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Da un discorso di Churchill i motivi della crisi morale della società contemporanea

Qualcuno ha accostato in foto Trump accanto a Churchill. Non è un caso: il grande premier inglese diede il la alla politica atlantica dell'ultimo dopoguerra al momento della caduta degli dei. A Trump tocca ora il compito difficile di salvarla dall'attuale crisi fisica e morale... Anche la crescita del Mediterraneo rappresenta per l'oceano una grande insidia...

Ci si interroga spesso sulla natura e sulle origini deldiffuso nichilismo” della società contemporanea. Trattasi certamente di un fenomeno di carattere ideale, ma secondo un’accreditata corrente di pensiero è anche figlio del “nichilismo politico“.

Il trauma fondamentale, stroncando i tentativi di pacificare il mondo da parte della Società delle Nazioni e poi dell’ONU e gli appelli delle autorità religiose – con il Papa in testa – è stato provocato dalle gravi giornate di Auschwitz, Mathausen, Dachau, ma anche di Hiroshima e Nagasaki. Esso ha avuto notevoli ripercussioni, perché tali momenti della storia contemporanea sono considerati da più storiografi come “la più perfetta espressione e la naturale conseguenza” di un certo tipo di politica. *

A tali “performance” della politica mondiale, hanno fatto seguito non tanto la corruzione in politica interna, ma il plateale cinismo di certe decisioni internazionali: un esempio “scolastico” più recente è costituito dall’ipocrisia e dall’impudenza con le quali sono stati realizzati l’intervento in Vietnam e i bombardamenti al Napalm. Infine, certamente, i tanti interventi “alla cieca”in vari territori del mondo: non solo in Siria sono stati perpetrati – e lo sono tutt’oggi -veri e propri olocausti…

Questi fanno sul serio: Caccia avanzati M-346 Alenia Aermacchi Finmeccanica a Israele contro velivoli e missili Iran Siria Hezbollah libanesi. Sempre di fornitura italiana...

Le guerre continuano e l’Italia non si tira indietro. Questi non sono giocattoli.  Sono i Caccia avanzati M-346 Alenia Aermacchi Finmeccanica venduti a Israele sul mercato ufficiale  per affrontare velivoli e missili di Iran Siria Hezbollah libanesi. Il mercato delle armi non conosce morale, anche se dovrebbe avere una ratio. Qui l’Italia sta dalla parte dell’Atlantico, sempre più nemico del Mediterraneo…

Tali “fatti” portano alla conclusione che tutto sia possibile al “poteremalvagio della politica, che non vi siano “norme superiori”, scritte e non scritte, che appartengano anche al “diritto internazionale”, il quale viene regolarmente calpestato al punto da sembrare che non esista neppure…

C’è chi fa risalire tutto – ma solo formalmente – ad un discorso tenuto da Winston Churchill in America, nella poco nota cittadina di Fulton, sede di un’università, dove era stato invitato ad un convegno.

La cortina di ferro“. Questa breve espressione di quattro parole è stata l’emblema della “guerra fredda“, lo slogan più efficace per descrivere il conflitto strisciante che ha diviso pericolosamente per quattro decenni l’intero pianeta. Le pronunciò cinquanta anni fa – il 5 marzo del 1946 – Winston Churchill a Fulton, una poco nota località del Missouri. Nel campus di quella Università, conosciuta al mondo per aver dato i natali all’inventore del battello a vapore e al presidente degli Stati Uniti Harry Truman, Churchill pronunciò il discorso che doveva caratterizzare la storia del dopoguerra. Fin dalle prime battute si capì che Churchill non avrebbe detto cose banali.

Con la sua tipica voce stentorea, diffusa per radio in giro per l’America, il vincitore morale della sanguinosa guerra mondiale che si era appena conclusa, stava infatti aprendo un nuovo pericoloso fronte d’inimicizia e di sospetto con l’alleato di ieri, l’Urss di Stalin. “Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’ Adriatico”, disse con tono ispirato a metà del suo discorso, “è calata attraverso il Continente una cortina di ferro“.

