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Attenti all’UE: come perseguita l’Italia e perché

Bitcoin: le monete "alternative" sono una nuova "follia" per surrogare le follie monetarie che vengono dall'ufficialità. Bitcoin è una criptovaluta e un sistema di pagamento mondiale creato nel 2009 da un anonimo inventore, noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto.

Agli strenui sostenitori dell’Euro si oppongono non solo innumerevoli persone prive di formazione specifica in tema di economia, finanza e …moneta. Sappiamo da sempre dei tanti e qualificati economisti, anche i Nobel, che parlano persino di “patacca”…

No, non è la panacea. E' stata un'imposizione: e ...chi non vuole l'Euro non è europeo. Anzi è ...conrpo l'Europa.

No, non è la panacea. E’ stata un’imposizione: e …chi non vuole l’Euro non è europeo. Anzi è …contro l’Europa.

In effetti, l’Euro fu costruito poggiando sui due principi: primo la stabilità dei prezzi – tutta da costruire e ingenerare nel …sistema – più una sorta di altro “must”: il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio.

Queste due “colonne portanti” avrebbero dovuto favorire la crescita economica, mentre l’adozione di una moneta unica avrebbe avuto la prevedibile “qualità” di condurre alla convergenza della crescita negli svariati Paesi che l’avessero adottata ed anche – perché no – l’aumento del reddito pro-capite. Quindi, del benessere generalizzato.

Fingiamo, per un attimo, di non conoscere, oggi, il “domani” di quei lontani giorni del …secolo scorso che possiamo ridatare con una certa precisione al momento del Trattato di Lisbona, noto anche come Trattato di riforma – e ufficialmente Trattato di Lisbona – che modificò il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, il giorno 13 dicembre 2007 (data formale d’inizio dell’UE che conosciamo).

Di quei presupposti”, che erano sostanzialmente tre, su cui fu basata la “logica dell’Euro” solo quello dei benefici della “moneta unica”, che avrebbe tout court “semplificato grandemente gli scambi economici” fra gli stati aderenti aveva una chiara e positiva logica: essa era più che una parvenza… Mentre l’azzeramento (tendenzialmente totale) della svalutazione (stabilità dei prezzi) poteva e avrebbe dovuto sembrare da una parte una chimera, dall’altra un danno per lo sviluppo e la crescita. A meno di non avere una vera e propria: mentalità da ‘ragazzini’… Nel senso che bastava aver lavorato un paio d’anni nell’imprenditoria e nel commercio, per sapere benissimo che la svalutazione aiuta chi investe, quindi chi lavora e produce. Intendiamoci: beni e valore aggiunto, niente hai detto. Qualcuno definiva – fino ad allora – la svalutazione come il …volano dell’economia. Potremmo aggiungere che solo chi abbia il “coraggio di indebitarsi” ha, di regola, una speranza di crescere. Anche se vi sono dei”maghi” al mondo che guadagnano e arricchiscono senza indebitarsi. Ma rappresentano l’eccezione…

La bitcoin, in effetti, fa subito pensare all'euro che non funziona.

La bitcoin, in effetti, fa subito pensare all’euro che non funziona. Ma non c’è dubbio  che sia difficilmente proponibile o si dovrebbe trovare un improbabile sistema di controllo su quanta immetterne e sulle ripercussioni rispetto al mercato e al valore della moneta  ‘ufficiale’.

Invece, l’ormai “famoso” perseguimento dell’equilibrio di bilancio dello Stato (capiamoci bene!)  e la successiva adozione del principio del rapporto Debito–Pil (sempre una qualità dei conti dello Stato), frutto – oltretutto – della pura fantasia di un economista francese, privo di un minimo fondamento tecnico – scientifico, non aveva e non ha, comunque, alcuna relazione né con l’andamento, né tantomeno con la ripresa dell’ economia. Più esattamente con la salute del mercato, con il buono e sano andamento della “produzione” (che sarebbe, inoltre, in senso lato, il risultato di varie e multiformi componenti, di carattere tecnico, oltre che economico finanziario, ma anche culturale, sociale, umano). Che cosa c’entrano mai il deficit dello stato e il rapporto Debito-Pil.  Si può dire che il riferimento al Pil sia un aggancio all’economia reale, ma è solo un vago rifermento…

