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Benedetto XVI mette “il dito nella piaga”

Bergoglio e Ratzinger fra abbracci e dissenso.

La piaga della pedofilia presa ad esempio e simbolo delle devianze morali della società contemporanea. E’ il tema della lettera di Papa Benedetto XVI sulla morale dei nostri giorni…

Siamo assolutamente contrari a ritenere che sia in corso una sorta di deriva irreversibile: il mondo moderno – del resto – è ricco di esempi di bontà, atti di generosità e di altruismo, oltre che di fede, ma soprattutto continua a crescere nel lungo termine rivolto al meglio, grazie al perfezionarsi delle norme di legge, del costume, della tecnologia, della cultura antropologica. Chi afferma il contrario sbaglia visibilmente o appartiene a quella realtà del Male che dice di condannare. O, se preferite, ne è vittima…

Non c’è dubbio – però – che assistiamo a visibili storture, che calpestano la tradizione cristiana formatasi alla scuola del Vecchio e Nuovo Testamento e a quella della stessa storia successiva, che corre dalla nascita di Cristo e ad oggi.
 Si cominci – fra parentesi – a notare come la nascita di Gesù sia considerata l’inizio di una nuova era, tanto da far ripartire “per tutti” il calendario da zero… Seppure non era Dio, è certo stato un grand’uomo. Probabilmente resta il più grande della storia…

Quindi, per usare un linguaggio semplice e diretto: andiamoci piano a modificare la tradizione che ci ha tramandato e che è stata spiegata dai padri della chiesa e da filosofi del calibro di San Tommaso e Sant’Agostino…

E’ appena il caso di citare – ancora una volta – una nota opera di Benedetto Croce, anche se non lo apprezziamo fino in fondo per altri versi: “Perché non possiamo non dirci cristiani“. Non c’è niente di più vero: il nostro costume, i nostri codici sono tutti improntati alla civiltà greco romana e al cristianesimo che, in sostanza, non la rinnegò. Tolse di mezzo “gli dei falsi e bugiardi” e aggiunse quell’ampio concetto di carità, misericordia, fratellanza che lo caratterizza.

Tanta costruzione fatta di religione, di fede e di contenuti morali e civili passati attraverso il Medio Evo e il Rinascimento, con il susseguirsi di stili che inneggiano a quella stessa religione, come il classico, il gotico e il barocco (che simboleggiano i fondamentali atteggiamenti che, contrastandosi, combattono l’animo umano) va certamente tenuta in gran conto. Quanto alla morale, di essa – e della sua evoluzione – non si può parlare in modo rettilineo: come per le variazioni climatiche, già la Bibbia parla di corsi e ricorsi, di differenti atteggiamenti, come conseguenza di fattori storici e geografici, ma spesso difficili da  individuare e definire…

Siamo banali se ricordiamo Sodoma e Gomorra? Eppure qualcuno pare dimentichi quei momenti, quegli episodi biblici…

Oppure dobbiamo citare la Semiramide dantesca, forse poco storica, ma fortemente – quasi plasticamente – simbolica: “…che libito fé licito in sua legge per torre il biasmo in che era condotta”.

E la storia – com’è di regola – si ripete.

Ratzinger scrive una lettera attribuendo la deriva morale cui assistiamo al 68, alla sua “mentalità”, alle false mete indicate.

Nei giorni scorsi chi scrive queste righe aveva qui condannato il 68 (vedi motore di ricerca) anche sul piano materiale: l’errore, l’intempestività di quelle richieste che “scattarono” proprio quando la ricostruzione si era trasformata nel “boom” e la povertà delle grandi città italiane, come Napoli, Palermo e la stessa Genova si era ridotta ad una realtà quasi “minima” rispetto a quelle di 10 anni prima e di sempre (800, primi 4 decenni del 900).    

Adesso il Papa emerito torna a parlare, dopo mesi di silenzio in cui è stato rispettoso della condizione (inusuale) di pastore dimissionario (o …dimissionato) della Santa Sede. Può farlo perché è ancora Papa,nonostante tutto, e la chiesa non se l’è sentita di “escluderlo” da ogni potere, ma solo da quello che -con un po’ di libertà-  potremmo definire “esecutivo”.

Joseph Ratzinger prende, dunque, l’iniziativa e scrive 18 dense pagine di commento “a seguito della diffusione delle sconvolgenti notizie di abusi commessi da chierici su minori”. Un intervento importante, reso pubblico solo dopo “contatti” con “il Segretario di Stato e con lo stesso Papa Bergoglio” che dà il suo sì. Del resto, il pensiero del suo predecessore – come altre volte è avvenuto – si sarebbe rivelato comunque… 

La lettera inevitabilmente diventa uno scoop, anche perché arriva a pochi giorni dalla conclusione della riunione di tutte le conferenze episcopali del mondo sulla pedofilia.

