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Il mito il cemento e la catastrofe

Quel ponte che volava sulla città: la sfortunata Genova sede di tante recenti disgrazie. Si preghi il Signore per questa bella e importante metropoli dalla storia gloriosa.

Cronache letteralmente scatenate per il crollo del “ponte”: parola magica, questa, carica di connotazioni, come tutta la vicenda di Genova. Se “ponte”, come notò Folco Quilici, ma a proposito di quello di Messina – il più fatidico, il più ‘amato e odiato’ degli italiani – fornì l’etimo alla parola pontifex, e quindi a pontefice, tanto resta da dire prima ancora che ne crolli fragorosamente uno dell’imponenza di quello autostradale che univa e unirà la Città della lanterna, hub naturale fra Sud e Mediterraneo verso l’Europa dell’Ue, la realtà sociale e civile, ma anche industriale, della Mitteleuropa e l’arrivo dei turisti tedeschi (oggi non più soli) e, perché no, la partenza dei turisti italiani…

Un gigante dimostra di aver avuto da sempre i piedi d’argilla e mette in dubbio la buona salute di tutti i propri “confratelli”. Già, i ponti coevi, magari progettati dallo stesso ingegnere, abilissimo nel prevedere strutture “al limite” dei calcoli, senza abbandonarsi al “troppo facile” vezzo degli antichi, quelli che costruivano opere indistruttibili con un banale espediente: surdimensionarne – per l’appunto – la struttura…

Parole, parole, parole… Da quel momento non sono altro che parole. Per molti – come quelli che gioivano telefonicamente del terremoto – è subito una fortuna, per altri lo sarà… Ci sono morti? Meglio! Famiglie da risarcire? Soldi da stanziare, opere improcrastinabili che si procrastineranno a lungo? Molto, molto meglio!  Si comincia, però, con le commiserazioni. I Tg devono far piangere i telespettatori a pranzo e a cena. Possono riuscirci: non si tratta di bambini chiusi in una grotta all’altro capo del pianeta. Qui li abbiamo avuti vicini, i guai, anzi vicinissimi. Ed era un po’ che i terremoti ci lasciavano in pace…

Fuori l’autore! Ma non per applaudirlo… Fuori il colpevole! Riccardo Morandi, ecco il nuovo Belzebù. “Si es coupable”, però, come si dice sommessamente nel famoso romanzo manzoniano alla folla che ritiene il governatore colpevole della carestia…

E qui dovrebbe subentrare il concetto del Male nel mondo. Che cos’è il Male? Perché esiste? Da che cosa è rappresentato su questa terra? Vi sono gli aspetti personali: il peccato certo, ma anche l’ignoranza e l’errore, facce di una medaglia complessa. Il mistero vi aleggia e non lo risolveremo con discorsi da caffè… Vi sono gli aspetti naturali: la malattia e la catastrofe. In questo caso, la catastrofe di Genova, a complicare le cose c’è un coacervo: l’errore dell’ingegnere, ma certo anche il caso. Volete che un ponte su tanti non vada giù? E perché avviene se non per un insieme di casualità umane e naturali, avvolte nell’incertezza se non nel mistero?

Un mondo perfetto? Non sono necessari singoli esempi: non lo è. Se lo fosse non avrebbe motivo di esistere e, con esso, la ragione, la conoscenza, la storia. Il mondo mette alla prova tutto di noi: la nostra fede, ma ancor prima ancora la nostra pazienza. Momento per momento, distillando ogni tanto gocce di gioia, quanto basta per farci sapere che esista…

Naturalmente, i “nemici del cemento”si scatenano. Questo benemerito del mondo moderno, condizionato – quando venga ‘armato’ di ferro – dai differenti coefficienti di dilatazione e dalla ruggine, sarebbe destinato a …morire: dramma in tre atti…

Basterebbe, però, notare che a Palermo stesso, lo stabilimento Kursaal, erroneamente chiamato oggi Charleston dal nome del bel ristorante che vi si è trasferito da piazza Ungheria, è stato una delle più antiche costruzioni in cemento armato d’Europa. Dall’alba del ‘900 resiste. Vedi caso, però, era ben fatto: il cemento e la sabbia, ben dosati e ben scelti, durano e dureranno.

