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Emergenza perché

Palazzo Chigi patriottico si veste del tricolore. Ma 'il morbo infuria, il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca'. Italia a richio sommossa...

Il problema del Coronavirus ha sollevato il fatidico tappeto sotto il quale si è scoperta, nascosta, la …’monnezza governativa’. Può sfuggire che dietro l’emergenza sanitaria si nasconde la direttiva europea, che ha visto il governo italiano allineato e coperto‘ programmare un preciso piano di ‘tagli progressivi‘ al nevralgico settore (sanità) per gli anni 2019 – 2020 – 2021. Tutto ciò – per di più – di fronte ad una realtà ospedaliera che vedeva i medici ‘sull’orlo di una crisi di nervi’ ed oltre, per la carenza di personale: medici e infermieri. Il ‘sistema’ era impostato su una ‘tagliola’ molto simile,del resto, a quella della pubblica amministrazione: gli anziani che da una parte vanno in pensione, il blocco delle assunzioni dall’altro.

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Il ‘programma’, che raggiunge l’acuto nei tre anni in corso, fa parte di un ‘disegno’ a più ampio raggio denominato:

Definanziamento 2010-2019 del Servizio Sanitario Nazionale

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Eccoci, pertanto, con la faccia al muro di fronte all’attuale emergenza Covid-19: la difesa dall’emergenza si basa più che mai sull’abnegazione del personale in servizio e su velleitarie possibilità offerte da quel lodevole spontaneismo e volontariato che – grazie a Dio – non manca in Italia. Ma la situazione era ai limiti del collasso già prima…

Si conferma il ‘succo’ delle recenti proteste di personaggi politici della eternamente bistrattata Sicilia, Nello Musumeci e Cateno De Luca: Europa matrigna e Roma ladrona di bossiana memoria ma in una prospettiva peninsulare capovolta. Europa più che mai ‘anti europea’, Roma più che mai pedissequamente asservita all’UE e governata con lo spirito dei Viceré (vedi Federico De Roberto).

Adesso verrebbe da plaudire al ‘tono’ dei discorsi di Giuseppe Conte improntati all’immancabile buonismo. Quello che non va è, puntualmente, il contenuto, cioè la sostanza…

In un atto di ‘gran magnanimità’, Conte ha concesso agli italiani reclusi in casa propria un bonus per …fare la spesa. Che – precisiamo – non andrà a loro, ma alle solite associazioni tipo Caritas attraverso i Comuni.

Belle parole: “…con un’ordinanza aggiungiamo a questo fondo altri 400 milioni, un ulteriore anticipo destinato ai Comuni con il vincolo per cui questa cifra va utilizzata per le persone che non possono fare la spesa”.

Questi 400 milioni sono – però – poco più di 6 euro ad italiano. Ovviamente non finiranno in mano a tutti, ma ai soliti. E tutti sappiamo chi sono. E’ bello parlare di valori assoluti (è, del resto, un’abitudine incolta e in mala fede). Diverso è ‘interfacciarli’ con i numeri giusti, compiere le quattro operazioni della più elementare aritmetica e i confronti!

Ma anche se fossero ben distribuiti sarebbero un’offesa. Ad oggi, con il ritorno del Pd al governo per la quarta volta in sei anni, sempre senza passare dal voto, ciascuno degli 85 mila immigrati che ospitiamo in hotel prende una media, sotto forma di vitto e alloggio una cifra pari a 42 euro. Al giorno: la cifra è lievitata e ad accaparrarsi le quote sono le solite Cooperative…

Il conto è presto fatto: agli italiani 6 euro una tantum, agli stranieri 42 euro al giorno. Una bella proporzione, non c’è che dire! E nessun ‘fottuto politico’ ha ancora chiesto lo sgombero degli hotel che ospitano questa massa di ‘fancazzisti’, nemmeno in piena emergenza coronavirus. Anzi, molti di loro, come oggi Renzi, chiedono di regolarizzare i clandestini. Mah!

L’ingiustizia è sotto i nostri occhi. Abbiamo anziani che telefonano ai carabinieri perché, chiusi in casa, non possono più cercare cibo negli scarti dei supermercati. E il governo italiano destina una trentina di euro a famiglia che, statene certi, attraverso i soliti buonisti non andranno né alle famiglie povere né agli anziani…

Spiegateci perché i contribuenti italiani spendono una media di 35 euro al giorno ad immigrato per mantenerne 85 mila in centri di accoglienza, invece di spendere la stessa cifra per aiutare 85 mila dei nostri anziani e bambini più poveri!

Gesse

Nota

Scusate se parlo un attimo in prima persona

Ho apprezzato molto un termine della recente invettiva di Vittorio Sgarbi, avversa al modo in cui i media affrontano la cronaca dell’epidemia. Sgarbi ha parlato di panico. Qui, su Palermoparla, avevamo parlato di allarmismo…

L’allarmismo è un tipico atteggiamento mediatico che si trasforma in un atteggiamento diffuso. Ma il panico ne è la più cruda conseguenza. Proprio ciò che è stato scriteriatamente creato nella gente comune ed anche meno comune da Tv e carta stampata.

Ciò ha portato ad eccessi di prudenza che può anche non guastare ed ha spinto allo zelo dei guanti e delle mascherine – apprezzato come un, quasi nobile, atto di coscienza –  anche quando non servirebbero affatto…

Ma la paura e lo scoramento sono pessimi consiglieri. Portare – ad esempio –  la mascherina a vanvera significa danneggiarla inutilmente con l’umidità del respiro. Portare a lungo i guanti  può spingere a trattare con ‘troppa confidenza’ luoghi e persone a rischio: poi bisogna poi sfilarseli sempre con le mani. O no?

Sgarbi ha continuato con un concetto che su Palermoparla è stato ripetuto più volte: il panico può fare più danno del…’morbo’ stesso. Sta creando soprattutto danni all’economia.

Ecco la differenza fra la voce di una persona colta e intelligente come Vittorio Sgarbi e tanti cronisti che parlano a vanvera da un teleschermo che sa e può essere feroce, che parla indiscriminatamente a persone equilibrate e depressi, a savi e ad esaltati…

Il buonismo ‘triunphans’ fa sì che …impongono a giornalisti ultrasettantenni e con 50 anni di tessera ed oltre  i corsi di ‘deontologia professionale‘ con più obbligo di frequenza che non per gli altri. Basterebbe – però – diffondere quel sentimento di equilibrio  prudenza che allontanasse chi si prende la briga di ‘comunicare’ la logica dello ‘schiaffa il mostro in prima pagina‘…

Ricordo sempre che un caposervizio de Il resto del Carlino, nel corso di una cena fra giornalisti a Rimini, sollecitato sull’argomento, commentò: …è proprio vero. Da lettore e telespettatore mi dispiaccio anch’io, ma devo ammettere che in redazione mi comporto con quella banalità che è diventata la regola”. Chi sa se inseguito, alla encomiabile sincerità quel ‘giornalista di rango’ abbia usato più garbo e prudenza.

 

 

 

 

 

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