Non vi è dubbio che quei principi di partenza si presentassero come genericamente “liberisti”, tanto per dare loro la caratterizzazione ideologica che li contraddistingue: erano stati posti soprattutto a fondamento del Trattato di Maastricht. Ma lo sono realmente e in concreto? Diremmo: tutt’altro. Sono principi che hanno dietro una perniciosa visione “statalista” della realtà non solo economica, ma anche finanziaria: magari – vogliamo dire – fosse vero che lo Stato avesse la capacità e anche la forza di assumersi un ruolo in materia di …corretta finanza. Lascia, invece, il ‘pallino’ in mano al ‘potere bancario‘. Come attendersi – dunque – qualcosa di veramente …buono? Il potere bancario fa smaccatamente “il proprio interesse”, non certo quello dello Stato e, tanto meno, della Nazione,cioè dei cittadini…La miopia è la ‘dote” più costante del potere bancario. Prestare il parapioggia col sole o anticipare denaro a chi già ce l’ha sono dolo i sintomi più elementari. Le banche giocherebbero al lotto anche una cinquina, ma solo quando conoscessero tutti e 5 i numeri che usciranno. contraendo, possibilmente, anche un’assicurazione. Nonostante questo vengono truffate…

Ma quei principi di Maastricht – anche in astratto – sono economicamente validi? La critica già da noi mossa a priori dimostra tutta la loro fragilità…

La poco raccomandabile i immagine di J. C. Juncker,uno dei più influenti personaggi dell'Ue, certamente ben disposti al ruolo di "viceré".

La poco raccomandabile immagine di J. C. Juncker, uno dei più influenti personaggi dell’Ue, certamente ben disposti al ruolo di “viceré”.  Juncker è noto pure per le sue sbornie…E’ passato incolume attraverso un’indagine difficilmente infondata che lo imputava di riciclaggio di altissimo livello… Visibilmente non si preoccupa neanche di rendersi presentabile: non va dal barbiere e non sicura i denti…

C’è, però, di peggio: chi avesse buona memoria “di allora” ricorderebbe che essi furono propugnati come validi e corretti da chi facesse parte – perché lo si sa – di quelle ‘accolite’ di stampo massonico, genericamente atteggiate come “di sinistra”, incluse quelle tendenzialmente “cattocomuniste”. Caratteristico il…tono: la “cosa” era “fatta”, decisa, era il meglio, la panacea, ciò che si “dovesse” comunque fare. Tipico, tipico, tipico….

Non c’è riflessione, riferimento tecnico culturale che conti in quei momenti… L’Ipse dixit, condito da apparenti ragioni e ragionamenti, è il “pane” di quelle accolite… E tutt’oggi il”coro dei media”, il “giornale unico” non ha dubbi: l’euro è cosa buona e giusta, mentre chi ne parli male è un’ignorante anti europeo..

Ma torniamo alla “logica”, cioè a qualcosa che “abbia l’aria” di un vero “ragionamento”, anche elementare, di scienza economica e finanziaria.

Innanzi tutto bisogna sottolineare come non vi sia correlazione alcuna, tanto meno di carattere positivo tra equilibrio di bilancio e crescita.

I principi di Maastricht si fondano su un presupposto che non trova riscontro nell’analisi economica, ovvero che ridotti livelli di deficit sul Pil aiutino la crescita. Basti pensare a come sia stato individuato il criterio del limite del 3% sul Pil, deciso in meno di un’ora e senza nessuna base teorica, come ha ammesso il suo stesso …inventore, il francese Guy Abeille.

Quel parametro del 3% è stato del resto da molti, più volte contestato. Ma l’Europa continua a tormentarsi attorno a quei numeri… In secondo luogo va osservato che con la lira il reddito pro capite dal 1968-1998 era cresciuto del 104%. Dal 1999 (anno in cui viene fissato il cambio irreversibile con l’euro di 1936,27 lire), al 2016 è invece calato dello 0,75%. Non è su questo che intendiamo insistere, dal momento che oggi molti ammettono anche che nessuno di quei due principi si sia realizzato. Proprio la moneta italiana o …italianizzata (con il solo riferimento possibile, cioè al valore della lira) è stata, quindi anche danneggiata.