Ricordate, però quell’intercettazione telefonica? Ve la ricordiamo noi: “…domani ci sono i controlli? Domani ti mando oro colato!” Insomma, anche il cemento ha i suoi carati…

Ecco come ragionamenti e concetti fioccano, s’intersecano, si moltiplicano…

Né si può dire che, se i nostri palazzi andranno rifatti prima che passino i 2000 anni dei ponti di Roma ci sia da meravigliarsi? E’ la regola odierna. Niente è fatto per durare. Cambia la moda e cambiano le esigenze, si evolvono i gusti, ma prima ancora le necessità e le abitudini. Costruire sarà sempre più facile. Distruggere, riciclare o farne a meno con nuovi inediti materiali è già la regola…

Colla, anzi colle, al posto dello stesso cemento e poi acrilico, vinilico, poliestere, pet… O anche ferro al posto del cemento armato. Ma soprattutto nuove “plastiche” ricavate chi sa come e da dove…

E’ così in tutti i settori. Chi più si chiede se la sua auto durerà eterna come la “vecchia” Rolls? Del resto, non giacciono ormai in vecchie rimesse per uscire solo in parata?

Lo stile razionale dopo quello razionalista, quello minimalista tendono a non avere nulla di artistico, anche se il bello si ripropone sotto forme ricercate, ma a livello di eccezione. Tutto dev’essere pratico, pronto all’uso e destinato all’eliminazione quando esigenze e costumi non lo riterranno più “utile”: avverrà presto.

Ma un ponte deve durare, deve lavorare il più possibile ed essere sostituito, semmai, da uno più grande, più largo, più moderno, più sicuro ancora. Ad esso si affidano milioni di vite umane, milioni di tonnellate di merci. Persone e cose devono “volare” letteralmente come su un aereo, ma raggiungere l’altra sponda facendo rotolare gommosi copertoni pieni d’aria. Sull’aria si vola e sulla scorta di altra aria, tutto è volubile prima ancora di essere voluminoso. Sono le quantità che contano, quelle finali. Valgono i numeri e mai come oggi “panta rei”. Tutto diviene, niente sta fermo. Archimede l’aveva detto: “…datemi un punto fermo e vi sollevo il mondo”. Nulla di tal genere si trova in natura. Meno che mai nella mente dell’uomo di oggi, nell’economia e nella crescita che – lo si voglia o no – è inarrestabile. E’ intrinseca ai fatti.

Know how e mezzi di produzione sopravvivono a se stessi (otre ogni avvenuto ammortamento) e continuano a produrre… Lo scandalo non è che un ponte crolli, ma che vi siano forze che, mentre tanta gente soffre nel bisogno, rallentino – ormai sfacciatamente –  il progresso e lo sviluppo per garantirsene il controllo.

Germano Scargiali

 

Critica finale: Sono morte quasi 40 persone, è un danno economico e morale notevolissimo. Un dramma. Tuttavia, questo stesso ponte, prima di crollare, aveva salvato un numero incalcolabile di vite (ambulanze etc) e si era reso utile a miriadi di scopi e infinite finalità… Criticare le grandi opere o rallentarle è una mera balordaggine. Ovvio?

Vedete, se volete, l’articolo in cui il presidente dell’Autorità di sistema della Sicilia Occidentale (Palermo) Pasqualino Monti – che ricoprì cariche dirigenziali a Livorno – si scaglia, pur da presidente scelto dl Ministero dei Trasporti, contro la burocrazia e chiede poteri speciali e commissariamenti per tirar fuori l’Italia dall’impasse in cui si trova in fatto di infrastrutture.

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