“Dietro questa linea – spiegò Churchill – si trovano tutte le vecchie capitali degli antichi stati d’ Europa centrale e orientale, Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest, Sofia: tutte queste città famose e le popolazioni circostanti si trovano in quella che debbo chiamare la sfera sovietica e sono tutte soggette, in una forma o nell’ altra, non soltanto all’ influenza sovietica, ma anche ad un controllo assai stretto, e in molti casi crescente, da parte di Mosca…”

“Solo la Grecia, con le sue glorie immortali – concluse Churchill allora – è oggi libera di decidere sul suo futuro con un’elezione sotto l’egida inglese, americana o francese…”.

Agli entusiasti abitanti di Fulton quelle parole suonarono, non a torto, come un appello alla mobilitazione delle intorpidite coscienze occidentali di fronte alla avanzata planetaria del bolscevismo.

L’ invito a contrastare la politica di Stalin era esplicito: “Da tutto ciò che ho visto dei nostri amici russi durante la guerra sono convinto che essi nulla ammirino più della forza, e nulla disprezzino più della debolezza militare”.

“Occorre che i popoli di lingua inglese – è la logica conclusione – si uniscano al più presto per troncare sul nascere qualsiasi tentazione all’ ambizione o all’ avventura”.

Eppure, malgrado l’alto tasso di aggressività, in quel discorso non mancavano i chiaroscuri. La guerra, per Churchill, non era né inevitabile né imminente.

“… Non credo – rassicurava Churchill – che la Russia sovietica voglia la guerra. Ciò che essa vuole sono i frutti della guerra, e l’espansione illimitata del suo potere e delle sue dottrine”.

Un “new deal” con Stalin era dunque necessario. Ma per realizzarlo le democrazie occidentali avrebbero dovuto marciare fianco a fianco…

“Se si dividono o vengono meno al loro dovere, se permetteranno che questi anni cruciali scorrano via – avvertiva infine Churchill – allora la catastrofe può davvero travolgerci tutti”.

Tutto il medesimo discorso venne accolto con costernazione e furore dalle sinistre europee, ma non impressionò più di tanto i dirigenti sovietici….

Nel corso di un’intervista alla Pravda, otto giorni dopo, Stalin replicò duramente che Churchill, prima di diventare il nemico di Hitler, aveva sostenuto a spada tratta, nel 1918-1919, l’intervento contro la Russia, e invocato un accordo con la Germania contro il nascente Stato comunista.

“Io non so – ammonì Stalin – se Churchill e i suoi amici riusciranno o meno ad organizzare un’altra guerra mondiale. Ma anche se ci riuscissero, cosa poco probabile perché milioni di uomini vegliano sulla pace, si può affermare con assoluta fiducia che saranno schiacciati esattamente come ventisei anni or sono”.

Stalin non fu il solo a criticare la durezza del proclama di Churchill. Il governo britannico, per esempio, si affrettò a precisare che l’ex primo ministro aveva parlato senza alcun mandato, cioè a titolo personale…

Così, il paludato Times di Londra giunse a definire “men che felice” lo stile da crociata sfoderato da Churchill in quella occasione, condannando la contrapposizione acritica tra democrazia occidentale e comunismo, due sistemi che avevano …molto da imparare l’uno dall’altro

Oggi noi notiamo solo che allora non era stata compresa la portata del contrasto fra l’ideologia marxista e la “mentalità” che ne conseguiva, rispetto alla morale comunque legata al mondo libero, pur con tutti i suoi difetti e limiti. Il contrasto portò comunque nel dopoguerra ad un tale disastro – nel mondo comunista – che il cosiddetto Occidente dovette intervenire moralmente ed economicamente per sanare i danni provocati dal social comunismo “reale”…

La paura, in quei primi mesi di “guerra fredda” era grande. Le minacce, e la forza, di Stalin non erano sottovalutate da nessuno in occidente… Mentre Churchill parlava a Fulton, infatti, il mondo assisteva preoccupato al movimento di truppe ai confini dell’Iran.

Walter Lippman (giornalista e politologo Usa ‘1889 – 1974’ vincitore di 2 premi Pulitzer) scriveva: “Siamo giunti ad un punto di demarcazione in cui le possibilità della guerra sono più grandi di quelle della pace”.