Chiediamoci dunque: perché quei principi avrebbero dovuto essere giusti, se in pratica sono stati così clamorosamente smentiti dai fatti? L’ idea che spesso si avanza è che, sia che i principi fossero buoni e i cattivi, sarebbero “gli italiani, a non essere “abbastanza bravi” nell’applicarli.

Se, però, con il cambio fisso un Paese rinuncia all’ opzione della svalutazione, ci deve essere una contropartita in termini di redistribuzione fiscale. Se questa, invece, viene a mancare – di fatto e di diritto – non resta alcun rimedio da adottare in caso di dunque, ostacolerà un tracollo che porterà, alla fine, all’ emigrazione come sola alternativa alla povertà generalizzata? Sono concetti che la letteratura specifica ampiamente ribadisce. Validi economisti mettono in discussione il modo in cui si intendeva procedere al momento dell’introduzione della moneta unica… Invece è stato risposto seccamente che “i critici erano contro l’Europa”. La realtà è che gli stati con il bilancio (dello Stato) in peggiori condizioni abbiano condiviso la moneta, ma non il debito. Ciò è costato all’Italia circa 35 miliardi di euro all’ anno.

Se oggi la povertà risulta crescente, ciò è proprio conseguenza della costruzione dell’euro. Per un’opinione “strombazzata”, soprattutto mediaticamente (ed ecco una controprova…), oltre che dalla Germania e dalla Francia, invece, la colpa continua ad essere non dell’euro, ma del fatto che gli italiani non siamo stati in grado di accettare le nuove sfide poste dalla globalizzazione.

Ma metiamo banalmente a confronto la produzione industriale dell’Italia e della Germania, prima e dopo l’introduzione della moneta unica. Prima l’Italia aveva una produzione industriale superiore a quella tedesca e in crescita tra gli anni 1992-1995, proprio grazie alla svalutazione della lira. Dopo l’euro, dal 2002 in poi, inizia il sorpasso della Germania nei confronti dell’Italia: il meccanismo è dovuto ai differenziali di inflazione più bassi della Germania, con i quali questa ha acquisito competitività rispetto alle nostre merci. L’ Italia nei primi anni dell’euro aveva un’inflazione più alta della Germania, e incontrava difficoltà quasi insormontabili ad operare una svalutazione del cambio, che le avrebbe consentito di recuperare il terreno perduto nei confronti della produzione industriale tedesca.

E’ iniziato, così, il “calo” nella produzione industriale italiana. Che, tuttavia, forse con “smacco” di qualcuno men noto, non tende allo zero… Esso è stato anche acuito da contestazioni di ordine “morale”, in fatto di opportunità ecologica, salute pubblica, che prima non si ponevano. Ed anche l’effetto della “caccia alle streghe” scatenata per motivi politici interni (almeno all’apparenza) ha finito per nuocere alla realtà della classe imprenditoriale e – in definitiva – della produzione. Moralizzare in una realtà come quella italiana, può risolversi – specie ‘a breve’ – in un lusso. Un lusso ulteriore, a fianco delle tante “riforme” di carattere ‘civile’, imposte oggi per sani motivi di ‘coscienza’ ma non certo ‘lesinati’ dall’UE in particolare.

Prima dell’euro l’Italia superava, ormai, la Germania e ben lo sapevano gli organizzatori di fiere campionarie specializzate in tutta Europa, laddove la presenza italiana sui mercati esteri era passata sia pur di poco in testa a tutti…

Dopo l’euro, è tornata in testa, invece, la Germania, che ha sfruttato una moneta fortemente sottovalutata. Ma questo è solo uno dei”contentini” dati a Berlino… Non è il primo: ricordiamo appena, anche, quanto volle per annettersi quei “morti di fame” dell’Est… Nonostante questo, anche il popolo tedesco è stanco dell’UE, perché almeno il popolo, è “più intelligente” delle banche e del suo stesso governo (Merkel).  Che vale alla lunga dominare un’Europa che tena assomigliare in qualche modo alla Germania Est?

Ma sia chiaro: c’è visibilmente “in giro” chi preferisce lucrare su valori assoluti limitati, ma sempre costituiti da numeri altissimi (i numeri che fa il Mondo), che non far crescere quei numeri e rischiare – magari – non avendo contratto una polizza assicurativa, di perderne il controllo!

