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Democrazia Cristiana Nuova – Il ritorno di Cuffaro

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ATT12554Grande attesa dei simpatizzanti di fronte al Multisala Politeama, sala gremita, pure al piano superiore.

Presenze al completo dei candidati al Consiglio comunale e alle circoscrizioni di Nuova Democrazia Cristiana: molte le donne, gli imprenditori, i rappresentanti del volontariato e dell’associazionismo cattolico.

Tutti uniti per celebrare la rinascita della Democrazia Cristiana, il partito fondato dal sacerdote siciliano (di Caltagirone), morto in odore di santità, Luigi Sturzo nel lontano 1919, originariamente col nome di Partito Popolare, divenuto, poi, alla fine della seconda guerra mondiale, Democrazia Cristiana.

A ricordarne il contributo fondamentale dato all’Italia, per ricostruirne le fondamenta dopo i disastri della seconda guerra mondiale, il nipote e omonimo del grande Giuseppe Alessi, primo presidente della Regione Siciliana.   

Un partito, la Democrazia Cristiana, che, però, sembrava ormai confinato nelle nebbie dell’oblio ed ora è, invece, tornato nuovamente in auge.

Qualcuno si chiede perché. Ma se a concorrere al declino e alla scomparsa del partito contribuirono, circa trent’anni fa, vari fattori, oggi, per i corsi e ricorsi storici, potrebbe avvenire il contrario.

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“Accade – afferma Totò Cuffaro – che oggi a votare vadano in pochi. Anni fa, ci si vestiva a festa per andare a votare. Votando si esercitava un diritto fondamentale del cittadino, sancito dalla Costituzione. Un calo del numero dei votanti che arriva fino al 50%, significa che la metà dei cittadini italiani non si sente rappresentata, non si sente ascoltata, in altre parole si sente esclusa. Se vogliamo che questo trend subisca un’inversione credo che dobbiamo ritornare tra la gente, dobbiamo ascoltare prima di proporre un programma politico”.    

Tra i punti qualificanti della Nuova Democrazia Cristiana ci sono la salvaguardia delle attività produttive, che vanno promosse e sostenute, l’attenzione ai bisogni delle famiglie, dei disabili, dei soggetti più deboli, ma soprattutto l’ispirazione democratica.

“Il partito dev’essere plurale – afferma Cuffaro – io credo nella possibilità di collaborazione tra soggetti e organismi differenti che operino, però, nella legalità e nel rispetto reciproco.”

Anche la scelta dell’aggettivo – da aggiungere alla parola democrazia – “cristiana”, oltre ad essere una scelta coraggiosa, in un momento in cui essere “cristiani” sembra una colpa, costituisce anche la ripresa del progetto iniziale del fondatore, Sturzo, che voleva una società fondata sui valori cristiani.

Parlano il candidato sindaco Roberto Lagalla, l’ex assessore al Comune di Palermo, Pippo Enea e si presentano brevemente anche i candidati.

Il compito che attende Lagalla non è dei più facili: dovrà correggere i tanti errori del suo predecessore, ma ha dalla sua una lunga esperienza amministrativa, sia alla guida dell’ateneo palermitano sia del governo regionale. Ha un programma concreto e, per chi lo conosce, saprà certamente muoversi con impegno e saggezza.

C’è, tra i candidati al Consiglio comunale, una figura di rilievo, l’imprenditore Massimo Niceta, che insieme ai fratelli, si vide sequestrare nel 2013, dalla sezione misure di prevenzione, i suoi negozi di abbigliamento, ma dopo 7 anni venne scagionato da tutte le accuse e si procedette al dissequestro, purtroppo, però, del patrimonio non rimaneva quasi più nulla. Successivamente l’imprenditore decise di aprire un negozio dedicato al mondo del padel. Ha deciso di candidarsi per avere modo di combattere per una giustizia più equa e per dare ai giovani delle opportunità di lavoro affinchè non debbano più emigrare.

La lotta alla mafia, con Nuova Democrazia Cristiana, al contrario di quel che qualcuno pensa, sarà perseguita con estremo rigore, il no alla mafia sarà netto e deciso, perciò ci saranno al riguardo scelte chiare e trasparenti.

Cuffaro afferma, poi, di avere pagato il suo debito con la giustizia, rivendica il suo diritto di libero cittadino di non essere emarginato dal consorzio sociale e di poter fare politica senza ostacoli di tipo pregiudiziale. Aggiunge, inoltre, che in lista ci sono tanti personaggi nuovi, che vengono dalla società civile e hanno progetti utili e interessanti per la comunità.

Del resto, ha dalla sua le testimonianze di tante persone che lo hanno visto all’opera quando era governatore della Sicilia e che ne dicono un gran bene. Quando era in carcere ha ricevuto circa quarantamila lettere. Non sono state solo un segno di affetto, ma anche di stima. E le parole di Lagalla, che è stato suo assessore, lo confermano: “Cuffaro ha avuto il pieno sostegno di tantissime persone, negli ambiti più disparati: politici, amministratori, funzionari, impiegati…”  

Sul problema accoglienza ed immigrazione l’ex governatore della Sicilia non ha dubbi: “I siciliani hanno una lunga storia di accoglienza nei confronti dei popoli stranieri, che in generale ci hanno arricchito più che impoverirci, gli unici che lo hanno fatto, invece, sono stati i piemontesi. Oggi, non possiamo ignorare le sofferenze dei popoli vicini, in particolare dell’Africa, che è doveroso aiutare, permettendone la crescita sociale ed economica”. A questo riguardo – va detto – che tra i candidati figura anche qualche straniero, che ha dato testimonianza dei gravi problemi del paese di appartenenza.

La presenza in lista di tante donne, persino più numerose di quel che sarebbe necessario dalla normativa, è il segno della volontà di un appoggio sostanziale al mondo femminile che non sia soltanto di facciata.  

Cuffaro parla anche dei Referendum sulla Giustizia e, a questo proposito, ha voluto ricordare il suo incontro, in carcere, con Marco Pannella che, in una giornata del tutto particolare, come il Capodanno, gli volle parlare personalmente, testimoniandogli anche il suo sostegno e la sua simpatia. Le tante sofferenze subite in carcere da chi è stato colpito da mala giustizia non devono essere dimenticate. Occorre, perciò, esprimere il proprio voto sui Referendum sulla Giustizia e la scelta migliore, per Cuffaro, è quella del sì a tutti i quesiti.

Chi vivrà vedrà, recita un noto proverbio. Noi siciliani, spesso increduli e sfiduciati a causa delle tante ingiustizie subite nel corso del tempo e per di più spesso accusati di esserne la causa, possiamo continuare a stare alla finestra per vedere quel che accade senza prendere parte agli avvenimenti. Possiamo continuare a stare a casa o al mare senza andare a votare oppure possiamo decidere di affrontare le difficoltà della vita, partecipando alla vita sociale e politica del paese, per dire la nostra comunque, anche se forse non basterà. Ricordando, però, che chi si ritira non può, poi, avere diritto di parola e questo, purtroppo, lo sanno molto bene anche i paladini del disimpegno e del non voto.

Lydia Gaziano Scargiali

foto di Attilio Taranto

 

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