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No cedolare secca per i negozi: kaput!

Il no alla cedolare secca per gli esercizi commerciali è una nuova topica che conferma  la cecità del governo italiano in carica. Di problemi di vista si tratta, perché è impossibile non “vedere” che così si colpisce ancora una volta il cosiddetto “negozio d’angolo“, che pur sopravvive sebbene fosse dato per spacciato già trent’anni or sono, al fiorire di supermarket, mega store ed oggi delle vendite online…

Sembra che la capacità di sopravvivenza del negozio d’angolo risulti “insopportabile” al “potere” che continua ad infierire letteralmente contro questa realtà che è,invece, assolutamente “preziosa” dal punto di vista sociale e civile. Il negoziante amico e il cliente affezionato fanno parte di un modo di vivere a misura di uomo che non si dovrebbe assolutamente sottovalutare e, tanto meno, rischiare di perdere…

Tasse casaPurtroppo, però, anche questo il governo “non lo sa“…

(G. Scargiali)

Riceviamo e pubblichiamo quanto ne dicono i più attivi sindacati del settore.

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Il Vice Segretario Nazionale Andrea Monteleone del Sindacato inquilini ANIA e la Presidente Cetty Moscatt dell’Associazione Proprietari CASA MIA denunciano l’incoscienza dimostrata dai componenti della Commissione Bilancio del Senato che non hanno prorogato la Cedolare Secca al 21% per le locazioni commerciali.

Chi non ha permesso la proroga di questa norma probabilmente vive su un altro pianeta o quantomeno non in Italia.

Da anni discutiamo della crisi, ormai endemica, che attanaglia il nostro paese, che si è sempre vantato di avere un sistema economico commerciale formato da micro imprese che di fatto sono la spina dorsale della nostra economia.

Si assiste quasi giornalmente nelle TV e sui quotidiani a maratone di esperti con fiumi di chiacchiere sulle peculiarità del nostro sistema imprenditoriale formato da micro imprese che stanno soffrendo pesantemente la crisi economica e la nefasta concorrenza della grande distribuzione, legata alle multinazionali, che nel tempo si stanno imponendo con i loro centri commerciali e le loro catene di distribuzione (Si definisce tecnicamente GDO la Grande distribuzione organizzata, come un “giro” in cui “si entra” o si rimane del tutto fuori, ndr).

Consapevoli di tutto ciò, che cosa tirano fuori dal cilindro i nostri esperti rappresentanti politici? L’abolizione della Cedolare Secca per le locazioni  commerciali, ritornando alla pesante imposizione fiscale che colpisce il proprietario dei muri, e conseguentemente il conduttore del locale che deve subire un canone di locazione maggiorato per coprire l’elevata fiscalità.

L’ANIA e CASA MIA da tempo sono impegnati affinché la Cedolare Secca venga applicata a tutte le locazioni non abitative, affinché si possano rimodulare i relativi canoni di locazione verso il basso dando un po’ di respiro ai conduttori e fiscalmente anche ai proprietari, con la conseguenziale diminuzione del numero degli sfratti per morosità.

imagesCi vantiamo di avere un sistema di micro imprese artigianali di altissimo livello qualitativo che purtroppo arranca a causa della concorrenza delle multinazionali ed invece di aiutarlo con una imposizione fiscale più bassa, ci si “inventa” l’abolizione della Cedolare Secca.

Il Dr. Andrea Monteleone assieme alla collega Cetty Moscatt invitano il Governo Nazionale a rivedere la loro posizione in merito alla Cedolare Secca sulle unità non abitative riconfermandola per il prossimo anno e anzi abbassandone l’aliquota al 10% estendendola anche alle altre categorie catastali, oltre la C/1, con una speciale attenzione ai locali con destinazione d’uso Artigianale C/3.

