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Perché sperare in Donald Trump

L'amicizia e la collaborazione fra Trump e Putin - uomini ragionevoli - non piace al "fango di Washington". Accuse pretestuose hanno per il momento impedito che procedesse... Ambedue vengono accusati di essere despoti...

Ecco, dal “Caso Trump”, uno spaccato della realtà economico finanziaria odierna.

Le contestazioni a Donald Trump possono rivelarsi utili per chiarire e disegnare il quadro inedito della realtà politica internazionale che si specchia all’interno dei singoli stati…

Il confronto non è più, infatti, fra nazioni avverse o fra partiti: la maggiore rivalità presente risulta puramente economica. In un contesto in cui né la terra, né l’oro determinano la ricchezza di uomini e nazioni, la maggiore e più significativa situazione di rivalità si instaura fra due poteri: quello della finanza e quello dell’economia. I due centri di potere, che dovrebbero collaborare in un’armonica realtà che si definisce spesso in tutt’uno come “economico – finanziaria“, sono invece rivali. Appaiono come  i due guerrieri che, l’un contro l’altro armati, si affrontano su un terreno che è fatto sostanzialmente di denaro. C’è, però una differenza di qualità e simpatia fra i due cavalieri e non è difficile scegliere quale sia “quello buono”.

Da una parte, nella realtà odierna, stanno coloro che intendono far denaro con altro denaro o – possibilmente – anche senza. Dall’altra stanno coloro che prediligono far soldi attraverso l’impresa, l’industria, i trasporti, il commercio… Fra la gente comune c’è chi non ammira né gli uni, né gli altri e c’è anche chi ammira chiunque abbia – invece – denaro. Ma entriamo nel problema.

Adesso spiegheremo in che senso diciamo tutto ciò. Avevamo sostenuto sopra che oggi né la terra, né l’oro determinano la ricchezza. Oggi, infatti, l’economia è puro dinamismo. Mai come oggi è stato vero il principio del divenire continuo, del “panta rei”, se preferite. L’economia moderna è come una giostra da vedere come immateriale che con il suo moto circolare produce benessere e valore aggiunto: necessita, come ogni produzione, di materie prime e di lavoro, viceversa sarebbe il “moto perpetuo”, ma il denaro è solo un mezzo di scambio e una misura del valore, che serve a consentire la circolazione delle merci e dei servizi. E’ solo un olio…

In tale contesto, la ricchezza è in gran parte determinata dai mercati, dal relativo controllo, dalle quote che se ne posseggono. I mercati sono l’elemento indispensabile: la clientela, gli acquirenti sono già il vero patrimonio dell’impresa, dell’azienda, sia piccola, sia grande. Ad ogni livello ciò che conta è: quanti mercati e quante quote. Da questo punto di vista, la buona salute dei mercati contribuisce alla ricchezza: siamo nel campo di coloro che sostengono il far denaro facendo impresa…

Il concetto può sembrare vago, quindi procediamo come se raccontassimo…

Il mondo della finanza – per capirci, la realtà dei banchieri – vuole, invece, tenere l’economia ancorata al denaro. Rimpiange la parità aurea, anche se – in pratica – non è mai esistita realmente. Si batte contro la svalutazione. Preferisce che l’economia rischi la deflazione pur di evitare derive inflattive, che invece – se non esagerate – giovano all’economia che è dinamica per eccellenza. Giova allo sviluppo. E’ il denaro, per i finanzieri, che “continua a contare”, in sostituzione dell’oro e della terra. C’è un aggravante: tale atteggiamento – pur essendo proditorio e quasi disastroso – ha un fascino sull’uomo della strada, ancorato a una cultura dal contenuto men che ottocentesco, legata al giusnaturalismo ed alla fisiocrazia. Per tale mentalità, la terra e l’oro continuano ad essere protagonisti,  il denaro al posto dell’oro, “deve” assolutamente conservare un valore, al fine di poterlo tesaurizzare. Ciò equivale a toglierne una gran parte dalla circolazione: se ce n’è di meno e circola meno varrà di più, per un principio economico fra i più elementari.

E’ evidente che ogni “manovra” in questa direzione colpisce la crescita, lo sviluppo e infine il benessere in generale. In realtà colpisce anche la finanza, ma finanzieri, grossi ragionieri, non hanno né la la lungimiranza per capirlo, né il coraggio di affrontare a viso aperto la moderna realtà…

Se la scienza economica è quella che studia i motivi della ricchezza e della povertà delle nazioni (definizione), questo nostro è un ragionamento economico. La finanza dovrebbe “servire” l’economia come un vassallo che serve il sovrano. Invece oggi tradisce il proprio ruolo… Per dirla in parole povere, tira troppo spesso …alla sua.

