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Il ventaglio ad un Micciché dai bollenti spiriti

Micciché lieto del ventaglio assieme al presidente della stampa parlamentare Giovanni Ciancimino, un vero decano. Ma poi nel suo discorso dà sfogo a vive polemiche. (Ph. Angelo Modesto)

Gianfranco Micciché non ha mancato, com’è sua consuetudine, visti i tanti mandati ricoperti nella stessa carica, di trasformare la Cerimonia del ventaglio – di per sé una festa – in un momento di riflessione, non privo di spunti polemici e toni anche accesi, sull’attività dell’Assemblea regionale – Ars – che lui presiede. Nel complesso e si è detto molto soddisfatto del lavoro del suo ufficio e dei collaboratori del palazzo, che ha ringraziato. Con loro si è anche scusato dei suoi momenti di nervosismo, dovuti – come e ha precisato – alla sua voglia di far meglio.

“L’attività politica dell’assemblea – ha affermato Micciché – volge al meglio. Cresce il numero delle leggi approvate ed aumentano quelle di iniziativa parlamentare…”

Drammatici, invece, i toni a proposito degli effetti devastanti del Coronavirus… Micciché ha fornito i numeri della Fondazione Federico II che dipende dalla presidenza e amministra l’aspetto museale e del Palazzo reale.

Contro i 112mila euro degli incassi turistici del palazzo registrati lo scorso anno (c’era stata un’escalation), quest’anno ne figurano soltanto 23mila. Questa situazione raffigura la grave sofferenza delle imprese siciliane.

“Quelle nei guai – ha affermato il Presidente – sono le migliori, le altre sono già chiuse o sull’orlo del baratro… Tremo all’idea di una nuova chiusura: le imprese siciliane faranno grandissima fatica a riprendersi”.

L’ipotesi di un nuovo lockdown in Sicilia, insomma, risulta drammatica.

“Quando sento parlare di una nuova chiusura – ha esclamato Micciché – mi vengono i brividi. Se così dovesse essere, sono molto pessimista, con il rischio di un’intera Sicilia a gambe all’aria…”

Il presidente dell’Ars ha rivolto, pertanto, un invito a tutti i siciliani…

“Facciamo uno sforzo – ha affermato con enfasi – perché non possiamo permetterci una nuova chiusura. Non può e non deve succedere. Sarebbe criminale non applicare quelle attenzioni minime che ci vengono richieste per evitare una seconda ondata del virus”.

Miccichè non si è rivolto solo ai cittadini comuni, ma anche alla politica…

A questo punto i toni polemici hanno fatto tremare la Sala gialla, dove si svolgeva la cerimonia, al posto della Sala stampa, perché fosse abbastanza grande per si rispettare ‘le distanze’. Micciché ha accusato senza mezzi termini i ‘seminatori di zizzania’ che alimentano forme di diffidenza da parte del presidente Musumeci nei suoi confronti.

“Qui – ha affermato – si sta distruggendo ciò che di buono una destra forte e concorde potrebbe fare per la Sicilia. Io ho voglia solo ed esclusivamente di collaborare…”

Miccichè apostrofa i ‘seminatori di zizzania’ come stupidi autolesionisti. Non esita adusare aggettivi come scemi, idioti, cretini…

“Suggeriscono la diffidenza – precisa – al presidente Musumeci. Così ogni proposta da parte mia viene interpretata come un possibile tranello. Invece ritengo di poter mettere al servizio del presidente e dell’isola, positive e proposte e consigli. La mia intenzione è chiaramente solo questa!”

Pensate – ha aggiunto Micciché – che di fronte all’appoggio da me fornito a Dolce e Gabbana, desiderosi solo di portar luce alla Sicilia, mi è toccato sentir pronunziaree, da parte di alcuni dell’assemblea, la battuta: chi sa che cosa c’è sotto…”

Micciché ha ribadito un po’ degli aggettivi già usati prima, ma ha anche ricordato che il film presentato a Taormina sta facendo il giro di Sicilia e sarà prorssimamente a Palermo.

“Dichiaro ufficialmente che non ho nessuna intenzione di presentarmi alla Presidenza per succedere a Musumeci. Prego, anzi, il Governatore – ha detto coloritamente Micciché – di fare analisi precise ed evitare scelte che vengono più dall’emozione che non da un preciso studio della situazione. Qui non c’è da perseguire un risultato meramente politico… Tutte le imprese siciliane stanno morendo”.

Da qui l’appello conclusivo alla Regione: “La politica in questo momento, come mai prima, non può risolversi in una lotta in cui ciascuno accusa l’altro”.

Micciché ha trovato anche il modo di denunziare i torti della burocrazia, additando il tempo di due anni impiegato per un concorso destinato a rinfoltire gli uffici dell’assemblea…

“Drammatico – ha anche specificato – il livello culturale dei candidati, che vantavano anche lauree da 110, ma si sono prodotti in scritti pietosi, tanto da far dubitare fortemente della qualità della nostra cultura scolastica”.

Un presidente dell’Ars, in conclusione, che non nasconde di portare il ventaglio in ferie con tanta rabbia in corpo.

Germano Scargiali

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