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Sicilia protagonista quando …successe il ’48

Vittoria! La Sicilia ritorna per un po' indipendente e Palermo Capitale. Si adotta il tricolore caro a Napoleone e G. Murat. Ma già col verde italiano.

Fra le ricorrenze di quest’anno il 170esimo anniversario della rivoluzione siciliana del 1848. Fu una data importante, perché i moti di Palermo possono essere considerati il “la” agli anni del coronamento delle aspirazioni, dette allora “liberali” del Risorgimento. Ma in Italia si trattò, infine, dell’unificazione, sognata da sempre e cantata anche da Dante, Petrarca e poi dall’ottocentesco Leopardi, che si unì anche lui al sentimento romantico e patriottico che faceva dell’amor di patria una primaria aspirazione nell’ambito dell’esaltazione del sentimento d’amore in genere…

La rivoluzione siciliana del 1848 iniziò il 12 gennaio 1848. Ancor oggi, nel lessico popolare si dice: “successe il ’48…”

Il moto fu il primo a scoppiare in un anno che si colmò, poi, di rivoluzioni e rivolte popolari, avviando quell’ondata di moti rivoluzionari che sconvolse l’Europa e che viene anche definita primavera dei popoli, culmine del Risorgimento.

Il tricolore, già nel '48 è bandiera del Regno di Sicilia

Il tricolore, già nel ’48 è bandiera del Regno di Sicilia. Aveva fatto apparizione sin da fine 700 e adattato al termine di quel secolo dalla napoleonica Repubblica Cispadana. L’unità d’Italia era comunque nelle comuni aspirazioni dalle Alpi a Lampedusa.

La rivoluzione siciliana portò alla proclamazione di un “nuovo” Regno di Sicilia indipendente, che sopravvisse fino al maggio del 1849.

Già nel 1821, dopo la parentesi napoleonica, le rivolte popolari venivano sobillate dagli stessi baroni ed ebbero luogo in Sicilia, con mire anti-borboniche e con l’isola che si dichiarò, seppur per breve tempo, indipendente da Napoli, fino a giungere ai tumulti del 1837: i propositi rivoluzionari furono sempre aspramente sedati. Nel corso dello stesso 1800 si era fatto largo anche una concezione liberal repubblicana dello Stato, sostenuta, com’è noto, dal genovese Giuseppe Mazzini, mentre un’altra corrente propose la soluzione federalista con Gioberti e Carlo Cattaneo (vedi nota più giù). Tre personaggi che, anticipando concetti moderni, sono un vanto della storia italiana…

Rosa Donato mitica rivoluzionaria messinese del 1848

Rosa Donato mitica rivoluzionaria messinese del 1848. Erano un Meridione e un’ Isola che conoscevano già le pari opportunità, anche nel sacrificio…

A commemorare la ricorrenza di quel gennaio 1848, momento cruciale della storia dell’isola, l’Unione dei Siciliani ha organizzato una presenza commemorativa, che è iniziata Venerdì mattina in piazza della Rivoluzione a Palermo e si è conclusa sabato all’Hotel Wagner con il discorso del vicepresidente della regione Gaetano Armao, economista e noto per i suoi sentimenti sicilianisti.

Tornando al 1820 ed il 1821, in più Paesi europei si svilupparono forti movimenti di protesta contro i sovrani che vi regnavano. La richiesta, in questi Stati, era quella di ammettere la concessione delle Carte Costituzionali, vale a dire dei documenti che sancissero le libertà individuali e la fine dei regimi assolutistici o dispotici ormai fuori dalla storia. A guidare questi moti rivoluzionari, di entità spesso modesta ma di forte peso politico, erano elementi legati alle società segrete del tempo, quali la Massoneria e la Carboneria, di estrazione borghese e decisamente connesse. Anche la prima era allora di tendenze rivoluzionarie… I Borboni, al contrario dei Piemontesi, furono accaniti anti massoni e nemici dell’Inghilterra. La stessa Austria cercò di “convertirli” inviando due belle mogli tedeschi agli ultimi due Re… I Borboni sono comunque ricordati come i più retrogradi monarchi italiani, ma questo fa piuttosto parte dell’anti meridionalismo corrente. I piemontesi non erano migliori di loro. Lo dimostra – come abbiamo già scritto – la casa museo di Giuseppe Mazzini che illustra, in realtà, i moti anti sabaudi di Genova e la relativa repressione contro le barricate. L’Italia repubblicana, nel considerarsi la continuazione del regno, tiene la casa di Mazzini in pessime condizioni e solitamente chiusa… Visitarla rappresenta una fortuna…

Il movimento rivoluzionario, in effetti, partì dalla Spagna, dove il re Ferdinando VII si indusse, sotto la pressione popolare, a concedere nuovamente la Costituzione. In Italia moti rivoluzionari avvennero a Palermo e in Piemonte, guidati principalmente dai Carbonari; in Sicilia la rivolta prese il via a causa della soppressione del Regno di Sicilia e dell’unificazione alla corona del Regno di Napoli. I moti, oltre che costituzionali, ebbero anche un forte carattere autonomista. Fu solo grazie all’intervento di Austria e Russia che re Ferdinando I poté recuperare il potere e sopprimere la Costituzione appena concessa.