Tante tessere vanno a posto. La finanza ha sempre visto con favore regimi larvatamente o più intensamente social comunisti, perché il controllo finanziario risulta con quei regimi massimo e più agevole. Con lo statalismo, l’interlocutore è uno: lo Stato. Comodo, no? Tuttavia vengono meno tanti altri fattori di cui né l’economia, né la finanza possono fare a meno. Pertanto da alcuni decenni esiste un potere che tende ad ammettere il liberismo e una forma decisa di pluralismo solo al vertice (vedi anche il capital comunismo), imponendo, ovvero predicando e ricercando forme di collettivizzazione di tipo socialista – anche marxista, perché più demagogico oltre che utile nel breve termine, cioè ottusamente – alla base. Ecco la finanza ricercare la minor ricchezza delle nazioni, intese queste come popoli, a favore di élite del denaro, della tecnologia, del management. Sono componenti volute o comunque necessarie in qualunque condizione. Vanno in qualche modo “pagate”.

Non è che i finanzieri non comprendano che oggi occorra necessariamente uscire e vivere anche al di fuori dalle proprie casseforti, ma ciò cui più tengono è “il controllo” delle cosiddette “masse”, tenerle in stato di bisogno, pilotarne i gusti e, soprattutto, i comportamenti, i consumi. Per questo ritengono necessario privarli di gran parte delle libertà, partendo dall’abbondanza di cui il mondo oggi dispone, ma già della stessa larghezza economica. Inoltre propagandano una realtà intrinsecamente povera: carente di acqua, energia, cibi sani… E’ evidente, lo viviamo ogni giorno…

Fra i grandi errori delle teorie di Marx, qualcosa di corretto pur si trova: “non si può essere liberi se si vive in stato di bisogno”, affermava più o meno, vedendo nella elementarità del suo pensiero ottocentesco, da una parte “i padroni” grandi e piccoli, dall’altra i prestatori d’opera inevitabilmente, secondo lui, sottopagati…

Ma il mondo cambia e il gioco si è fatto più grosso: su vasta scala. In una prima fase, durata più di un secolo, anche i lavoratori (come li vedeva Marx) sono praticamente “arricchiti”, rispetto alla massa di poveri dell’800. Questo perché il benessere, proveniente dal mondo della produzione, va, comunque, distribuito su vasta scala, creando la “necessaria” massa di consumatori di fronte ai tanti prodotti che si rendono disponibili sulla “piazza”.

Oggi si è creata una categoria di finanzieri, che entra nel mondo della speculazione o tramite il sistema bancario o tramite i massimi monopoli, ma solo in quella condizione cosiddetta “leonina”, su una scala internazionale che aspira a divenire mondiale: ecco la mondializzazione. L’attività più redditizia sarà di vendere cari a “tutti“, anche se poveri: energia, acqua, cereali, medicinali, lo stesso denaro.

Che cosa c’entra Trump? Se non si capisce che Donald Trump appartiene comunque alla “schiera” di coloro che credono nella imprenditoria e sostanzialmente nel lavoro applicato alla produzione – di cui il capitale è solo strumento – si resta fuori strada, si brancola nel buio. Così come non si può capire che cosa avvenga nella politica e fuori da essa, al vertice della società, nelle stanze dei bottoni e nell’intera società, se si continua a vedere il mondo come caratterizzato dalla lotta attraverso i confini delle tradizionali realtà statali.

Oggi la globalizzazione si presenta ancor prima sotto forma di internazionalizzazione e questo fenomeno non può essere contrastato: è perfettamente inutile tentare…

Il nazionalismo può essere confinato con la dizione: “i vecchi nazionalismi”. Esisterà ancora tuttavia – ed è quella del futuro – una politica dei territori. Ma fare gli interessi di un territorio significa usare una cultura e delle tecniche ancora in via di elaborazione, addirittura da creare, inventare. Ciò ha poco a che vedere con concetti come l’amor di patria e l’orgoglio nazionale, che sopravvivono ed avranno ancora senso solo nel folclore e nello sport. Ciò non significa certo che non si debba amare la propria terra e rispettare il passato degli “avi”.

Donald Trump, che è salito ben poco diplomaticamente alla presidenza Usa, affermando di voler “ripulire il fango di Washington”, ovvero colpire chi vuol far denaro con altro denaro o con la mondializzazione, non può aspettarsi altro che la guerra. E’ lui stesso che è entrato da solo a viso scoperto nella vera guerra che si combatte oggi nel cosiddetto Occidente: economia contro finanza e viceversa. La crisi di rigetto della stampa mondiale contro Trump dimostra solo quanto la grande realtà mediatica sia “venduta” alla Finanza, ai “tecnici” delle “bolle”. Sono loro ad avere più soldi.

