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Più rigore fiscale? Ma …non ne abbiamo abbastanza?

Vi faccio vedere io, cari evasori!

La morale corrente, sostenuta dalle più dotte disquisizioni filosofico giuridiche, ci dicono che sarebbe sacrosanto che i cittadini pagassero le imposte secondo il reddito di ciascuno. Come mettere un così semplice principio in discussione? Lo afferma già l’art.1 della Costituzione subito dopo aver affermato che …la Repubblica è fondata sul lavoro. Avrebbe potuto fondarsi sul rispetto e sull’edificazione del cittadino, ma lasciamola così… Ci pensa l’Imu a trasgredire quel “sacrosanto” primo articolo, sancendo un’imposta non sul reddito ma sul patrimonio, cioè un pagamento che, una volta avvenuto, non ha come alimentarsi, ma genera una deminutio nelle “sostanze” del …contribuente. E’ una norma che anche il seguito del contesto costituzionale escluderebbe, se non “una tantum” per gravi circostanze particolari (cataclismi, imprevisti etc). L’Imu ha provocato danni enormi all’edilizia, ha penalizzato la ricchezza privata, ma passiamo ad altro.

Nuove leggi tese a determinare “un maggiore rigore fiscale”, in una nazione in cui già i cittadini versano circa la metà ed oltre dei loro redditi allo Stato, ma in casi limite versano più di quanto non renda loro una certa libera attività – perché sappiamo che è così – non può che avere una conseguenza: trasformarsi in un nuovo ostacolo allo sviluppo. E sarebbe l’ennesimo. Perché sono decenni che si stringe un cappio alla gola di tutta l’imprenditoria, di quella piccola e piccolissima in particolare (più si scende e peggio è). A giustificare una serie di imposizioni “senza fine” a chi svolge ogni libera attività è intervenuta nella mentalità una sorta di criminalizzazione non solo del reddito d’impresa, ma anche dell’utile d’azienda. Parliamo di quella parte che ogni buon imprenditore (e sono i più) destina “anche” a nuovi investimenti. Ciò con ovvio e grave nocumento per la crescita, soprattutto di quella più autentica: la crescita generalizzata e generalizzabile…

Dovrebbe esser chiaro che una crescita limitatissima, come quella attuale (attornoall’1%, poco meno o poco più, è una decrescita per l’economia generalizzata. Perché una crescita così bassa viene assorbita – letteralmente fagocitata – persino oltre il suo ammontare dalla grandissima produzione e dalla grande distribuzione.

La piccola e piccolissima economia si giova del sommerso: questa è una verità sacrosanta. Addirittura si può dire con certezza che sopportare lo scotto di approfittamenti a maggior livello, pur di garantirla, valga la pena per il bene di una grande comunità nazionale democratica e libertaria.

La piccola economia, specie quella che definiamo “stradale” non perché sia da strada, risente della volubilità del mercato, richiede abilità individuali particolari (anche la grande) e il profitto-quando c’è – va ritenuto in parte “premio del rischio”. Ditemi dove sta scritto che se inizio un commercio debba guadagnarci…

Uno studio compiuto in questi anni ha provato tecnicamente che, “se con una bacchetta magica si azzerasse l’evasione, il 30% delle imprese italiane chiuderebbero i battenti”. Sostiene questo esito ineliminabile la regola dell’azienda marginale da noi di recente citata… Ma l’azienda marginale – per svariati motivi – non è da ritenere “inutile“.

Qualche economista ha anche affermato che l’economia europea sia viva grazie al sommerso e addirittura al vero e proprio nero. Stroncarlo sarebbe un durissimo colpo al benessere diffuso che tuttora vediamo intorno a noi.

Non sfugge, infine, che aumentare i controlli riducendo, con nuove pastoie, la circolazione della moneta liquida, comporterebbe di per sé una serie di danni. Proviamo ad enumerarli, convinti di non esaurire la lista… Si diminuirebbe il numero delle cosiddette transazioni, cioè degli acquisti e delle vendite con un doppio danno: danneggerebbe la produzione e il commercio, ma prima ancora, diminuendo la velocità di circolazione della moneta totale (cartacea ed elettronica) sarebbe come diminuirne la quantità. Il che è proprio ciò che “non si deve volere” in un momento di recessione o ristagno dell’economia.

Ma è chiarissimo che ad essere favorite dall’uso continuo delle carte di credito sarebbero ancora una volta le banche, si moltiplicherebbe fino al 100% dei cittadini, giovani e vecchi, maschi e femmine, la necessità di avere un conto corrente, già diffusissima. Ciò a parte le competenze per ogni utilizzo… Incredibile, perché le banche di per sé non producono ricchezza. Come si vede, la logica economica va assolutamente “a ramengo”.

Inoltre, al netto delle disquisizioni semi-filosofiche, c’è un aspetto della vicenda che in questi giorni di dibattito è stato poco considerato: quello dei costi dei conti correnti online. Trattasi di un’altra vera e propria “patrimoniale”. I dati parlano chiaro: in appena 12 mesi le spese sono aumentate in media del 32,30%. A cui si aggiungeranno quelle per gli adeguamenti all’entrata in vigore della Psd2, dal 14 settembre, a carico degli istituti di credito e dei consumatori.

