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Il Ponte sullo stretto ora è priorità assoluta

Il Ponte sullo Stretto fa della Sicilia, con i suoi porti, la 'porta d'Europa'.

Finalmente si riparla del Ponte sullo Stretto di Messina in termini concreti oltre che positivi. La balorda decisione di sospendere anni fa l’appalto già in corso è ormai dietro le spalle e il presidente Nello Musumeci si assume la paternità e inquadra il Ponte fra le grandi opere da realizzare nel quadro del Recovery plan… Ma, se Musumeci ci mette la faccia, Gaetano Armao, suo vice presidente ed assessore all’economia, è il suo braccio operativo.

Musumeci ed Armao al tavolo della sala stampa in presidenza - Ph. G.Scargiali

Musumeci ed Armao al tavolo della sala stampa in presidenza – Ph. G.Scargiali

Armao, è intervenuto alla riunione della Commissione ENVE del Comitato europeo delle Regioni ed alla Conferenza delle Regioni per sottolineare la necessità che nella redazione dei Recovery plan gli Stati membri pongano la massima attenzione alle questioni dell’insularità. Armao, per inciso, è, costantemente protagonista a livello UE della politica delle regioni e ricopre in proposito precisi incarichi…

Tutto ciò significa per l’Italia l’inserimento prioritario del Ponte sullo Stretto di Messina tra i progetti strategici.

Se anche la città di Messina – un tempo più che dubbiosa – ha compreso la grande opportunità del Ponte, ciò che più conta – da sempre – è che “è l’Europa a volerlo”.

Frattanto è urgente il riconoscimento del ruolo centrale che le Regioni debbono avere nella programmazione delle risorse stanziate nell’ambito dei progetti relativi al Next generation EU.

“Purtroppo quanto accaduto in Italia – ha precisato Armao – ha dimostrato che le misure di contrasto alla crisi economica post pandemica sono gestite dal Governo statale in termini accentrati, incompatibili con l’ordinamento costituzionale e con le strategie delle politiche europee di sviluppo. Tale errore non deve ripetersi per non reiterare i ritardi nelle misure di sostegno già rilevati nel nostro Paese, ma soprattutto per conferire efficienza allo sforzo finanziario varato a livello europeo”.

“Dopo la pubblicazione delle scarne linee guida – conclude il vicepresidente – si attendono ancora le matrici per definire gli investimenti da pare del Governo centrale che aveva dato l’impressione, finora, di voler procedere senza uno strutturale coinvolgimento delle Regioni”.

Ma a chiedere a gran voce la realizzazione dell’opera sullo Stretto è anche la Regione Calabria.

Già, al tempo della forzata sospensione dei lavori, voluta dalle sinistre a livello nazionale (non è una priorità), Sicilia e Calabria, tramite le due regioni e i comuni rivieraschi coinvolti avevano espresso il loro . Ma inutilmente…

Scendono in campo adesso anche gli industriali siciliani, anche qui assieme a quelli calabresi: avanzano una richiesta al Governo nazionale che per le associazioni degli industriali porterebbe soltanto vantaggi alle aziende dei due territori. Per tacere dei vantaggi in termini di disinquinamento cittadino.

Gli industriali sfornano numeri eloquenti su un’opera che a oggi è rimasta solo un’eterno annuncio. A oggi sono passati 65 anni, spesi 960 milioni di euro, coinvolti circa 300 progettisti, 100 tra società, enti, atenei. Ma ancora da Messina a Villa San Giovanni ci vuole il traghetto. Per 3,3 km un’ora, se va bene.

Tutte queste cifre valgono a stimolare la realizzazione del ponte sullo Stretto: sono contenute in un dossier preparato in maniera corale dagli industriali di Calabria e Sicilia. Confindustria Calabria, Sicindustria, Confindustria Catania e Confindustria Siracusa sono insieme per una istanza di civiltà. “Non si può parlare di futuro e non si può parlare di Italia senza ponte. Siamo nel 2020, usciamo da una pandemia: non c’è spazio e non c’è tempo per battaglie ideologiche. Sicilia e Calabria sono distanti 3 miglia. Un trasportatore può impiegare rilevano il vicepresidente di Confindustria Natale Mazzuca, il vicepresidente vicario di Sicindustria Alessandro Albanese, il presidente di Confindustria Catania Antonello Biriaco, il presidente di Confindustria Siracusa Diego Bivonafino a 3 ore per varcare lo Stretto a seconda del traffico”.   

Tutto ciò è ovviamente inaccettabile in un’epoca in cui il mondo viaggia con l’alta velocità. Scandaloso in un Paese in cui un progetto di rilancio e unità diventa terreno di scontri politici e merce di scambio nella becera partita delle logiche spartitorie. Occorre programmare la ripresa dell’Italia e questa passa dall’alta velocità, Calabria e Sicilia comprese. Cioè dal ponte sullo Stretto. Occorre cancellare la falsa idea secondo cui costruire il ponte significa non realizzare o completare le altre infrastrutture necessarie.

