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I ‘DIRITTI’? CALPESTANO DIRITTI FONDAMENTALI A proposito di maternità surrogata

Si torna a parlare di utero in affitto (o GPA, gestazione per altri, come molti preferiscono dire perché sarebbe più rispettoso) in seguito a varie rumorose manifestazioni delle ‘famiglie arcobaleno’ ed alle istanze della nuova segretaria del PD.

Che se ne parli è assolutamente opportuno dato che probabilmente la maggior parte delle persone non sa esattamente di che cosa si tratti ed è frastornata da una propaganda tanto insistita e roboante quanto menzognera: a base di ‘diritti’, addirittura ‘dei bambini’, e di sentimentalismo: ‘è l’amore che fa una famiglia’. In televisione vanno in scena presunti dibattiti in cui conduttore e ospiti LGBT si scagliano tutti insieme contro l’unico rappresentante della famiglia naturale impedendogli di parlare e presentandolo come un mostro inumano. Lo spettatore forse potrebbe chiedersi se un simile modo di procedere non sia per caso il frutto di mancanza di argomenti validi.

In queste occasioni, inoltre, c’è sempre qualcuno che salta su a dire ’La maggior parte delle persone che ricorrono alla GPA sono coppie sposate’. Questo è possibile e anche statisticamente probabile ma, primo: chiunque lo faccia sta facendo qualcosa di profondamente sbagliato e ingiusto (oltre che illegale) e, secondo: quelli che si agitano, manifestano, protestano e pretendono sono gli ‘arcobaleno’; gli altri tacciono e si defilano probabilmente perché per loro è più facile mimetizzarsi.

Semplificando si potrebbe affermare che tutto il gran parlare che si fa oggi di ‘diritti’, senza mai peraltro specificare, si potrebbe esprimere così: Qualunque cosa io desideri è un mio diritto e lo Stato ha il dovere di accontentarmi a qualunque costo, anche a scapito dei diritti sacrosanti di qualcun altro.

Proprio l’argomento GPA ne è un buon esempio: il desiderio di essere genitori è in sé non solo buono ma assolutamente condivisibile: far nascere una creatura, prendersene cura, aiutarla a sviluppare la sua personalità, sono tutte cose ottime e non è giusto parlare di egoismo o di capriccio, in nessun caso. Ma fin qui si tratta solo di un sentimento che può essere vero, genuino, buono. I problemi cominciano quando dal piano del desiderio si passa all’attuazione pratica.

Prendiamo il caso di una coppia di uomini e quindi della necessità di (almeno) un corpo di donna.

I due cominciano a consultare in rete i siti di maternità surrogata. Consigliamo ai lettori di fare lo stesso per farsi un’idea: ce ne sono per coppie etero, per coppie omo e per singoli e sono una mescolanza francamente disgustosa del più sdolcinato sentimentalismo e del più brutale approccio commerciale: si tratta di stipulare un contratto che prevede tutta una serie di opzioni e relativi prezzi, dalla versione base a quella VIP. Alcune agenzie prevedono addirittura una garanzia di due anni, come per le lavatrici: se il bambino muore ve ne forniamo un altro. Di solito si può scegliere su un catalogo la ‘donatrice’ degli ovuli in base alla foto (per esempio alta, bionda, occhi chiari), ai certificati medici, al quoziente di intelligenza eccetera e la ‘surrogata’, della quale non interessa altro che la capacità di portare avanti una gravidanza. Perché due donne diverse? Nessuno ha due madri. Di mamma ce n’è una sola. Ma il punto è che il futuro bambino non deve averne nessuna, deve essere convinto di avere ‘due papà’. Crescendo, capirà che la donna da cui ha ereditato il colore degli occhi e chissà quante altre caratteristiche era probabilmente una studentessa universitaria che ha venduto un po’ dei suoi ovuli per pagarsi gli studi e che la donna che lo ha ospitato per nove mesi e che lo ha partorito era oppressa dalla miseria e voleva solo sfamare i suoi veri figli.

Entrambe, ma soprattutto la prima, devono subire un pesante bombardamento ormonale che provoca sofferenze e che può causare tumore, ictus, infarto e comportare sterilità o gravi problemi nelle future gravidanze. Tutto questo non viene ovviamente detto ai clienti (che però potrebbero facilmente informarsene): loro pagano e a loro interessa il risultato. La donna che porta avanti la gravidanza, poi, non è un ‘forno’ come viene simpaticamente definita di solito. E’ un essere umano e gli umani non sono un assemblaggio di materia e psiche: i due aspetti possono essere separati solo teoricamente, per studiarli, ma non nella realtà. La gestante è una persona che vive con un’altra persona la più intensa e vitale intimità possibile. Che lo voglia o no, che ne sia consapevole o meno, non solo il suo corpo e i suoi ormoni ma tutta la sua personalità è coinvolta. Certo, potrà dirsi mille volte al giorno che non è davvero suo figlio. Che si tratta solo di un lavoro retribuito. Ma quel figlio è lì, una realtà che nessun ragionamento e nessun contratto potrà annullare. Però, certo, se qualcosa non soddisfa i committenti, o se semplicemente cambiano idea, dovrà abortire anche contro la sua volontà, con tanti saluti alla libera scelta.

Se invece si arriva al parto, entrambi subiranno il trauma della separazione. Per il figlio questo dolore sarà irreparabile e durerà per tutta la vita.

Tutto questo vale anche nel caso, puramente teorico, che non vi sia un pagamento. Sia detto per coloro che ammetterebbero una GPA ‘solidale’.

I diritti dei bambini, si diceva. Cioè il presunto diritto ad avere, sui documenti, due papà (o due mamme). E poi, hanno per caso altri diritti? Per esempio hanno il diritto alla libertà, sancito solennemente da tutte le legislazioni, cioè il diritto di non essere oggetto di compravendita? Da quanto abbiamo visto, palesemente, no. Anzi avrebbero il paradossale ‘diritto’ ad appartenere legalmente a coloro che li hanno comprati. Avranno forse il diritto alla vita, cioè a non essere uccisi? Neanche questo, visto che, fra gli embrioni creati in laboratorio, la maggior parte vengono scartati perché portatori di qualche difetto o perché del sesso ‘sbagliato’.

Come tutto questo possa essere definito ‘amore’ riesce francamente difficile capirlo.

Ma, una volta che un bambino è stato ottenuto illegalmente all’estero e viene portato in Italia, la legislazione attuale, che viene contestata e ritenuta punitiva, si ispira alla logica delle sanatorie, come per le villette abusive.

Ma siccome qua si parla di una persona indifesa, che non può esprimersi, bisognerebbe cercare il suo miglior bene, e cioè dichiararla adottabile e affidarla ad una delle tante coppie già risultate idonee e in attesa di poter adottare.

Il che sarebbe anche il modo più sicuro per far cessare questo turpe mercato.

Mietta Gaziano (da Roma)

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