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Gli esperti contro i sondaggi: fra 7 giorni la conferma di D. Trump

Trump, abbronzato e deciso. I più convinti dicono: Vincerà Trump, gli succederà sua figlia Ivanka e poi 'avrà l'età' il piccolo Baron, il figlio avuto dalla attuale moglie, la bella Melania filo italiana.

Questa volta non siamo soli: mentre la main stream mediatica tira la volata a Jo Biden, adesso gli esperti – a parte quelli ufficiali dei ‘soliti media’ vicini ai potenti – prevedono la vittoria di Donald Trump, sia che lo gradiscano o meno…

Si ricorderà che alla viglia delle presidenziali del 2016 tutti i sondaggi preannunciavano la vittoria della candidata democratica Hillary Clinton su Donald Trump.

Su Palermoparla affermammo il contrario a poche ore dal voto e ci azzeccammo assieme a pochissimi… Le urne ribaltarono, in modo clamoroso, le previsioni. Ma ci erano stati analisti che, andando controcorrente, previdero la vittoria del tycoon newyorkese.

Quattro anni dopo, seguendo i loro personali modelli statistici, i politologi si oppongono ai sondaggi ufficiali: confermano la previsione, sebbene per la media di quei sondaggi Joe Biden abbia attualmente 10,1 punti di vantaggio su Trump.

Secondo alcuni di loro il presidente conquisterà un secondo mandato alla Casa Bianca. Per qualcuno, lo farà anche in modo travolgente.

Helmut Norpoth, professore di Scienze politiche alla Stony Brook University è il più qualificato ed anche il più deciso: nel 2016 il suo modello statistico indicò nell’87% le possibilità di una vittoria di Trump. Norpoth è definito ‘il guru’ dei sondaggi Usa. Quest’anno, secondo i suoi dati, la percentuale è salita al 91. Il presidente Trump conquisterebbe 362 voti elettorali contro i 176 di Joe Biden.

Norpoth ha avuto modo di indovinare nella propria carriera il risultato in cinque elezioni su sei.

“Trump – ha affermato il docente di Scienze politiche alla Stony Brook University – vincerà in modo netto, la sua sarà una slavina. Vedrete, anche quattro anni fa dicevano che mi sarei sbagliato”.

Alan Abramowitz, professore di Scienze politiche a Emory University conferma: nel 2016, basandosi su crescita del prodotto interno, ordine, indice di popolarità e numero di anni di presidenza tenuti da democratici e repubblicani, il cattedratico previde la vittoria di Trump con il 51% dei voti.

“…Il presidente – ha affermato Abramowitz poche settimane fa – ha il 91 per cento di possibilità di vincere. I sondaggi danno indicazioni diverse solo perché i sostenitori trumpiani sono meno propensi dei democratici a farsi intervistare nei sondaggi (eufemismo, ndr). Nel segreto dell’urna, il loro voto andrà a Trump”.

Bela Stantic, direttore del Big Data and Smart Analytics alla Griffith University, annota: il professore aveva previsto nel 2016 sia la vittoria di Brexit nel referendum del Regno Unito sia la vittoria di Trump.

“Le nostre statistiche – ha spiegato meglio Abrampwitz al sito Newshub – mostrano che il presidente sta andando molto bene e mantiene il comando. La Florida è considerata da tutti incerta, ma per me Trump è in leggero vantaggio. E lo stesso vale per Minnesota e Pennsylvania. In Texas, invece, il presidente vincerà facilmente“.

Matthew Lampert, direttore del gruppo di ricerca Socionomics Institute: “Il mercato azionario è storicamente uno strumento valido per prevedere chi vincerà le elezioni. Quasi sempre, quando un presidente ha corso per la rielezione e il mercato borsistico ha fatto bene nei tre anni precedenti, poi ha vinto”.

E’ quanto successo dal 2017. Secondo l’analisi del gruppo di ricerca, Trump ha l’87% di possibilità di restare alla Casa Bianca.

Emerge – finalmente – da qualche fonte qualificata una chiara opinione sui veri nemici di Trump: sono i ‘paperoni’, i potenti da lui definiti come ‘il fango di Washington’, quelli che anche il potente Berlusconi definiva ‘i poteri fortissimi’. Adesso li chiamano con disinvoltura le élite.

Paradossalmente da anni i massimi ‘paperoni’ – riuniti in accolite di stampo super massonico – appoggiano la sinistra in tutto il mondo. Si celano dietro di essa, se ne fanno scudo ed alibi: rappresentate ‘una volta al potere’ da governi che governano poco, le sinistre non li infastidiscono. Al contrario dei capi ‘decisionisti’…

In America ‘le élite’ tirano platealmente per i democratici, auto referenziandosi come sostenitori della democrazia, contro Trump, l’emblema della prepotenza, il Superman dei sovranisti

Secondo una visione ‘illuminata’, Trump è il presidente del popolo, eletto dagli americani che vogliono rovesciare il sistema e rovesciare le élite. E’ il presidente che ascolta la rabbia e doma la paura e che mostra quel che nessuno prima di lui ha mostrato sui meccanismi del potere.

C’è, tuttavia, chi ben continua a pensarla diversamente e chi paventa la conferma di Donald Trump come una vera iattura per gli Usa e il mondo. Un pessimo esempio – oltretutto – per l’intero occidente…

Secondo il New York Times (lo ha scritto chiaramente): Trump non ha messo fine alla cultura dei favoritismi, parte consistente della palude, “l’ha reinventata”.

