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Il potere, il nostro bene e l’ombra del grande fratello

Accusano i 'giganti del web' ma nuovi mezzi vengono studiati per 'tracciare' l'uomo libero. Tutti spiati come predisse Orwell? E dire che ufficialmente si disputa se apporre o meno il braccialetto ai malviventi...

Riecco una storia di 15 anni fa…

Il nostro governo ci ha costretto agli arresti domiciliari ormai da 45 giorni. Per il nostro bene? Può darsi ma altri stati, per esempio Taiwan, hanno fatto scelte diverse e hanno avuto meno casi e meno morti. Ora propongono una app che traccerà ogni nostro movimento e, per gli anziani, il braccialetto elettronico. (Ma pochi giorni fa, quando è stato proposto di liberare un certo numero di detenuti, si disse che non c’erano braccialetti, e che comunque costavano come quelli di Cartier. Ora ce ne sarebbero per tutta la popolazione anziana???)

Roba che, se per assurda ipotesi l’avesse proposto un governo di destra, avrebbe provocato l’immediata accusa di nazismo e una rivolta generale.

Tutto questo mi ha fatto tornare alla mente la famosa frase di Benedetto XVI sulla ‘dittatura del relativismo’.

Torniamo a 15 anni fa, intorno alla Pasqua del 2005. Dopo la drammatica Via Crucis che Giovanni Paolo II seguì in televisione aggrappato a una croce – un’immagine, una delle tante, che è rimasta incancellabile – le sue condizioni si aggravarono ed egli morì nei primi vespri della festa della Divina Misericordia, che lui stesso aveva istituito.

Cominciò così per me un periodo straordinario, vissuto in gran parte in piazza San Pietro: i funerali di Giovanni Paolo II, il conclave, l’elezione di Benedetto.

Arrivarono milioni di persone da tutto il mondo: un affollamento forse mai visto nella storia e che oggi ci appare come un’immagine aliena che contrasta in modo drammatico con le immagini della Pasqua di quest’anno, in una San Pietro totalmente vuota.

Milioni di persone stipate all’inverosimile, che salivano sui mezzi e prendevano la metro tutte insieme: nessuna scala mobile crollò, nessun convoglio ebbe incidenti. I posti di pronto soccorso che erano stati allestiti in piazza San Pietro dovettero occuparsi solo di lievi malori. Persino i ladri si presero una vacanza, forse anche loro in piazza a pregare: la polizia dichiarò che vi era stato un netto calo dei reati. E, naturalmente, non scoppiò alcuna epidemia.

Dopo l’elezione del cardinale Ratzinger, arrivarono anche gli alpini da Bolzano per fare da interpreti ai tedeschi che sarebbero arrivati a festeggiare.

Una serie di emozioni fortissime: il dolore per la perdita di un pastore così grande, così santo, la fiduciosa attesa dell’elezione del successore, e la gioia per il nuovo papa, completamente – e giustamente – diverso dal predecessore.

Durante la messa Pro eligendo Romano Pontifice’ capitai davanti a un maxischermo proprio mentre il cardinale celebrante pronunziava quelle straordinarie parole: “…avere una fede chiara, secondo il credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’ appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una ‘dittatura del relativismo’ che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.

Quella parola, Dittatura, appariva allora eccessiva, azzardata e inoltre non in linea con il tipico stile della persona, misurato, gentile, ben ponderato.

Ma forse proprio per questo, per l’apparente sproporzione, quelle parole mi apparvero profetiche e il tempo trascorso non ha fatto che confermarle in modo sempre più allarmante e drammatico.

Mietta Gaziano

(Consiglio di leggere l’intera omelia di Ratzinger, sul sito vatican.va).

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Nota

L’autrice di questo interessante articolo accenna al ‘relativismo etico‘ che Palermoparla spesso addita come uno dei mali del secolo. Val la pena di offrire a chi legge un minimo di dettaglio.

Possono sfuggire, infatti, i contorni e la gravità di questo brutto fenomeno sociale e civile. Esso fa parte di un malinteso concetto della libertà, di cui siamo – di per sé – accesi sostenitori, confermati anche dai dettami della religione cristiana.

La libertà, correttamente e cristianamente intesa è un diritto, ma già un dono del cielo. Tuttavia, è anche un impegno non da poco. Oggi i governi promettono libertà. Le più note canzoni fasciste e comuniste la inneggiano. Ma la sola libertà concessa dal ‘potere’ è di ‘dire e fare nel privato quel che si vuole’. Certo: concedere tale forma di libertà, al potere e ai governi, non costa nulla. Viene sbandierata anche come una ‘vittoria’ del laicismo. Si inneggia alla massima “vizi privati e pubbliche virtù”. 

In realtà, viene così accantonata una parte fondamentale della morale. Basta rispettare formalmente le leggi? La morale si svuota, smette di esistere, scompare, per lasciare il posto ad un edonismo paganeggiante in cui prevale l’egocentrismo prima ancora che l’egoismo. Si finisce per contraddire il profondo insegnamento del Gesù dei Vangeli che esalta l’interiorità come primaria rispetto all’esteriorità…

La soddisfazione personale  diventa un totem. Tutto le è dovuto, tutto le si accorda. Come disse Andreotti, che – con tutte le sue possibili colpe – era un uomo acuto, …persino l’estasi sessuale diventa un dovere verso se stessi. Ma ciò è la punta dell’iceberg, che è costituito dalla sete insaziabile di ogni ‘divertimento‘ possibile. La vediamo scatenarsi in occasione delle feste in calendario, trasformatesi tutte in ciò che un tempo poteva essere solo il carnevale

Ma un mondo così non è, di certo, quello cui la civiltà umana dovrebbe mirare ed approdare.

Un esempio immediato: si disputa febbrilmente in questi giorni per l’ennesima volta sul valore del 25 aprile. Festa della liberazione o beffarda celebrazione dell’amara sconfitta? Cambiarle il nome e il senso equivalse, certo, ad esorcizzarla e lenire – almeno nella cultura scolastica che ne seguì – il dolore. Ciò anche se il più profondo insegnamento dovrebbe essere quello di dimenticare la guerra fratricida, moralmente peggiore della guerra precedente…. Ma un dispiacere comune vede d’accordo gli italiani: non  poter trasformare, causa Covid, quella giornata – qualunque ne sia il significato – in un grande barbecue all’aperto annaffiato da litri di vino. Di per sé niente di male, ma ‘tutte carnevali‘, le feste religiose e quelle civili…  (G. Scargiali)

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