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Se vince Marine…

Mancano ormai poche ore al verdetto e finalmente sapremo chi governerà la Francia per il prossimo quinquennio.

Marine Le Pen, la sfidante del presidente in carica, Emmanuel Macron, ha buone possibilità di vittoria, insomma la sfida è aperta.

C’è chi teme un eventuale cambio al vertice della politica francese, agitando lo spettro della possibile fine dell’UE, come se questa eventualità esistesse solo in relazione all’ascesa della candidata di Rassemblement National.

La grave crisi che attraversa la UE dura, infatti, da parecchi anni e ben poco è stato fatto per fermarla. Per ridarle vita, sarebbero state necessarie grandi trasformazioni che, invece, non sono state apportate, con la conseguenza, evidente e sotto gli occhi di tutti, che sia ormai un apparato vuoto, privo di fondamento e di ragion d’essere, ma che a qualcuno fa ancora gioco.

L’elezione della Le Pen potrebbe portare ad un ripensamento dell’Europa, magari in chiave federalistica, certamente porterebbe dei cambiamenti che darebbero più spazio agli stati nazionali, finora compressi da scelte esterne non approvate dai popoli europei.

Sarebbe un male? Non sappiamo, di sicuro lo sarebbe per le lobby che attualmente fanno il bello e il cattivo tempo in giro per il mondo.

Emmanuel Macron, il candidato di En marche, com’è noto, divenne, nel 2017, da signor nessuno (era un semplice impiegato di banca) presidente della Repubblica francese grazie all’appoggio di un certo signor Rothschild ed è sostenuto da tutto il Gotha della finanza. Ma come ha governato in questi anni?

Secondo il mainstream una meraviglia, ma se esaminiamo quanto accaduto realmente l’ometto francese ha collezionato solo una lunga serie di insuccessi.    

Leggere per credere l’ampia controanalisi che il sito Politico.eu ha dedicato all’intervista rilasciata da Macron alla rivista di un centro studi francese, Le Grand Continent, e pubblicata da diversi giornali in Europa, compreso il Corriere della sera. Un’intervista fluviale (ben 12mila parole, precisa Politico), in cui Macron ha sostenuto che l’Europa può fare a meno degli Stati Uniti, rilanciando il suo progetto di «sovranità europea» e di «autonomia strategica». Obiettivi ambiziosi, ma per nulla condivisi dalla Germania di Angela Merkel, come ha confermato nel giro di 24 ore la secca risposta di Annegret Kramp-Karrenbauer (nota come AKK), ministra tedesca della Difesa. «L’Europa dovrà fare affidamento sugli Stati Uniti per la sicurezza anche per il prossimo futuro».

Insomma, per sintetizzare, Macron ritiene di poter rendere autonoma la Francia dagli Usa senza neppure il sostegno della Germania.

Del resto, in questi anni, la politica estera francese è stata del tutto fallimentare, non solo per la Francia, ma anche per l’Europa. Ad esempio: il presidente francese sostiene di essere riuscito a convincere il governo cinese a rimanere nell’accordo di Parigi sul clima, in realtà quello cinese è solo un accordo a lungo termine e al momento non ha alcun impatto sulla sua economia.

Per quanto riguarda l’accordo nel Nagorno-Karabakh, «Nonostante gli sforzi di Macron per essere coinvolto, la Francia è stata tagliata fuori dall’accordo di cessate il fuoco raggiunto nel Nagorno-Karabakh, dove a plasmare il risultato sono stati Vladimir Putin e Recep Erdogan». Stesso risultato in Libano, paese in cui la Francia aveva in passato una influenza riconosciuta, mentre ora «il tentativo francese di sponsorizzare e mediare una soluzione alla crisi politica del paese è fallita».

Cè poi lo scontro con la Turchia di Erdogan, accusata da Macron di espansionismo egemonico nel Mediterraneo orientale. Ma anche qui, ricorda Politico, «i principali alleati della Nato e dell’Ue hanno fatto a meno della linea dura francese, adottando un approccio più cauto nell’esprimere sostegno alla Grecia e a Cipro nelle loro controversie con la Turchia».

L’attivismo personale di Macron è risultato perdente anche in Libia, dove la Francia ha mostrato di avere mire petrolifere in contrasto con gli interessi dell’Italia: «Rompendo i ranghi europei, ha dato sostegno al generale Khalifa Haftar, con una manovra che non ha portato frutti. L’intervento militare turco ha fatto prevalere il rivale di Haftar, ovvero Fayez al Sarraj, capo del governo riconosciuto dall’Onu».

Imprudente sul piano europeo viene giudicato anche il rapporto con Putin: «La decisione di Macron di proseguire il dialogo con la Russia non solo ha iniettato sfiducia nelle sue relazioni con gli Stati dell’Europa orientali e in quelli baltici, ma deve ancora produrre risultati, come ha ammesso lo stesso ministro francese della Difesa».

«I francesi mettono i loro soldi dove ci sono la loro lingua e i loro interessi: nei paesi africani del Sahel, nel Mediterraneo, nel Golfo e perfino nell’Europa centrale», dice a Politico Tobias Schneider del Global public policy institute di Berlino. «La loro agenda è ambiziosa, ma a conti fatti la Francia si rivela una media potenza, che fatica a plasmare dei risultati concreti rispetto alle grandi ambizioni dichiarate in partenza».

Infine, quanto alla politica interna, sembra evidente che le varie rivolte dei gilet gialli, dei no vax, unite ad altre nelle Antille, nei territori africani e in Corsica sono un segnale inequivocabile di malcontento popolare che l’alterigia e la superficialità mostrate da Macron nell’approccio alle varie problematiche sociali hanno evidenziato in tutta la loro gravità.  

Ma siamo ormai ai titoli di coda, che vinca o perda il futuro di Macron è già segnato. Dalle ceneri della vecchia UE sta piano piano nascendo qualcosa di nuovo, qualcosa che farà fatica ad affermarsi, ma che è l’unica possibilità che rimane a quest’antico continente, ricco di storia e di cultura, di continuare ad esistere e dire la sua nel consesso delle nazioni mondiali.   

Lydia Gaziano Scargiali

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