Fra i massimi detrattori il giornalista americano più noto in Italia, ospite abituale dei talk show: Alan Friedman. Non nuovo a certe ‘performances’ a favore di quella ‘democrazia’ che – però – è gradita alle élite…

“E’ scatenato, sa – ha affermato più o meno il columinist, anche in Tv a L’aria che tira – di essere 10 punti sotto Biden…Incita la violenza e la guerra civile, dando licenza ai suprematisti bianchi di sparare. Non abbiamo mai avuto un Presidente che alimentava razzismo e violenza. Trump è un Presidente fuori legge ed illegale, un uomo disperato e molto pericoloso fino a quando rimarrà alla Casa Bianca”.

Friedman dà per buoni i sondaggi nonostante le così numerose smentite e ignora che Donald Trump resterà nella storia per aver pacificato le due Coree e per aver promosso il disgelo con la Russia di Putin, dal tempo della guerra la maggior nemica degli Usa… Inoltre Trump è amico gradito a Rudolph Giuliani, epico sindaco della Grande Mela e gradito al popolo.

Friedman ‘vola alto’ sulla consistenza inestimabile dei danni politici ed economici che i democratici, con Obama e la Clinton hanno provocato al Mediterraneo, all’Africa, al Medioriente e naturalmente alla vicina Italia. Eppure vive in Italia da molti anni e parla agli italiani. Fra questi non mancano del resto coloro che ragionano ‘a compartimenti stagni’, fra cui ‘i tifosi della curva sud’ dei vecchi sentimenti ‘di sinistra’, nostalgici di anni passati. Questi vedono in Trump un emblema della odiatadestra’, ignorando quanto questa abbia fatto strada – al contrario di loro – dal tempo in cuifascisti e comunisti giocavano a scopone’.

Friedman in altra occasione è spietato: “Immagina che non ci sia più nessun Trump alla Casa Bianca: è facile se ci provi. Nessuno inferno sotto di noi. Sopra di noi solo il cielo. Immagina che la gente americana viva la sua vita in pace. Mi scuso con John Lennon, ma sospetto che approverebbe la mia lieve alterazione del testo del suo brano più famoso (“Imagine”), mentre cerco di immaginare l’America della mia gioventù…”

Un vero sogno quello di Friedman. Che resterà tale!

Frattanto, Ben 61 milioni di americani hanno già votato per le presidenziali statunitensi. E’ quanto emerge dai dati della University of Florida, che monitora l’andamento dell’early voting attraverso lo Us Election Project. Si tratta di un record assoluto che polverizza anche i numeri del 2016…

C’è chi definisce queste elezioni come ‘le più importanti della storia’. Nel dettaglio a oggi, quando mancano otto giorni all’Election Day, attraverso il voto anticipato si sono già espressi 60.966.818 elettori, di cui oltre 40 milioni per posta. Un andamento certamente favorito dai timori legati alla pandemia e al rischio di contagio.

Fra una settimana, dunque, sapremo il nuovo responso su questo discusso presidente amato-odiato come pochi. Lo ribadiamo: vincerà a mani basse il confronto con Biden. Tanto più che questo ha dato recenti prove della propria debolezza mentale.

Biden, dall'aspetto senile, è l'oppostio dell'usuale immagine del presidente che gli americani sono abituati a vedere e immaginare...

Biden, dall’aspetto senile, è l’opposto dell’usuale immagine del presidente che gli americani sono abituati a vedere e immaginare…

Di recente ha apostrofato Trump col nome di George (Bush?) ed ha affermato da vero svampito: “per battere Trump abbiamo organizzato la più grande frode elettorale d’ogni tempo”. Chi sa che cosa volesse dire. Certo dell’altro…

I democratici – dal canto loro – sono divisi fra tre correnti: nessuna voleva Biden. Hanno una destra che gli preferiva il miliardario Michael Bloomberg (avrebbe voluto abbassare le tasse ai ricchi), un centro rappresentato dai ceti medi che preferiva Elizabeth Warren e la sinistra rappresentata da Bernie Sanders.

Biden è un compromesso evidentemente malriuscito, che non contenta a fondo nessuno. Per lui voteranno gli ‘anti Trump giurati’.

Molti democratici, anche stavolta, voterannorepubblicano’ come nella passata elezione.

Germano Scargiali

  Nota

Fra i grandi detrattori di Trump un politologo di fama internazionale come Francis Fukuyama

Chi fra Donald Trump e Joe Biden sarà il 46° presidente degli Stati Uniti? Il voto del 3 novembre coincide con un’emergenza globale inedita, che marca i contorni di un Paese sempre più complesso e dalle contraddizioni a volte poco leggibili. In particolare per noi cittadini del Vecchio Continente. 

“Se i Democratici batteranno Trump e riusciranno anche a conquistare il Senato – afferma Fukuyama – è probabile che tutto l’impianto normativo che, durante la sua presidenza, Trump ha cercato di smontare verrà in qualche modo ripristinato. Se al contrario vincerà Trump e se i Repubblicani riusciranno a conquistare la Camera, io penso che ci troveremo di fronte a un grande problema”.

“Il tycoon avrà mano libera – continua il politologo anti Trump – nei primi quattro anni non è riuscito a realizzare molto. Con un secondo mandato potrà fare davvero quello che vuole. Credo che sarà la fine dell’America per come l’abbiamo conosciuta finora. Perché avremo una persona al potere che nel profondo non accetta le regole imposte dalle leggi e dalle istituzioni democratiche, un leader anti-sistema. È questo lo scenario più preoccupante per il futuro della democrazia in America”.

Non c’è che dire: ogni testa è…tribunale.

 

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