Se Benedetto XVI ha deciso di puntualizzare il proprio pensiero in merito agli abusi, un motivo dev’esserci. Quale sia, non è dato sapere… Forse il Papa emerito non ha condiviso a pieno le conclusioni della riunione dei vescovi mondiali. O forse intendeva solo mettere un punto fermo per impedire il “collasso morale” della Santa Sede e di tutto l’impianto della “sposa di Cristo”.

Ratzinger conosce a fondo i problemi della pedofilia nella Chiesa. Sa tutto, perché “al momento del deflagrare pubblico della crisi e durante il suo progressivo sviluppo” era “in posizione di responsabilità”. E per “contribuire” ad una “ripresa”, individua all’origine di tutti i mali quel ’68 che tanto ha rivoluzionato la sfera sessuale dell’intera umanità, specie quella occidentale.

“Un processo inaudito – scrive – di un ordine di grandezza che nella storia è quasi senza precedenti. Si può affermare che nel ventennio 1960-1980 i criteri validi sino a quel momento in tema di sessualità siano venuti meno e ne sia risultata un’assenza di norme alla quale nel frattempo ci si è sforzati di rimediare”.

E’ un’accusa grave e profonda. Espressa da chi in quegli anni veniva additato da alcuni ambienti progressisti della Chiesa come “il passato”, come il teologo “troppo” ancorato alla Tradizione di …Santa romana Chiesa.

Nella lettera Ratzinger analizza i fatti avvenuti in Germania, che è quella che conosce meglio. E’, però, chiaramente all’intero mondo occidentale che pensa, quando critica, specie nei modi, la precoce introduzione “dei bambini e della gioventù alla natura della sessualità”. Condanna i film pubblicizzati dagli stessi ministri tedeschi che propagandarono da un certo momento …tutto ciò che sino ad allora non poteva essere mostrato pubblicamente, rapporti sessuali inclusi.

L’apertura pubblica alla pornografia e la completa libertà sessuale, sbandierata dalla rivoluzione detta del 1968, hanno condotto col tempo all’abolizione di ogni norma, di ogni regola o freno. Addirittura, sempre nel ’68 venne “diagnosticata” la pedofilia “come permessa e conveniente”.

“Mi sono sempre chiesto – scrive Papa Benedetto – come in questa situazione i giovani potessero andare verso il sacerdozio e accettarlo con tutte le sue conseguenze. Il diffuso collasso delle vocazioni sacerdotali in quegli anni e l’enorme numero di dimissioni dallo stato clericale furono una conseguenza di questo vistoso processo”.

Assieme ai sessantottini arrivò anche il “collasso della teologia morale cattolica” che rese la Chiesa “inerme di fronte a quei processi nella società”.

Ratzinger punta il dito contro chi affermò che “la morale dovesse essere definita solo in base agli scopi dell’agire umano”. Lo spieghiamo così: il Papa biasima l’ingresso del relativismo etico nella riflessione cattolica sulla vita: niente sarebbe buono o cattivo in assoluto. Dipenderebbe da …valutazioni relative. Ed è proprio quando viene messa “radicalmente in discussione l’autorità delle Chiesa in campo morale” che iniziano – secondo Ratzinger – gli attuali forti problemi degli abusi sessuali.

Su Palermoparla abbiamo spesso usato l’espressione “relativismo etico”, ovviamente per condannare il fenomeno. Esso è anche conseguenza di un edonismo individuale assoluto, cui è concessa una forma di libertà che degenera …sotto forma della (per altro) auspicata libertà nell’arbitrio. In realtà l’uomo occidentale di oggi non gode delle vere libertà che l’evoluzione dovrebbe garantire, ma viene con un permissivismo che ad un “potere” (visibilmente ottuso) …non costano nulla. Anzi, in qualche modo possono rendere del business!

Il sesso inteso come gesto di moderna libertà e sganciato dal sentimento è certamente la base di tante storture. E’ il sesso “fine a se stesso”.  Probabilmente è anche al centro del proliferare dei delitti a sfondo “amoroso – sessuale” che si verificano.

Tuttavia, non è il solo: la leggerezza con cui è stata applicata la legge 194 sulla depenalizzazione dell’aborto, definito eufemisticamente con la sigla ivg (interruzione volontaria di gravidanza), ma anche la larghezza con cui si tende a consentire l’eutanasia, sono manifestazioni che hanno la stessa radice. E risultano, un po’ a sorpresa, una ennesima manifestazione di consumismo: anche qui lo spirito del’68, essendo improntato al materialismo (…sor parùn dalli belli braghi bianchi para li palanchi…), alle rivendicazioni salariali, proprio nel momento in cui le paghe e la capacità d’acquisto erano cresciute – spesso in modo esponenziale – è stato terreno fertile di manifestazioni consumistiche. Del resto non ci si poteva aspettare che materialismo da chi si ispirava ad una corrente di pensiero la cui definizione non andava al di là di “materialismo storico“…

Ad una società il cui male era già divenuto il consumismo si opponeva una richiesta materialistica di maggior consumo, sia pure da parte della classe povera che era già divenuta, però, “ex proletaria”.