Traspare oggi come la fissità del cambio abbia svolto un ruolo determinante sui problemi che sono sorti. Ritornando alla lira, si potrebbe svalutarla, se fosse ancora la moneta italiana. Dunque l’Italia potrebbe tornare ad essere competitiva…

Si fa largo, però, la pronta replica: svalutandola crescerà l’inflazione. Vale la pena soffermarsi su questo punto? Certo! Frattanto,la svalutazione aiuterebbe il mercato interno più di quanto non gli nuocerebbe: purché non sfrenata…  Figuriamoci quello verso l’estero! Anche qui non indiscriminata…

La svalutazione è un deprezzamento del tasso di cambio nominale verso un’altra valuta. L’inflazione è l’aumento annuale di un determinato paniere di beni scelto dall’Istat come riferimento. Ma questa è una, neppur nuova, “fake news” anch’essa: si sostiene che il deprezzamento dell’uno (il cambio) porti all’incremento dell’altra (l’inflazione). Non c’ è nessuna evidenza constatabile che dimostri che una svalutazione del cambio comporti necessariamente un aumento dell’inflazione all’interno. A questo proposito basti citare la svalutazione della Lira verso il Marco del 1992, quando era legata ancora allo Sme, l’accordo di cambi fissi che iniziò – in realtà – a danneggiare già l’economia italiana.

Prima del 1992 il cambio fisso era di 750 lire per marco; dal 1992 al 1995 la lira svaluta del 50% verso il marco, ma l’inflazione addirittura scende dal 5,2% del 1992 al 4,1% del 1994, per poi ritornare al 5,2% del 1995.

Come si vede, la svalutazione non produce l’incremento dei prezzi e lo stesso può dirsi anche per la svalutazione giapponese del 2012 o quelle di Gran Bretagna e Svezia del 2008.

Su quella svalutazione della lira rispetto al marco si racconta una circostanza relativa all’anno 1994. Si espose, addirittura, in Germania, per spiegare ai cittadini l’euro in maniera più comprensibile, la descrizione aneddotica che segue…

Nel 1994, pochi giorni dopo la svalutazione della lira, nell’acciaieria Klöckner -Mannstaedt il morale era terra. Si dovevano licenziare dei lavoratori… La lira, poi, andò giù. Cinque giorni dopo gli italiani avevano cancellato tutti gli ordini a quest’acciaieria tedesca. A causa della svalutazione della lira avrebbero dovuto pagare le fatture in marchi e sarebbero servite farlo servivano molte più lire di quante non sarebbero state necessarie prima. Decisero, pertanto, di spostare tutti gli ordini verso altri paesi.

Tali esempi mostrano come le turbolenze valutarie fossero più pericolose per la Germania. Per questa ragione l’euro è una buona cosa, ma soprattutto per la Germania stessa. Effettivamente, la spiegazione dei vantaggi dell’euro per i tedeschi è chiarissima. Già il concetto e la realtà del cambio fisso sono, invece, un danno per paesi come l’Italia.

C’è però, in tutta la politica finanziaria monetaria imposta dall’UE (o dall’UE dall’esterno?) un chiaro seme distruttivo che contraddice i più elementari e generalissimi principi economici.

L’Euro e la logica monetaria e finanziaria europea, assieme alla politica di Bruxelles stanno ormai facendo a pezzi, o quasi, quello che una vota era definito “il Bel Paese”.

La costatazione della realtà visibile lo dimostra e non è esente dagli echi di una chiara gelosia per lo sviluppo in corso nel Mediterraneo, che fa parlare – ormai, almeno dal primo decennio del 2000 – di Neo Rinascimento di quello che i Romani definivano Mare Nostrum. Tale gelosia si somma quella ben maggiore di chi coltiva ormai da quasi mezzo millennio, la politica oceanica, atlantica in particolare. La domanda è: come non difendersi!