La richiesta degli industriali della Calabria e della Sicilia ha un alto peso specifico… In Sicilia operano quasi 470 mila imprese, per un totale di ricavi che sfiora i 40 miliardi e circa 500.000 lavoratori occupati. In Calabria sono poco più di 187 mila imprese per un totale di 400 mila addetti circa e ricavi per oltre 20 miliardi di euro. Insieme si tratta di una robusta falange di oltre 650 mila imprese che, unite, sostengono l’improrogabilità del ponte.

“Per realizzare il ponte – concludono i presidenti delle associazioni – è necessaria una gestione commissariale, con tempi e costi certi…”

L’opera è possente e lusinghiera: 3.300 metri campata centrale; 3.666 metri lunghezza complessiva con le campate laterali; 60,4 metri larghezza dell’ impalcato; 6 corsie stradali, 3 per ciascun senso di marcia (veloce, normale, emergenza); 2 corsie stradali di servizio; 2 binari; 6.000 veicoli/ora capacità; 200 treni/giorno capacità; 382,60 metri altezza torri; 2 coppie di cavi sistema di sospensione; 5.300 metri lunghezza complessiva dei cavi; 1,24 metri diametro dei cavi di sospensione; 44.352 fili di acciaio per cavo; 65 metri di altezza per 600 di larghezza di canale navigabile centrale; 50 metri di altezza per 1.000 di larghezza per ciascuno dei canali navigabili laterali. Un’opera che per gli industriali si potrebbe realizzare in 6 anni e che avrebbe una vita di circa 200 anni, ma che soprattutto abbatterebbe il tempo di percorrenza di persone e merci, azzerando quello che al momento è il …costo dell’insularità.

Ma a tale visionelocale’ degli enormi vantaggi si sovrappone quella nazionale ed internazionale. Il Ponte non a caso fa parte del Corridoio 1 Berlino – Palermo del programma di messa in rete a “TEN-T” dei trasporti in Europa (UE). Chiamarlo Berlino Palermo è puramente simbolico: in realtà trattasi della principale arteria, per ferrovia e gommato, dell’Unione Europea. E’, cioè, il corridoio prioritario del programma Trans Europe network transport. Come abbiamo scritto più volte…

I porti siciliani, proiettati in mezzo al Mediterraneo, a partire dal grande porto naturale di Augusta, possono aspirare – solo se c’è il ponte – a divenire la più efficiente ‘porta d’Europa’, aperta ai grandi traffici dei trasporti intermodali, che sono la chiave dello sviluppo di un futuro che è già iniziato.

Si pensi all’avvenuto raddoppio del canale di Suez, che mette fuori gioco Panama, divenuto impercorribile per le grandi unità protagoniste del gigantismo navale odierno: è un processo irreversibile per ridurre i costi dei trasporti…

Ecco perché il Ponte, prima della Sicilia e della Calabria – dirette interessate – lo vogliono l’Italia, ma soprattutto l’Europa e il mondo. Per questo, nonostante le balorde – o a volte stranamente interessate – voci in contrario, il sì al Ponte è una sorta di leit motiv che tutti i governi, prima o poi, hanno già riproposto. Contrari erano i piccoli politici locali che temevano una riduzione dei contributi frammentati – autentiche regalie – che avrebbero potuto subire una pausa… Un atteggiamento miserevole quanto miope della ‘bassa politica’: ecco perché si strombazzava la necessità delle ‘piccole opere’ interne all’Isola. Mentre in tanti capivano che esse sono comunque – come si afferma adesso – consequenziali al ponte… Finalmente, l’idea è matura ed è probabile che nessuno dovrà più ‘rimangiarsela’.

Germano Scargiali

Nota

Se la costruzione del ponte non fosse stata interrotta anni fa, lo stato non avrebbe sciupato un capitale in spese di progetto e risarcimenti. Ma soprattutto, oggi avremmo già il ponte! Interessi contrari miserevoli e l’incultura generalizzata della pubblica opinione sono oggi da considerare certamente colpevoli. Per inciso la sospensione della costruzione è stato uno dei tanti ‘capolavori’ del governo Monti: A fronte di zero metri edificati, il ponte sullo Stretto è già costato all’Italia 312 milioni di euro, ma non può ancora dirsi spenta la querelle delle imprese danneggiate, che chiedono ancora oltre un miliardo per i danni subiti. E dire che i ‘veri competenti’ sostengono che 3 miliardi e ottocentomila euro per un ponte lungo 3,3 chilometri, unico al mondo per molte sue cartteristiche, non sarebbero stati molti…

Ancora una volta è la politica di destra a spingere per il progresso e la crescita, ma adesso, la sinistra – sotto la spinta di una chiara e pressante volontà internazionale – non può più dissentire. Meglio tardi che mai! Ci sarebbe da dire: che cosa significa il termine progressista‘ di cui si fa un gratuito uso ed abuso?

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