Oggi si consumano – anche quando ciò avviene a costo zero – anche il divorzio, l ’aborto, l’eutanasia… Lo spirito, spesso, è sostanzialmente “quello”. O anche quello…

Si “consuma” anche la pedofilia, tanto che in Olanda si era parlato di consentirla, come il matrimonio con animali, se non con oggetti inanimati. Tutto ciò che sta nel mezzo di questi “eccessi” lo sappiamo benissimo…

E’ chiarissimo che siamo di fronte a momenti degenerativi. Ma chi lo afferma nei casi specifici può, ormai, essere punito, anche “a norma di legge”. Dante sorride pensando a come disegnò la sua Semiramide, la regina che, secondo la sua interpretazione storica, esattamente …”libito (cioè tutto ciò che le piacesse) rese lecito per legge, rimediando al biasimo generale che la additava”. 

Benedetto XVI è “esploso” a queste premesse, rivolgendo un “J’accuse” null’altro che ad un simbolico “re nudo”.

“…In diversi seminari – scrive il Papa emerito – si formarono ‘club‘ omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il ‘clima’ nelle scuole sacerdotali. “… Santa Sede sapeva di questi problemi”, pur “senza esserne informata nel dettaglio”, ma non riuscì a frenare la deriva progressista.

Ratzinger critica – nella sua lettera – quei prelati che “rifiutano la tradizione cattolica” in nome di “un nuovo rapporto con il mondo” e una “moderna cattolicità“. Si lamenta di come in alcuni seminari “studenti sorpresi a leggere i miei libri venivano ritenuti non idonei al sacerdozio”. È così che, negli anni Ottanta, la pedofilia inizia a diventare “una questione scottante”.

Un cancro – accusa Papa Benedetto – che ha potuto “raggiungere una dimensione del genere” a causa dell’assenza di Dio nella “società occidentale”. Una società “nella quale Dio nella sfera pubblica è assente e per la quale non ha più nulla da dire”.

Con la “morte di Dio”, relegato ad un “fatto privato di una minoranza”, non si è però conquistata la libertà, come si credeva, ma si è perso “il senso che offre orientamento”.

“Teorizzata ancora adesso, non tempo fa – scrive il Papa emerito – come del tutto giusta, la pedofilia si è diffusa sempre più. Adesso, scandalizzati, riconosciamo che sui nostri bambini e giovani si commettono cose che rischiano di distruggerli. Che questo potesse diffondersi anche nella Chiesa e tra i sacerdoti deve scuoterci oltre misura”.

Vien da pensare che la lettera possa essere una sorta di testamento di uno dei più grandi teologi del nostro tempo. Benedetto è stato in grado di coniugare Tradizione e rinnovamento senza cedere al progressismo cattolico. Non è forse riuscito a impedire che questo prendesse piede, anche a causa delle resistenze interne del Vaticano. Ma da pastore, sebbene all’angolo, non poteva non chiarire che cosa possa significare “rinnovamento” per la Chiesa. Questo testo è, quindi, da ritenere fondamentale.

Il papa emerito, che vive ancora in Vaticano, per la verità, si era mantenuto prudente, ma non muto sui fatti della Chiesa. Adesso ha invitato i cattolici “a riconoscere Dio …come fondamento della nostra vita e non accantonarlo come fosse una qualsiasi parola vuota”.

Questa indicata è la sola via possibile per evitare di cadere nel baratro sul cui orlo l’Occidente è in bilico da tempo. Occorre smetterla di declassare l’Eucaristia a gesto cerimoniale.

“…Non abbiamo bisogno di un’altra Chiesa inventata da noi. Una Chiesa “nuova” non rappresenterebbe una ‘speranza’, ma la declasserebbe, come già appare, in …una sorta di “apparato politico”.

Benedetto XVI, infine, ricorda che “sì, il peccato e il male sono presenti”, ma “…c’è pure una Chiesa santa, che è indistruttibile“. È ai “martiri” odierni che occorre aggrapparsi, nonostante tutte le apparenze contrarie, per non cadere nella “proposta del diavolo” di un “cattolicesimo “fatto da noi”. La via che  Ratzinger indica è quella di una Fede che riscopra l’identità cattolica e che condanni l’evoluzione negativa dei costumi occidentali scaturita dalla mentalità del ’68.