Testo raccolto e commentato da Germano Scargiali

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Nota. La “verità sottostante” a ciò che vediamo accadere dal momento immediatamente successivo all’evidenza del boom economico, “scattato” letteralmente attorno al 1960, è che “la salute” del libero mercato è così forte dall’aver resistito a “tutto ciò” che è stato successivamente tentato per fermare la crescita: contestazioni giovanili assolutamente intempestive, male indirizzate e culturalmente (molto) discutibili, ma questa sostanziale inconsistenza fu una fortuna; rivendicazioni sindacali, in parte sacrosante, ma nate in anticipo (si parlò di ridurre le ore settimanali a 36 o meno, il che è negativo per la ‘dinamica’ di molte produzioni; imposizioni di regole di identico rigore e tipologia ad aziende di grandi e piccole o piccolissime dimensioni; estensione di fatto e di diritto del contratto dei metalmeccanici per l’industria agli artigiani, anche per le botteghe piccolissime; penalizzazione dell’auto occupazione di ogni tipo, cioè sia artigiana, sia professionale; introduzione dell’Iva al posto dell’Ige e obbligo del …consulente per tutti; più di recente, l’imposizione dell’Imu ai piccoli proprietari di case (incostituzionale) assieme alla pratica impossibilità alla stragrande maggioranza dei cittadini  di conservare i risparmi e fruire del relativo reddito proveniente da piccoli capitali (indicati spesso a bella posta come…medi).

Al massimo livello, il peggio è stato quello di …rompere il giocattolo che funzionava: quell’impostazione nazionale e sovranazionale della politica monetaria – o meglio di quella delle monete – nel mondo libero, che era scaturita dal pensiero Keynesiano, dal piano Marshall (che deluse gli americani, i quali non riuscirono a dominare conseguentemente, come speravano, gli stati aiutati) e dal trattato Bretton Woods. Viene da aggiungere un improprio …e successive modificazioni. Si auspicherebbe il buon funzionamento del FMI e dell’intera Troika: oggi se ne parla come completata dalla  Commissione Europea e dalla BCE, ma si comprende quanto, in tempi di globalizzazione, sia limitata questa …visione.

Una vera Troika, secondo la logica di Keynes e di Bretton Woods, non dovrebbe avere confini in un solo continente. Siamo in tempi in cui comunicazioni e trasporti stanno trasformando il Mondo in una sorta di “giardinetto”. Lo voglia o meno l’ipocondria, diffusa fra tanti, che vede l’imminente e lontano futuro in termini di risparmio, riciclo, carenza ed altre amenità…

Fra queste persone (e nelle campagne mediatiche) trova albergo a lezione del “rigore” che è – invece – da …imbecilli (M. Pantaleoni economista italiano eccellente, precursore di V.Pareto,  nel 1910 circa), soprattutto in momenti di mero “ristagno” dell’economia e della produzione. La quale, oggi, con l’uso delle materie plastiche, le prospettive degli Ogm (plastiche di provenienza anche vegetale), della coltura in serra e l’imminente utilizzo dell’energia atomica (fissione), non ha praticamente alcun limite prevedibile. Già adesso è enorme (anche la fissione atomica non è combustione e non produce neppure la temuta CO2). La grande capacità del”sistema” spontaneo in regime di mercato è enorme e- come abbiamo cercato di spiegare – ha stupito favorevoli e contrari. Anche perché molta economia (sommerso, nero e illecito) sfugge, senza rimedio, ad ogni controllo…

Dei limiti bisogna, se mai, crearli. Cosa che fa ampiamente, in anticipo e, oltre misura, questo oscuro potere mondiale cui certamente alludiamo sopra, il quale è certamente riuscito a rallentare la crescita, ma non a bloccarla fino a regredire, come avrebbe voluto e vorrebbe.

Val la pena di ricordare che in Oriente (Far East) gli economisti hanno osservato che l’autolesionismo dell’UE è tale che, se tutto il mondo facesse altrettanto, sarebbe prossima una sorta di apocalisse. Perché è chiaro che, data l’irrefrenabile globalizzazione in atto, l’Europa sta marciando in buona  parte, quantomeno, a rimorchio del resto del mondo e dell’Oriente in particolare. Lo vogliano o no l’Atlantico e quegli stati europei che gli fanno ottusamente da vassalli. L’Inghilterra ha combattuto le due guerre a fianco degli Usa contro l’Europa e la Francia si illude che le convenga esserle complice.  Ancora spiegazioni? Che cosa volete di più?

Germano Scargiali

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