Frattanto, il monopolio dell’arma atomica da parte degli Stati Uniti non bastava a fugare i più cupi timori…

Ma, per comprendere le ragioni che provocarono il discorso di Fulton sulla “cortina di ferro”, è necessario ripercorrere l’amara stagione vissuta da Churchill nell’ estate del 1945 e nell’ inverno del 1946…

La capitolazione senza condizioni della Germania di Hitler aveva trovato, infatti, un Churchill al culmine della sua gloria. Nessuno, in quel momento, poteva lontanamente immaginare che il grande vincitore della Seconda guerra mondiale avrebbe perduto le elezioni generali che si sarebbero tenute di lì a poco, nel luglio 1945. Eppure, qualche segnale premonitore che l’elettorato inglese potesse riservare delle sorprese, c’ era già stato…

Martin Gilbert, noto biografo di Churchill, scrive che cinque giorni prima delle elezioni – il 21 luglio -, si svolse a Berlino la parata inglese per la vittoria. Churchill e Clement Attlee, il candidato laburista, furono condotti alla tribuna d’ onore su due jeep accolti dagli applausi dei soldati. Il segretario privato di Churchill, John Peck, annotò nel suo diario: “Mi parve decisamente strano che il grande leader della guerra, senza il quale non ci saremmo mai trovati a Berlino, fosse accolto da un applauso nettamente meno entusiastico di Mr. Attlee, il quale non aveva affatto riscosso fino ad allora un grande successo personale tra le forze armate”.

In realtà, non si trattava affatto, come fu possibile accertare poco dopo, di un caso. Gilbert scrive che alle dieci del mattino di giovedì 26 luglio, cioè il giorno delle elezioni, il capitano Pim ricevette i primi risultati: “Il primo ministro era in bagno e apparve certamente sorpreso se non sconvolto. Mi chiese di porgergli un asciugamano e, subito dopo, indossato l’abito blu sirena e con il suo sigaro, si sedette in poltrona nella sala delle mappe, dove rimase tutto il giorno”.

Nella giornata stessa una pioggia di brutte notizie si abbatté sullo stato maggiore conservatore. I laburisti avevano conquistato 393 seggi ottenendo una maggioranza di 146 seggi su tutti gli altri partiti. La débacle dei conservatori era stata sorprendente. Dai 585 seggi ottenuti nel Parlamento del 1935 scendevano a 213.

“Forse – fu il Commento consolatorio di lady Clementine, moglie di Churchill – non tutto il male viene per nuocere”.

“Per il momento – rispose ironicamente il marito – questo bene se ne sta molto ben nascosto…”

Al fido medico e segretario Lord Moran che si lamentava dell’ingratitudine del popolo inglese, il leone sconfitto rispose generosamente: “Non la chiamerei così. Hanno vissuto un periodo molto difficile”.

…Era, però, una calma apparente. Come spesso gli accadeva, Churchill era colpito da attacchi di ipocondria.

André Fontaine, nella sua Storia della guerra fredda, scrive: “…A Churchill nulla andava a genio. La pace, per il suo temperamento ribollente, era già per se stessa foriera di noia… Che cosa mai poteva fare lui nel mediocre paradiso laburista? Come era possibile che si accontentasse di essere il leader dell’opposizione, di fronte a un uomo degno di rispetto, ma così insignificante?”

Churchill, un giorno che era particolarmente bilioso, definì con questa freddura: “Un taxi vuoto si fermò davanti a Downing Street. Ne discese un uomo: era Attlee”.

Churchill, costretto all’ inattività, cercava distrazioni fuori dall’ ingrata Inghilterra. Il settembre lo passò in Italia intento a dipingere quadri a villa Pirelli, sul lago di Como.

Poi arrivò, come una liberazione, nel gennaio 1946, l’invito per un lungo tour in America. Due settimane a Miami. Un soggiorno a Cuba, l’isola prediletta dove, nel 1895, aveva conosciuto il battesimo del fuoco. E, per finire, quell’appuntamento al Westminster College di Fulton per un importante discorso sui rapporti internazionali e sull’ espansionismo sovietico. Fu lì a Fulton, il 5 marzo del 1946, di fronte al presidente Truman e allo stato maggiore della diplomazia americana, che Winston Churchill tornò alla ribalta con quel suo discorso clamoroso, pari per importanza a quello delle “lacrime e sangue” con cui aveva incitato i suoi compatrioti a non indietreggiare di fronte a Hitler.