(Testi raccolti e commentati da Germano Scargiali)

NOTA

I differenti punti di vista in fatto di religione non devono scandalizzarci. Così come la presenza del male “ovunque”. Perché ovunque è anche il Bene. E’ovvio che le vicende e gli stessi accadimenti umani sono legati alla spontaneità o, se preferiamo, al concetto di libertà. Liberi si è anche di abbracciare il Male. Ma casuali sono anche gli accadimenti. Come tutti gli uomini possono peccare o essere protagonisti di atti eroici, così gli accadimenti possono essere positivi o negativi. Dio interviene probabilmente soltanto “quando lo ritiene”. Aiuta l’umanità e l’individuo nella lotta contro il Male: questo si manifesta di continuo in mille modi. In alcuni casi, secondo la nostra religione, Dio interpone il proprio aiuto, ma secondo una logica che non è dato all’umanità interpretare.

Scriviamo questo perché nulla ci sorprenda, neppure questo strano dissenso fra il papa emerito e chi – in qualche modo – gli è  succeduto. Sappiamo bene – anche – come tutti i papi abbiano fatto ricorso regolarmente al confessore. Alcuni, come tutti gli uomini, si sono mal comportati. La natura – senza dubbio – è affidata a “leggi naturali” e la vita sulla terra a leggi terrene.

Quanto all’omosessualità nei seminari, siamo certi che il fenomeno fosse diffuso prima del 1968. E’ certo che la mentalità del permissivismo che lo seguì abbia acuito il fenomeno, che però affonda di certo le sue le radici nel problema della laicità imposta a tutti i preti. Una revisione, a questo punto, non sarebbe male. Sarebbe una svolta epocale che imporrebbe studi articolati e profondi. 

Un altro motivo di riflessione è che lo stesso San Francesco,oltre a chiedere (proprio lui) al Signore che gli desse “fede forte e ferma”, diceva di vedere il Male personificato nel Diavolo, di lottare strenuamente contro di esso, e di andare soggetto a forti tentazioni. Accostiamo tutto ciò al “…chi non ha mai peccato scagli la prima pietra” di Gesù. Diciamo tutto ciò per richiamare l’attenzione sulla grande comprensione che dobbiamo avere per il peccato altrui. Dobbiamo, invece, essere intransigenti e incontentabili (nel bene) riguardo noi stessi.

L’esperienza di padre Pio materializza sia il Male che il Bene: il Diavolo giungeva a picchiarlo perché lui non peccava e il santo invocava l’Angelo perché gli desse man forte.

(G.S.)

NOTA 2

Diciamo in altro articolo ma lo ripetiamo in forma sintetica…

Il cosiddetto ’68 conteneva alcuni errori di base molto gravi e, di pratico, ha lasciato pochissimo. Ciò, per quanto esso parlasse di qualcosa che avrebbe dovuto essere “più reale del re”. Al contempo, privo di fantasia, vagheggiava di “fantasia al potere”.

Gran parte dell’errore del ’68 dipendeva dal materialismo storico di marca marxista che lo ispirava. Quale dottrina morale può mai scaturire da un movimento che nasce da una dottrina e – peggio – da una concezione materialista del cosmo e, per conseguenza,dalla realtà civile. Essa, fra l’altro, è l’opposto della “fantasia”.

La nostra critica si “regge”, sia che vi si opponga una base di natura religiosa, sia un substrato laico. Questo dovrebbe – infatti – quantomeno “scaturire” da ampie considerazioni sull’evoluzione del pensiero umano, sul costume, sulla storia, sulla molteplicità e il divenire che caratterizzano la realtà naturale: niente di tutto questo…

In praticalo “spirito del 68” perse un pilastro fondamentale a seguito del fallimento del socialismo reale, eufemisticamente archiviato come “caduta del muro di Berlino”. 

Qualcosa, però, è rimasto nell’ideologia e nella mentalità diffuse. “Qualcosa” che riguarda il modo di pensare di ampie minoranze della popolazione che si avvicinano talvolta al 50%. Perché alla “spaccatura” coincide una visione più ampia, che si estende – come accennato – alla generale visione della realtà (cosmologica): la vita,il creato, la virtù

Da una parte una visione sostanzialmente statica, legata al “miraggio” dell’unitàdall’altra una visione dinamica che accetta le regole senza tempo del divenire e la molteplicità dell’essere. Ne parliamo spesso. Chi ci legge sa bene che cosa diciamo: propendere per l’unità equivale a voler afferrare subito la perfezione, propendere per la molteplicità e il movimento significa accettare di gestire una realtà che rimarrà “difficile” e imperfetta per molto tempo ancora, nella migliore delle ipotesi.

I colmo è che si “esca” dai licei e dalle università senza sapere quale sia il grande dilemma del pensiero umano: ecco due piatti della bilancia che pesano quasi allo stesso modo e pendono un po’ da una parte, un po’ dall’altra. (G. Scargiali)

 

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