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Perché il cibo italiano è patrimonio dell’umanità e perché è giusto considerarlo tale nonostante le critiche del professor Grandi

Full table of italian meals on plates Pizza, pasta, ravioli, carpaccio. caprese salad and tomato bruschetta on black background. Top view

Alberto Grandi imagesNel 2010 l’Unesco ha dichiarato la dieta mediterranea patrimonio dell’umanità. Com’è noto la definizione “dieta mediterranea” fu creata da un medico americano, Ancel Keys che, trovandosi in Campania, nel Cilento, con la moglie Margaret, notò come la popolazione italiana, pur seguendo una dieta differente da quella americana e alquanto più povera, fosse più sana e meno soggetta alle malattie cardiache, tanto da raggiungere un’età molto più elevata di quella di altre popolazioni, in particolare di quella americana. Keys volle mettere in pratica i suoi studi, trasferendosi a Pioppi e adottandone il regime alimentare. Visse fino a cento anni, dimostrando così la validità delle sue teorie.

La popolazione italiana, negli anni cinquanta, era molto povera, ma cercava di compensare la scarsità di cibo sfruttando al meglio ciò che aveva. Al sud venivano utilizzati soprattutto prodotti come la pasta, l’olio extravergine di oliva, ortaggi (pomodoro), frutta, saltuariamente e in piccole quantità, pesce e carne.

In seguito, la cosiddetta “dieta mediterranea”, adottata non solo in Italia, ma anche in altri paesi, è stata oggetto di studi accurati da parte di medici di varie parti del mondo e ha ottenuto tali e tanti consensi da ottenere perfino il riconoscimento dell’Unesco come “patrimonio dell’umanità”. Superfluo aggiungere che, da quando viene seguita, per milioni di persone di varie etnie e nazionalità l’incidenza di malattie cardiache e di altre affezioni si è significativamente ridotta, senza parlare del miglioramento della qualità della vita.  

I vantaggi della dieta mediterranea, dunque, ci sono stati e sono documentabili. Ma oltre a quelli della salute, ce ne sono stati pure tanti altri, per l’Italia, nel settore agricolo, nel commercio e nel manifatturiero. A fronte di tante crisi che hanno colpito, in questi anni, l’economia italiana a causa di pandemie, guerre e varie calamità, l’agricoltura, con tutto ciò che le ruota attorno, ha compensato in parte e dato un futuro a chi rischiava di non averlo.

Certo, quando si vogliono vendere dei prodotti, anche se la qualità intrinseca ce l’hanno, si cerca, tramite la pubblicità, di enfatizzare, di creare delle storie fantasiose, più o meno veritiere, sull’origine della pasta, del vino o dell’olio. In fondo non c’è niente di male se non si mente su quel che più conta, cioè sulla qualità. Se volessimo la verità assoluta negli spot pubblicitari, ne potremmo vedere ben pochi.     

Aggiungiamo pure che ricette e ristoranti italiani hanno già invaso il mondo e l’economia dello Stivale ne sta già traendo molti benefici, ma questi sarebbero ancora maggiori se si riuscisse a contrastare la diffusione di tantissimi prodotti stranieri, spacciati per italiani, nonché, spesso, di bassissima qualità.   

Rispetto ad altri paesi l’Italia ha, inoltre, da sempre un controllo sul cibo e le bevande molto attento e le norme per chi trasgredisce sono severe, molto più che all’estero, un motivo in più per fidarsi dei prodotti italiani.

Dopo questa lunga e doverosa premessa, andiamo alle esternazioni di Alberto Grandi, docente all’Università di Parma. Questi ha rilasciato un’intervista al Financial Times in cui, pur puntualizzando su alcune inesattezze o leggende sulla cucina italiana, certamente asserzioni lecite, ne ha di fatto, deliberatamente, sminuito l’importanza e l’originalità, il tutto a vantaggio della cucina americana.

A parte la facile notazione di quanto sono patriottici i nostri connazionali, a favore degli altri paesi, e con quanto zelo tifino per le altrui economie, vorremmo ricordargli, se per caso il professore non lo sapesse, che l’Italia ha dato lezioni al mondo fin dai tempi dei tempi e, anche senza risalire ai Romani, alle Repubbliche marinare o a Roma capitale del cristianesimo, nel Rinascimento, nelle corti europee si parlava italiano, si imitavano gli artisti e i letterati italiani, si creavano i “giardini all’italiana”. L’Italia, caro professor Grandi, dettava legge in tutti i campi quando l’America era stata appena scoperta e da chi? Da un italiano: Cristoforo Colombo.   

Lydia Gaziano Scargiali

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