Churchill aveva intitolato quell’intervento “Discorso per la pace”, ma rimase nella storia per aver segnato la data d’origine della cortina di ferro e dell’inizio della guerra fredda

In effetti Churchill affermò il concetto come si mantenne nel tempo ed anche l’espressione “cortina di ferro” divenuta poi famosa e tale da tenere il mondo nel timore per decenni. Formalmente fino alla caduta del Muro di Berlino. Avvenne il 9 novembre 1989: il Governo della Germania Est annunciò l’apertura della “frontiera” tra Berlino Est ed Ovest. Migliaia di persone si arrampicarono subito sul muro per raggiungere Berlino Ovest.

L'espressione "cortina di ferro" sembra concretizzarsi quando è necessario costruire un muro per evitare fughe dalla Germania comunista.

L’espressione “cortina di ferro” sembrò concretizzarsi quando fu necessario costruire un muro per evitare fughe dalla Germania comunista.

Il mito del social comunismo reale aveva subito un colpo mortale. L’Occidente intero – Italia compresa – dovette tassarsi per risollevare la penosa situazione economica dell’ex Germania Est. Senza tale pesante contribuzione, il governo di Bonn non avrebbe accettato di prendersi in carico i “fratelli dell’Est”. Ciò a dispetto dell’esaltante ritorno della capitale a Berlino…

Prima di Churchill, per la verità, era stato il ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels a utilizzare, il 26 febbraio del 1945 sulla rivista “Das Reich”…

In quell’articolo sosteneva: “…Se il popolo tedesco depone le armi, i sovietici, in base agli accordi presi da Roosevelt, Churchill e Stalin, occuperanno tutta l’Europa orientale e sud-orientale assieme a gran parte del Reich. Una cortina di ferro scenderà su questo enorme territorio controllato dell’Unione Sovietica, dietro la quale inizierebbe un massacro di massa col prevedibile plauso della stampa ebraica di Londra e New York”. Certamente folli i nazisti, ma Goebbels aveva avuto quel giorno una discreta vista…

Colpi di stato silenziosi, ma riconoscibili, assieme agli interventi impropri – in politica – da parte della magistratura, tutti tesi a fare prevalere le ragioni del “più forte” e la prevaricazione socio economica, fanno oggi il resto. Essi finiscono per far passare in secondo piano le stesse colpe della politica tradizionale e della sua storica tendenza alla corruzione.

La main stream mediatica afferma che – dopotutto – anche la guerra fredda sia stata una conseguenza del bellicoso comportamento della Germania Nazista. Tuttavia, il nichilismo contemporaneo dipende, come traspare da quanto scritto sopra, dal duro e spietato comportamento di vari governi, basato su una grettezza economica che poco si discosta moralmente dalla prepotenza dei vecchi sovrani, eredi della mentalità medievale e dei loro ingordi ministri…

(Notizie da più fonti, ordinate e commentate da Germano Scargiali)

*  (Tomàs Maldonado, La speranza progettuale)

Nota. Quanto all’attuale momento della politica mondiale – specie dal punto di vista occidentale – si dice tanto – solitamente in male – di Donald Trump. Ma il suo compito è difficilissimo.Ciò che di più importante e rischioso sta compiendo è di cercare di ingabbiare o arginare l’ottusa mira imperialistica dei potentati americani a favore di una politica economico finanziaria più sensata e realistica, cioè “possibile”… Il suo compito difficilissimo consiste, invece, nell’arginare la crescita del Mediterraneo. Obama lo aveva fatto maldestramente e con l’uso della violenza.  Trump sta cercando di giungere a delle trattative. Da qui la mano tesa non solo a Putin…

Il Mediterraneo sta per giovarsi del traffico mercantile, che è il fulcro della intermodalità dei trasporti. Le grandi navi (gigantismo) non hanno motivo o addirittura non possono transitare da Panama. Sceglieranno sempre più Suez che ha una doppia corsia, non ha le chiuse e dispone dei “fatidici” fondali da 16 mt. Inoltre, nuovi arrivi e ripartenze si prevedono da e per il Mar Nero attraverso il Bosforo… Lì c’è un altro “mondo che  cresce”.  E’ come se un flusso di sangue arterioso venga adesso a nutrire le coste mediterranee, in buona parte a discapito degli oceani… (G.S.)

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