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Benedetto XVI: una grande eredità

La morte del papa emerito, come era prevedibile, ha scatenato una valanga di interpretazioni che rispecchiano molto più le precomprensioni e le ideologie di chi commenta che la realtà della persona, almeno dal punto di vista di chi lo ha amato come padre e maestro nella fede, una guida allo stesso tempo autorevole e dolce, fermissima sulle verità di fede e ricca di amore e misericordia; un uomo di immensa intelligenza e cultura, ritenuto il più grande teologo del nostro tempo, che però considerò sempre la sua superiorità intellettuale un dono di Dio da mettere al servizio dei fratelli per il loro bene, perché trovassero anche loro la felicità che solo Gesù può donare. Le sue omelie, i suoi scritti, sono semplicissimi nella forma, comprensibili da chiunque e nello stesso tempo profondi, illuminanti, perfettamente logici.

Fede e ragione, due realtà che tanti oggi vogliono mettere in contrapposizione, sono invece per lui, come per tutta la migliore tradizione cattolica, le due luci che Dio ci dà per orientare la nostra vita a quella felicità per la quale ci ha creati: “…con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più.” (da una lettera ai vescovi del 10/3/2009)

Un esempio della sua straordinaria lucidità, che si avvicina alla profezia, è ciò che disse nell’omelia della messa ‘pro eligendo romano pontifice’, pochi giorni prima del conclave, in cui parlò della ‘dittatura del relativismo’ che stava per affermarsi. In un primo momento la cosa sembrò strana: il relativismo è proprio il contrario di una dittatura, di un pensiero unico, è piuttosto un ‘liberi tutti’: ognuno dica e faccia ciò che vuole. Vediamo oggi che il pensiero unico non solo esiste ma viene imposto in modi violenti e totalitari inimmaginabili fino a pochi anni fa, perfino in paesi governati da una dittatura. Un solo esempio fra gli innumerevoli possibili: il 23 dicembre scorso in Inghilterra una signora si è fermata, da sola, davanti a una clinica per aborti; dei poliziotti le si sono avvicinati chiedendole bruscamente se stava pregando; “si, ma solo nella mia testa”: è stata arrestata e portata in carcere.

Un’altra ‘profezia’ risale a molti anni fa; era il 1969, il giorno di Natale, e il professore di Teologia  Ratzinger disse in un intervento radiofonico: “dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto e dovrà ripartire più o meno dagli inizi …perderà i suoi privilegi e ripartirà da piccoli gruppi e movimenti che metteranno la Fede al centro dell’esperienza…emergerà una Chiesa più spirituale e semplificata…gli uomini scopriranno di abitare un mondo di indescrivibile solitudine…e allora vedranno quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo, una speranza per sé stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto.”

Oggi non siamo forse ancora a questo punto, che sembra però avvicinarsi a una velocità sempre maggiore. Il Santo Padre Benedetto ci lascia oggi, oltre ad immensi tesori di cultura e di spiritualità, questo messaggio: La vita della Chiesa è saldamente nelle mani di Nostro Signore che vuole “che nessuno perisca di coloro che il Padre gli ha affidato”. Non siamo alla fine ma all’inizio, siamo come quel piccolo gruppo di poveracci perseguitati che secondo ogni logica doveva sparire nel nulla e invece ha creato una splendida civiltà.

Mietta Gaziano

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