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Non è Mafia non è Sicilia non è Cupola né Cosa nostra No non è mafia…

C'è di tutto con Carminati e Buzzi: magnamo e bevemo...
Buzzi e Carminati. Questo, braccato allo stile di un Vallanzasca non ha lesinato arroganza al processo

Buzzi e Carminati. Questo, braccato allo stile di un Vallanzasca non ha lesinato arroganza al processo. Si riunivano periodicamente con altri boss e membri delle istituzioni…

Si viene a sapere – ripetiamo attoniti – che Mafia Capitale non è mafia. Bisogna crederci, perché i responsi della magistratura fanno fede fino a prova contraria: Ricordiamo almeno quest’ultimo punto. In Italia, grazie a Dio, è sempre così. Finché c’è vita c’è speranza, dunque…

E’ risaputo che “le mafie” sono in tutto il mondo e, se qualcuno può dir che negli Usa ce l’ha esportata il clan dei siciliani (e dei napoletani e calabresi), da Hong Kong al Sud America non può dirsi altrettanto. Ma la verità è più ampia: deve, forse, la mafia essere “pittoresca” per essere tale?

Invece Mafia Capitale non è mafia. E perché mai? Forse perché a Roma  non siamo in Sicilia? Molte notizie di cronaca fanno oggi sorridere, spesso amaramente, talvolta sardonicamente: siamo alla disperazione, forse… A far più sorridere ancora è di frequente il modo in cui tali notizie vengono comunicate dai maggiori media, quelli che più contano. Infine, nel grottesco generale – una specialità del teatro italiano, per chi non lo sapesse –  a far la propria parte subentra anche la magistratura. Eccoci, quindi, davanti ad un pirandelliano gioco delle parti. Finzione o realtà? Così è se vi pare…

I tanti anni di galera comminati dal giudice romano, suddivisi fra tante persone sono già da medico pietoso: questi, con qualche pentimento (non lo faccio più) e un po’ di buona condotta (voglio solo lavorare onestamente) usciranno prima del povero Cuffaro, che passerà alla storia come il politico che pagò per tutti… Ma c’è di più. L’aver sancito che “mafia non è”, evitando che ricorrano tutte quelle condizioni di pena previste dalla legge speciale antimafia fa pensare – per una sorta di legittima suspicione – che si tratti di mafia di più alto livello. Eh sì, l’alto livello c’è, c’è…  E, se – come diciamo talvolta – il vero capo mafia è il denaro, qui ce n’è abbastanza perché un boss costruito emblematicamente come il Marlon Brando del Padrino divenga un ladro di radioline e stereo  anni ’60…

Ma anche a scuola ci insegnarono come fosse già mafia quella del manzoniano Don Rodrigo, con il Conte Zio, intoccabile capo dei capi, con i bravi implacabili picciotti dall’aria guascone…

Quella di Roma no, non è mafia. Come non è mafia? L’ha detto il giudice.

Ma affondiamo un po’ il coltello in questo “inespugnabile” castello di ricotta. Già, a volte si dice che la difesa in giudizio monti una sorta di Castello, perché anche l’accusa lo fa: prove e controprove, logia di qua, logica di la. Quella più “schiacciante” prevale. Così è stato? Non ci sembra proprio…

Si viene a sapere – molti lo sanno bene perché è notorio – che a Roma operano e “comandano” ben 76 (settantasei) “famiglie” criminali, mentre quelle direttamente occupate nel settore droga sono 23 (ventitré). Come operano? Non ci crederete: si dividono il territorio cittadino in zone di influenza e su quelle più “importanti” operano in contemporanea più famiglie fra le più forti… Li vogliamo chiamare mandamenti?

Soldi, soldi, tanti soldi: l’unità di misura sono i miliardi. Di euro naturalmente.

Ma fare un po’ di storia non è difficile. Basta ricordare che la mafia romana faceva capo, alla fine del secolo scorso, alla famosa o famigerata Banda della Magliana. Eravamo ai primordi, poco a che vedere con i numeri di adesso. A ricordarci la “somiglianza” delle famiglie capitoline di oggi con quella del Padrino interviene il recente ricordo del “funeralone”. Ebbene, il Clan dei Casamonica è ancora vivo e vegeto ed è fra quelli che …comandano. Ci sarà un “matrimonione”? Niente di strano… Ma per fare quattro nomi dei 76 più 23 non ci vuol molto, perché si trovano nelle cronache…

Iniziamo col dire che non sempre la polizia – né con essa la finanza, i carabinieri e la magistratura – sta a guardare. Sono in corso 37 richieste di sequestri ai “danni” delle famiglie criminali. La criminalità organizzata si combatte, del resto, con incarcerazioni e sequestri: è stato detto di recente. Pochini, però, 37 su 76 famiglie e 23 della droga! Si parla, infatti, di perdurante pax mafiosa. E la regola.

E i nomi? Si sanno, si sanno… Fra i più presenti, Pelle e Pizzata. Ve ne sono col cognome patrizio: Domizi. Con  il tipico cognome romano: Proietti. E poi Fasciani, Spata… Vi sono famiglie di visibile ascendenza sicula: Cordaro, Cimino… Famosa, più ancora, non è una famiglia, ma un clan: quello della mafia nigerina. Ma ora sappiamo che la parola mafia è “impropria”. E chi l’ha detto? La magistratura. Di tutti è noto il mandamento. Quello più “spartito” perché più ambito è quello di Tor Bella Monaca, una sorta di regno dell’illegalità. Perché circola questa diceria: l’economia legale è soggiogata dall’economia mafiosa. Ma il termine è improprio. Ormai sappiamo il perché…

Ma in Italia anche il grottesco è di per sé grottesco: è grottesco che lo sia. Perché ad esso partecipano sia il palcoscenico che il pubblico in sala. Cala il sipario su La maschera e il volto di Luigi Chiarelli e la gente resta stordita: ebbe ragione quel marito? Alla fine dell’Enrico IV i personaggi, di fronte alla verità, ripetono attoniti: “è pazzo, è pazzo!” Anche qualche critico borghese ha detto: “…ma dopotutto questo Pirandello fa solo credere intelligenti gli spettatori, senza una vera profondità”.  Perché su tutto incombe la grottesca mancanza del senso del ridicolo.

La cupola romana

L’arte più facile, allora, diventa quella dello humour, che dico, del sarcasmo. L’hanno voluto loro. Chi? Questi giudici: sono anni che a far più ridere è l’affermare: “la mafia  non esiste”. Oppure affermare quella che è data come la verità della Seconda repubblica: “la mafia è stata sconfitta“. Della mafia non si deve, quindi, parlare, meglio non nominarla o dire che non è mafia. A Roma ci sarebbe una criminalità particolare dalla genesi tutta romana. E se lo dice un giudice nella grande Roma, patria e caposaldo del diritto di tutto il mondo vuol dire che è così. Per definizione. Perché – dicevano appunto i latini – è vero “de juris et de jure”.

Scaramacai

 

Come si evince dall’immagine qui in basso, facilmente reperibile su internet, c’era già stato chi non aveva esitato a definire “cupola” quella romana. Ma, qualcuno – anzi il giudice – ha detto, non ha nulla a che vedere con Cosa nostra. Siamo alla ricerca della logica di questa osservazione…

Roma? Cosa loro! Ma non cosa nostra. E la Mafia è Cosa nostra!

 

 

 

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