L'assurda strumentalizzazione di una critica del Papa, già fuori dalle righe: come gli americani, autori di una politica nefasta in Africa e Sud America, autori del bombardamento atomico (ancora sperimentale) in Giappone possono additare così Trump, un imprenditore, un lavoratore fino a prova contraria?

L’assurda strumentalizzazione di una critica del Papa, già fuori dalle righe: come gli americani, autori di una politica nefasta in Africa e Sud America, autori del bombardamento atomico (era allo stato sperimentale) in Giappone possono mai additare in questo orrendo modo Trump, un imprenditore, un lavoratore fino a prova contraria? Di che qualità è la grande stampa Usa?

LOccidente o non esiste più o non ha più i tradizionali connotati e soprattutto i confini d’un tempo. E’ globalizzato anch’esso: non può non comprendere l’Asia e comprenderà prestissimo anche gran parte dell’Africa… Il mondo si è occidentalizzato e sempre più prosegue su questa strada. L’occidente è il mondo, pur nella diversificazione degli interessi territoriali. Non sorprenda, quindi, se Trump vuol fare entrare la Russia nella Nato. E non sembra neppure un’idea malvagia…

La competizione a livello di “stati – nazione” certamente è lungi dall’essere morta. Non esageriamo. Ma la lotta è spesso fra multinazionali. E’ sempre vero che gli interessi di imprenditori e dell’imprenditoria vengano rappresentati dalla politica estera della nazione.

Il potere imprenditoriale è, però, il nemico numero uno di quello finanziario e bancario (e viceversa), perché questo “tiene” al potere, cioè al controllo della realtà socio politica, trascurando la crescita. Anzi addirittura avversandola in campo internazionale e all’interno delle nazioni, cioè nella macro e nella micro realtà. Il potere degli imprenditori, invece, vuole la crescita e lo sviluppo, per vendere di più, disporre di nuovi mercati e nuovi centri di produzione…

Il mondo finanziario si veste da molti decenni delle “penne del pavone socialista” (per il quale ha sempre simpatizzato) che risultano utili ad esso, sia sul terreno demagogico, sia su quello funzionale della controllabilità dei gruppi sociali, di interi popoli, dell’iniziativa spontanea: perché non si moltiplichi, non cresca, non venga neppure in essere. Con lo statalismo, lo stato diventa – anche –  di gran lunga il principale committente: un solo interlocutore con cui trattare, da conoscere, da corrompere, se necessario come spesso avviene. Si può essere, quindi, “a sinistra“, per motivi ben diversi da quelli per cui lo sono gli idealisti o i radical chic…

Germano Scargiali

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Incredibile anche l’atteggiamento “pro Obama” che notiamo anche in Italia: nessuno ha fatto tanto danno al Nord Africa, al Mediterraneo e quindi all’Italia quanto la “gestione Obama”. Quanto, poi, decidesse realmente questa giovane figura demagogica non è dato sapere. Con lui gli Usa, guidati da un potere assolutamente ottuso, hanno perso in Africa e Siria, le guerre e l’onore. La Russia continua a vincere, ha messo all’angolo l’Isis, nonostante l’America di Obama, a favore del mondo e della stessa cristianità…

Non ci si può aspettare che Trump, nello scacchiere mediterraneo e mediorientale, vada contro gli interessi degli Usa. Sta cercando di salvare il salvabile e ridarsi una dignità, ereditando una una battaglia già persa…

Sorrisi fra Trump e Teresa May. Ecco Usa e GB perfettamente in linea con la storia. E' chiaro che "The Donald" sta facendo il Presidente. E' estroverso, ma non è quel clown che hanno cercato di mettere anche alla berlina.

Sorrisi fra Trump e Teresa May. Ecco Usa e GB perfettamente in linea con la storia. E’ chiaro che “The Donald” stia facendo il Presidente. E’ estroverso, ma non è quel clown che hanno cercato di mettere anche alla berlina.

Un “rimprovero” che si può fare a Trump è l’atteggiamento nazionalistico con cui intende la “politica del territorio” in modo restrittivo. Ovvero, in direzione contraria a ciò che affermavamo sopra. Trump giunge fino al protezionismo, che oggi va adottato con molta prudenza, perché è in ritardo con i tempi e perché non può non dar luogo a contromisure e vere e proprie ritorsioni da parte dei paesi danneggiati.

Ma un altro fatto è chiaro: Trump, come anche Putin, è un capo che “tira” per il proprio paese. Giungere ad accusarli del contrario, da parte dei loro avversari è il colmo. Il mondo è zeppo di uomini politici che pensano molto di più …a sé stessi.

 

 

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