Questa rimodulazione darebbe certamente nuova linfa alla sopravvivenza delle nostre “botteghe” che da sempre animano i Centri Storici delle nostre splendide città, salvaguardandole dallo spopolamento e desertificazione commerciale oltre al conseguenziale degrado urbano.

Altro auspicabile intervento sarebbe l’abbattimento delle imposte comunali gravanti pesantemente sulle unità immobiliari non abitative.

ANIA                                                              La Direzione CASA MIA

Dr. Andrea Monteleone                                Cetty Moscatt                    

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Nota

Vi sono “molti motivi, molto seri” perché la piccola distribuzione e il negozio d’angolo vadano favoriti, aiutati e incentivati, dopo anni di vera e propria “persecuzione“, di fronte ai quali l’obiettiva necessità pubblica della loro presenza e la caparbietà dei gestori ne hanno assicurato in più casi la sopravvivenza.

Tale “stretta” è partita dall’imporre ai piccoli esercenti le medesime incombenze della grande distribuzione, la quale fruisce di enormi economie di scala, ma deve sottostare per motivi interni ad un tipo di amministrazione capillare, ai registratori di cassa, a bilanci periodici (almeno annuali) e simili… Si era arrivati ad imporre i registratori di cassa anche agli ambulanti. Tale obbligo è stato disatteso ed oggi, per fortuna, non si vede più niente del genere…

Per inciso controllare le vendite dagli scontrini è una pastoia, perché il volume di vendite si può desumere da quello degli acquisti. Se non alla lira, con buona approssimazione. Ma si pensi che per il piccolo esercente scatta già, con il regime Iva, anche la necessità di rivolgersi al costoso “consulente“.

L’opportunità della presenza del negozio d’angolo non ha bisogno di dimostrazioni. Anzitutto la grande distribuzione non può arrivare ovunque, laddove per esempio non serve che di striscio chi ha un certo ritmo o tipo di lavoro e non può recarsi metodicamente al supermarket o ricorrere alla rete. Ciò vale per gli anziani e per certe periferie lontane: creare le condizioni obiettive perché il negozio d’angolo scompaia è un reato contro la società civile.

Inoltre, è chiaro che il piccolo negozio può essere preferito e vada preservato, perché garantisce una certa qualità dell’accoglienza e del servizio, a misura di uomo. Garantisce la distribuzione della più alta qualità della merce, il che è fondamentale per un paese come l’Italia che della migliore qualità si fa un vanto sul mercato internazionale e …turistico. Ma così – ripetiamo –  è anche per la qualità del servizio. Facciamo l’esempio (a caso) delle cravatte di pregio, delle stese camicie, delle scarpe e dei guanti. Di questi ultimi l’Italia non è un grande consumatore, ma i guanti italiani sono considerati i migliori: le grandi città abbondano di negozi per stranieri con l’insegna “Gloves“. Ma questo non è che un esempio… La moda italiana femminile dei pret à porter è apprezzatissima.

Ma – con riferimento specifico ai gravami fiscali – anche le piccole sartorie hanno bisogno di locali in cui lavorare e solitamente li prendono in affitto. Secondo la più elementare legge di mercato, almeno parte (buona parte) dell’inasprimento si ripercuoterà sul livello dei fitti.

In ogni caso, privare determinati clienti del piacere di un servizio personalizzato rappresenta un’offesa al vivere civile.

Infine, dar spazio alla piccola impresa commerciale, ma ancor più artigiana, equivale a garantire un buon livello di auto occupazione. Non solo, ma dal sopravvivere della mini impresa germoglia il nascere e il crescere di iniziative di grandi dimensioni.

Ci fermiamo qui, perché ciò che diciamo ci sembra a questo punto fin troppo ovvio. Pertanto ripetiamo che da decenni,per interessi talvolta riconoscibili, si è assistito ad una vera persecuzione di cui sono stati fatti oggetto i lavoratori autonomi e la piccola e piccolissima impresa. (Germano Scargiali)

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