Da un lato, dunque, si vorrebbe favorire l’uso della moneta elettronica – che inevitabilmente fa il paio con la titolarità di un conto corrente – dall’altro i correntisti vengono caricati con extra-costi che di certo non incoraggiano affatto la “migrazione” all’elettronica e al digitale e che “costringono” di fatto le categorie più deboli a preferire il “vecchio sportello”, che paradossalmente sta per ritornare il modo più conveniente di fruire dell’indispensabile cc. I rincari sull’online verrebbero così a far compiere anch’essi un passo indietro ad un nuovo più moderno “costume” che si risolve oggi a rendere più spediti i rapporti fra gli individui, moltiplicare affari e transazioni. Ed ecco il colmo evidente: si torna a perdere tempo come una volta. E – si sa – il tempo è denaro.

Ma “consoliamoci”: la morale corrente, sostenuta dalle dotte disquisizioni filosofico giuridiche cui accennavamo all’inizio sarebbe soddisfatta. Tutti contenti dunque “al caffè”. In un mondo – come qualcuno ovviamente lo vuole – decisamente più povero.

Germano Scargiali

Nota

Tutti i “reati” da parte di quello che potremmo definire “l’imprenditore maligno” o il “professionista maligno”, figure che pure esistono, diverrebbero – per una certa opinione diffusa – più perseguiti grazie al maggiore rigore fiscale. Ma gli intrallazzo è già reato e il rigore va applicato alle relative norme, non al fisco. Purché non si esageri nel per seguire reati come il “falso in bilancio” senza assodare il momento in cui questo realmente sia tale. Cosa che vien eseguita spesso con superficialità… (G.S.)

Nota 2

Che cosa prevede la finanziaria? Non sono previste nuove tasse, nemmeno quelle sulle sim telefoniche. La manovra comprenderà 11 miliardi in più per i prossimi tre anni sull’ambiente, mezzo miliardo per l’assegno alle famiglie e l’abolizione del superticket sanitario.

Una misura fortemente voluta dal movimento 5 Stelle è la tassazione sulle vincite con slot, Gratta & Vinci e vari tipi di enalotto: per gli importi superiori a 500 euro il prelievo passa dal 12% al 15%. Per quanto riguarda le entrate, il Governo M5s-Pd punta a ricavare 7 miliardi di euro dalla lotta all’evasione, cifra ambiziosa ma “giustificata” dai dati, che parlano di 109 miliardi di euro l’anno sottratti dalle casse dello Stato. Manca l’accordo definitivo sull’inasprimento delle pene per gli evasori, fino al carcere.

Arrivano le multe – riporta l’Ansa – per commercianti e professionisti che non accettano carte e bancomat. A prevederlo l’ultima bozza del decreto fiscale che se confermata andrà a incidere fortemente sulle abitudini commerciali degli italiani. Le sanzioni affiancano l’obbligo, già in vigore, di accettare pagamenti con la moneta elettronica. La multa sarà di 30 euro cui aggiungere il 4% del valore della transazione per cui non è stato accettato il pagamento con le carte. A controllare le violazioni saranno “ufficiali e agenti di polizia giudiziaria”. Ad inasprire la norma c’è il fatto che la soglia per l’uso del contante passa da mille a tre mila euro.

Nota 3

Patrizia De Luise presidente Confcommercio: non mancano in Italia persone competenti e illuminate, ma difficilmente ricoprono le massime cariche politiche.

Patrizia De Luise presidente Confcommercio: non mancano in Italia persone molto competenti e illuminate, ma difficilmente ricoprono le massime cariche politiche.

“…Le piccole imprese ed i lavoratori autonomi, negli ultimi dieci anni, di crisi aziendali ne hanno vissute tante. Piccole, piccolissime ed altre più grandi: 120.000 imprenditori in meno nel solo commercio al dettaglio. Fra questi a molti, che hanno cessato l’attività nel 2017 e 2018, non è stato riconosciuto il prepensionamento…”

(Da un recente discorso di Patrizia De Luise, presidente nazionale di Confcommercio)

Nota 4 

Quanto al nostro inciso sull’articolo 1 della Costituzione (Repubblica fondata sul lavorio) ci chiediamo: un cittadino “conta” per il lavoro che svolge, la professione che esercita (che per la costituzione pare non sia lavoro) o per l’intera sua personalità, il suo bagaglio culturale e civile. E’ riconosciuto da tutte le materie di studio quanto influisca il costume sul modo di vivere, di parlare, quindi anche di lavorare, di apprendere ed applicare delle abilità da parte dell’individuo. Evidentemente l’art.1 è stato dettato ai “padri costituzionali” dalla visione corporativistica della realtà sociale, da cui – sostanzialmente – poco si distinguono certi atteggiamenti di tipo “sindacale“. Il mondo moderno dovrebbe liberarsi da questi errori d’impostazione che ignorano quanto la cultura realmente ci suggerisce. (G.S.)

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