I moti rivoluzionari del ’20-21 e del ’30-31 non ebbero risultati positivi sotto il profilo militare e libertario, perché tutti i rivoluzionari vennero scoraggiati dall’intervento della Santa Alleanza e in Italia la rivoluzione del 1831 era miseramente fallita. I sovrani, sebbene in un primo momento avessero concesso le Costituzioni, in un secondo le ritirarono…

Nel corso dell’iniziativa di questo gennaio 2018 a Palermo è stato deposto da Gaetano Armao, Presidente del movimento e Vicepresidente della Regione Siciliana, un cuscino di fiori in onore dei martiri della prima rivoluzione liberale europea che chiedeva il ritorno alla Costituzione Siciliana del 1812 e il riconoscimento di una forte autonomia siciliana.

Nella giornata del 13 gennaio l’Unione dei Siciliani, ha tenuto, invece, la sua Convention generale alla presenza dei militanti di tutta la Sicilia. Nel corso dell’incontro sono state esaminate le iniziative del movimento per il 2018 e definita la posizione relativa alle prossime elezioni politiche…

Il sentimento autonomista della Sicilia è sempre vivo e forte è la contestazione verso il potere centrale, rappresentato, prima dai piemontesi e poi dal governo romano, interprete più della volontà della grande industria e impresa settentrionale che non di lavorare ad una centralità mediterranea del Meridione e della Sicilia in particolare, delle sue vocazioni primarie, verso l’agricoltura, l’agroalimentare di qualità e l’incoming turistico.

Tutto è culminato, dopo l’ultima guerra, con la concessione dell’Autonomia amministrativa e di uno Statuto speciale. Ma, sebbene qualche colpa, anche grave, possa senz’altro attribuirsi ai governi regionali – almeno alla maggior parte – anche Roma e il Settentrione non ha messo realmente l’economia isolana in condizione di operare il “salto di qualità” e – quantomeno – attenuare la cosiddetta “dislocazione dualistica”, detta anche “forbice” dell’economia nazionale che penalizza la Sicilia.

Occorre – secondo l’attuale governo guidato dal presidente Musumeci e dal suo vice Armao – fare della Sicilia una regione che non guardi con reverenza verso Nord, ma con autorità in direzione del Sud, dell’Africa e del Mediterraneo…

Germano Scargiali

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Nota su Federalismo. Sembrò ad alcuni pensatori e patrioti dell’800 che la prospettiva di un accordo federale, tale da rispettare le vecchie autonomie, potesse evitare i dissidi regionali. In ambito moderato prevaleva una concezione del federalismo come somma degli Stati esistenti: il pontefice, secondo Vincenzo Gioberti, o il monarca piemontese, secondo Cesare Balbo, avrebbero dovuto esser posti a capo di una lega federale fra gli Stati italiani. Al pieno rispetto dell’autonomia e della differenza degli Stati regionali preunitari in senso democratico e repubblicano si indirizzava invece il federalismo di Carlo Cattaneo e Giuseppe Ferrari. Di fatto, però, il nuovo Stato unitario costituito sotto la monarchia sabauda, si caratterizzò per il forte centralismo, provocando le aspre polemiche sulla cosiddetta “piemontesizzazione” del nuovo Stato italiano.

Altri personaggi prepararono differenti progetti federalisti, come l’Anonimo Lombardo, che consigliava la formazione di tre regni: il primo, col Piemonte, il Lombardo -Veneto e Parma, Torino residenza della corte e Milano sede del congresso nazionale; il secondo, con la Toscana, Modena e lo Stato pontificio, Firenze sede del principe e Bologna del congresso; il terzo, con Napoli sede del sovrano e Palermo del congresso. Roma, città libera, sarebbe restata al Pontefice sotto la protezione dei tre sovrani. Uno statuto uniforme e una lega doganale avrebbero dovuto stringere i tre regni… Ne parlarono in particolare gli scienziati, che si riunivano in congressi dalle varie parti d’Italia in quegli anni.  Forse questa soluzione avrebbe creato una realtà più equa e c’è qualcuno che oggi riparla di ridurre le regioni a due o tre…

 

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