ridere. Almeno è presentabile comincia, addirittura, a dire qualcosa. In modo analogo al presidente Sergio Mattarella. I suoi recenti e meno recenti predecessori facevano “ridere e piangere” secondo il momento… (Germano Scargiali)

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