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Umbria più verde che mai

La destra nuovamente unita vince in Umbria
La nuova presidente

Donatella Tesei nuova presidente umbra.

Dopo la nazionale in maglia verde, anche l’Umbria si tinge del colore della Padania. Lo si voglia o no, è Matteo Salvini, questo ragazzone abbozzato a colpi di scalpello, divenuto simpatico contro ogni pronostico, dalle Alpi a Lampedusa, l’eroe del giorno. E’ lui che che rivendica a Milano il ruolo di capitale morale che le era tanto caro negli anni del boom. Poi tutto si era sbiadito, da quando – come osservò Eugenio Montale – il Pirellone era divenuto la sede dei mezze maniche della regione Lombardia.

La tanto attesa sera del 27 ottobre – quella del “ci divertiremo” di Matteo – si è risolta nel trionfo sperato: la Lega batte il PD e la Meloni batte i 5Stelle. La nuova presidente è Donatella Tesei, fresca di Montecitorio, non “una signora nessuno” nell’ambito della Lega. E’ lei la vincitrice, con la sua strana fisionomia che ti sembra debba cantarti afferrando un microfono le canzoni di Gianna Nannini… E’ la “regina” del ribaltone storico, della vittoria “fuori casa” della squadra della Destra, che fa applaudire anche il vecchio Berlusconi, nonostante la decapitazione dei suoi valori percentuali.

Cade una roccaforte della Sinistra e non è un caso unico, non è la prima volta. La tendenza è chiara. Gli appassionati di statistica lo dicono chiaro: dopo il 4 marzo 2018 è stato solo “cappotto”. Non c’è dubbio che la Destra, a guida Lega – Salvini, fruisca di una tendenza mondiale verso i sovranisti. A dirla grossa il mondo “s’è rotto” di decenni di politica “girala come vuoi” filo marxista. Ma fosse solo questo il problema: non siamo di fronte ad un errore d’impostazione morale, di un’ideologia perniciosa, materialista ed errata. Il peggio è che essa è servita ai potenti. Ad essi si è asservita. Calando la testa ad altri poteri che non rappresentano il popolo sovrano, ma interessi di lobby. Per esempio, le oligarchie bancarie, il il grande capitalismo, che alimenta disegni di monopolio a livello globalizzato, peggio, mondializzato…

Restando in Italia – cioè senza andare tanto lontano – l’excursus storico recente è questo:  Lombardia e Sicilia “le roccaforti” a parte, hanno di certo fatto notizia il cambio di segno di amministrazioni importanti come il Piemonte di Alberto Cilio, la Sardegna di Christian Solinas (dove è stata decisiva l’alleanza D’Unione e il candidato scelto dalla Lega)  che ha avuto nettamente la meglio sul rampante sindaco PD di Cagliari Massimo Zedda, la Basilicata conquistata da Vito Bardi, l’Abruzzo di Marco Masilio. Ovunque non c’è stata quasi mai vera battaglia tra il centrodestra e il centrosinistra, con i 5Stelle nel ruolo di perdenti, puntualmente attestati tra il 17 e il 20 per cento. 

Adesso, in Umbria i Pentastellati hanno scelto di non disperdere i propri voti, abbracciando la recente alleanza con il PD. Tutta da sperimentare alle amministrative. Ma il gran fosso, rispetto ad una Destra che, nel frattempo ha ritrovato il “Salvini d’opposizione” non si è evidentemente colmato. E’ il momento in cui la tempesta si riverserà su Roma, perché si guarda già avanti verso le regioni Emilia Romagna e Calabria.

Il governo “delle tre o quattro sinistre” non ha mancato – dal canto suo – di provocare lo sdegno di masse di Italiani, esibendo propositi che avrebbero voluto essere popolari, ma tali non erano, non sono e non saranno ancora per molto: il giustizialismo in una terra stanca di come venga amministrata la giustizia, il rigore fiscale in un paese stanco di un fisco opprimente da decenni, anzi da sempre. Diventato, addirittura, insopportabile per le imposizioni burocratiche che il pagamento di imposte e tasse si porta appresso. Infine l’infantile discorso sull’abolizione – o quasi – dell’amata moneta sonante. 

Di peggio un governo non avrebbe potuto fare. Siamo, in tempi in cui l’Italia accetta le imposizioni dell’UE in fatto di spending review  di fiscal compact e una politica di rigore che – finalmente – persino in Europa si addita come la peggior cura per guarire lo stallo economico, la crescita zero che – diciamolo – è già mera decrescita.

Rientrando ancora a casa dalla “lontana Bruxelles”, il fatto recente si riassume dentro i confini dell’Umbria, ma è non meno esemplare. La sola regione italiana “senza mare”, la bella Umbria, è andata al voto con il 64,4%. Lì è record. E’ la destra ormai che corre a votare, non “diserta” più… Ha scelto la salviniana Donatella Tesei quale presidente della Regione. La neonata alleanza PD-5Stelle si è fermata al 37%. Troppo poco. La coalizione di destra si è rinsaldata e guarda avanti … caricatasi di coraggio e fiducia. La conquista del governo – dove Conte & C. giurano di non dimettersi – a Roma, sembra solo questione di tempo.

Germano Scargiali

Nota

Due parole sulla crescita zero o prossima allo zero (che è la stessa cosa). Bisognerebbe spiegarlo a tutti, persino alla Chiesa: non c’è frase più stupida e meno evangelica di “…perché mai dovremmo continuare a crescere all’infinito”. Peggio “non è materialmente possibile”. Qui rimandiamo ai tanti nostri articoli sul tema. Diciamo solo che è proprio la fede cristiana che ci chiede di crescere, perché la crescita – anche misurata dal Pil – fa parte della “sconfitta del male”: fame, privazioni, sofferenza di vita…

Si cresce perché ciò che lo scibile e il lavoro umano hanno prodotto il giorno prima non viene buttato alle ortiche. L’indomani si parte da un “picchetto” piantato più avanti. Esemplificando di più, gli stessi strumenti di lavoro (beni strumentali) e le capacità organizzative (organizzazione del lavoro), i sistemi di produzione superano di gran lunga i tempi di ammortamento e il loro costo iniziale. Continuano a produrre più a lungo. Anche perché tutto è di regola concepito perché non rischi di interrompersi mentre è ancora utile. Ma prendete (è un esempio) un martello: sarebbe più difficile costruirlo caduco per cui è durevole per natura… A tutto ciò si uniscono motivi di carattere economico e finanziario. La ricchezza in mano di chi la sa produrre si moltiplica come la neve in una valanga. Vallo a spiegare a chi ha la mentalità ipocondriaca della sinistra…

Il risultato è che – nei tempi moderni – la crescita dev’essere visibile. Se è ridotta al minimo l’errore è … grosso, molto grosso. Né si parli di esaurirsi – oggi o a breve termine – delle risorse. Perché questa è una vera e propria baggianata. La vera previsione è che, quando si fossero esaurite quelle che “oggi” – definiamo risorse. esse saranno già state surrogate da altre, emergenti dal progresso esponenziale innescatosi con la rivoluzione industriale. Come ripetere lo slogan che “pianeta ne abbiamo uno solo” quando l’uomo sta andando sugli altri? La ricerca, frattanto, va ben oltre i confini degli apparenti bisogni. Lo fa in attesa che questi bisogni sorgano o crescano di misura quelli vecchi…  (G.S.)

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