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Gigetto alla lavagna! Di Maio interrogato, vuole fare il Capo del governo…

Una "supponente" immagine di Di Maio. Avere una Raggi o un'Appendino al governo dell'Italia sarebbe una pubblica calamità: sono i signori del no, i nostalgici dell'ideologia che non c'è, preda - invece - del relativismo etico oggi strisciante...Una "supponente" immagine di Di Maio. Avere una Raggi o un'Appendino al governo dell'Italia sarebbe una pubblica calamità: sono i signori del no, i nostalgici dell'ideologia che non c'è, preda - invece - del relativismo etico oggi strisciante...

Una partita lunga e difficile quella che porterà – forse – alla formazione del nuovo governo. Gigetto Di Maio, l’enfant prodige che regge i pentastellati con l’aria di un nume tutelare che sa tutto, si presenta alla lavagna con l’aria dello scolaretto, divenuto incerto e col gesso tra le dita… Una cosa ha chiara: da grande vuol fare il Capo del governo. Riuscirà a uscire dalla prigione che si è costruita?

Il 33 per cento di voti ottenuti dal M5S il 4 marzo ha dato alla testa al nostro amichetto, che già, grazie alla sua arroganza di cui non fa mistero, aveva perso il contatto con la realtà. Il focoso leader, avendo presentato al presidente della Repubblica , prima delle elezioni, una lista completa di ministri, pensava di potere blindare il nuovo governo mettendo in scacco le altre forze politiche. Essendosi chiuso in questo perimetro invalicabile, frutto di una miopia politica senza precedenti, Di Maio è destinato a soccombere perché non si è lasciato libera nessuna via di fuga. Il Nostro vuole i voti che gli mancano in parlamento perché crede di avere il migliore programma possibile e di essere più intelligente di tutti gli altri leader. Cosa dà in cambio ad eventuali donatori di sangue? Niente, perché al M5S non si devono chiedere poltrone, sono tutte occupate dai seguaci del capo.

I verbi non sono il "forte" di Di Maio, i congiuntivi una Waterloo ... Per Facebook e Twitter è un dei nostri migliori politici con i congiuntivi alla "Fantozzi - Filini". Non il solo, per la verità...

I verbi non sono il “forte” di Di Maio, i congiuntivi una Waterloo … Per Facebook e Twitter è uno dei nostri primi politici in graduatoria per i congiuntivi alla “Fantozzi – Filini”. Non il solo, per la verità. Ma gli altri sono arrivati a senatori – onorevoli… Per dirla con lui: “s’andasse a studiare l’italiano”.

L’enfant prodige è così arrogante da pretendere di fare il premier anche se il suo movimento-partito ha ottenuto 4 punti in meno – ben 90 parlamentari – rispetto alla coalizione di centrodestra. A Salvini ne occorrono 50, ma non si tratta di un problema soltanto numerico. Il leader della Lega è accomodante, ha detto di esere pronto a farsi da parte nella corsa verso la premiership, Di Maio no. Il Nostro – e qui l’arroganza rifulge di una luce abbagliante – afferma : o io o nessuno!

L’Italia aspettava questo giovane levantino per risollevare le sorti del paese. Ma chi ha rovinato di Maio? Chi gli ha fatto credere di essere l’unica aquila del pollaio? Forse la carica di vice presidente della Camera a soli 26 anni? Questa ha contribuito sicuramente, avendo trovato un humus propizio, ma determinante è stata la super stima di Beppe Grillo il quale, tempo fa, ebbe a dire ai suoi: “Di Maio va ascoltato anche quando non parla”.

A blindare l’arroganza del nostro premier in pectore una mano l’ha data anche la sua indiscussa ignoranza di cui ha dato ampia prova in questo quinquennio di vice presidenza. Il Nostro viene indicato come il super killer dei congiuntivi, lo dimostrano alcuni suoi tweet, per lui la Russia è nel Mediterraneo, ha trasferito Pinochet in Venezuela, il trattato di Dublino cambia in trattato di Berlino, il sociologo Luciano Gallino diventa “psicologo Gallini”, in Parlamento parla della “lobby degli ammalati di cancro”…

La rete è piena di strafalcioni a firma Di Maio: un vero spasso! Eppure il “mondo pentastellato” ha perdonato tutti questi scivoloni al suo capo. Una fede cieca che andrebbe indagata e che può trovare una chiave di lettura nell’analfabetismo di ritorno di cui è vittima il nostro paese.

Pippo Algozino

(Corrispondenza da Catania)

Nota.  Buono o cattivo che sia il “rosatellum“, è la legge con cui si è andati al voto. La “regola” contenuta testualmente nella legge, il cosiddetto “dictat” sosteneva che una coalizione valesse quanto un partito con la relativa vittoria o sconfitta elettorale. “All’italiana” ciò è venuto meno nell’interpretazione all’indomani del voto. Si è tornati, per qualche magia – o per qualche misteriosa mattana – alla logica parlamentare, che da più anni si cerca di limitare perché – in un contesto sociale spaccato, quasi, in due – porta all’ingovernabilità. Lungi dal disprezzare (perché è più democratica) la logica proporzionale, possiamo notare come si accordi anche con il fatto, indiscutibile, che possa “sconcertare” che “il partito più votato come tale” rimanga escluso dal governo. Eppure – occorre sottolinearlo – ciò è avvenuto e avviene sia in Italia (regioni) che all’estero…

Ma andiamo a quello che Montesquieu chiamò l’exprit des lois, che, come la morale delle favole, spesso è un bene che si brama e non si ottiene. I tre partiti “Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia” si sovrappongono nella mente e nel cuore di chi vi aderisce e di chi li abborra dalle Alpi a Lampedusa. Chi scrive ne ha votato uno alla Camera e un altro al Senato. Sono partiti che aprono la mente al libero mercato, per i quali crescita e sviluppo non sono parole sconce, per i quali l’altrui opinione è da rispettare secondo la massima, sempre illuministica: “non concordo con ciò che dici ma lotterei fino alla morte perché tu possa sempre dirlo”.

Siamo lontani – molto lontani – dalla logica marxista che i 5Stelle, pur non essendo comunisti, abbracciano in modo radicale. E’ la massima “chi non è con me è contro di me”, che vale tanto solo se detta dal Gesù dei Vangeli che la coniò per primo… Avere i 5stelle al governo significa avere l’ignoranza al potere. Ma non è l’ignoranza del mancato diploma e della mancata laurea. E’ quella di persone alla ricerca di se stesse, dei nostalgici di un’ideologia che non c’è, preda – invece – del relativismo etico oggi fenomeno strisciante e pericoloso…

Tale relativismo etico si appiglia a mete – pseudo ideali, se volete –  di natura materialistica, come la libertà intesa come licenza individuale assoluta, consumismo, salutismo, ecologismo ideologico. E’ una “deriva mentale” piena di contraddizioni ma che non sa riconoscerle ed individuarle. Così il cerchio si chiude attorno al concetto di incultura, che è una sorta di “ateismo di vita” che va oltre l’agnosticismo in materia strettamente religiosa…

Germano Scargiali 

 

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