Hot Topics

Primo Maggio Festa del Lavoro, ma di quale lavoro?

Ogni anno, per tradizione, il primo maggio è la festa del lavoro.

Nata più di un secolo fa, un tempo la festa del lavoro aveva un significato molto diverso da quello attuale.

Il lavoro umano, infatti, si svolgeva, prevalentemente, in campagna o in fabbrica. Oggi, non solo il settore terziario prevale di gran lunga sui primi due (primario e secondario), ma le attività che tuttora si svolgono in campagna o in fabbrica vengono svolte in modo del tutto differente: la fatica fisica è stata, se non del tutto eliminata, di sicuro alquanto alleggerita dalle macchine e dai robot. I contadini e gli operai non sono più i poveri di una volta, ma conducono spesso una vita simile a quella dei borghesi.  Con questo non si può dire che manchino i problemi o i motivi di malcontento, ma bisogna anche ammettere che la crescita economica ha migliorato parecchio il tenore di vita di tutti i ceti.

Forse quel che è mancato, negli anni più recenti, è stato soprattutto l’adeguamento dei salari al costo della vita. Le politiche dei tagli, spesso esagerati e indiscriminati, ha indebolito il potere di acquisto delle famiglie, ma soprattutto ha fatto sparire le famiglie stesse, infatti, a mancare oggi sono proprio i bambini.

Si è portata avanti una politica miope, di pura sopravvivenza, incapace di progettare, di guardare al futuro, ma soprattutto di amare gli esseri umani.

A un certo punto il paese Italia si è inceppato: trasporti cari e carenti, sanità deficitaria, criminalità in aumento…

Chi lavora si trova ad affrontare spesso un inferno quotidiano e non desidera altro che scapparsene il più presto possibile, costi quel che costi. Ma se vogliamo che l’Italia torni ad essere un paese che funziona, dobbiamo ricostruire tutto quello che è stato distrutto: la scuola, la sanità, in generale l’intero apparato statale, ma alla base di tutto occorrerà porre la solidarietà, senza la quale la ricostruzione sarà solo una chimera.  Non è un compito facile, ma pur sempre possibile. L’Italia ha ottimi lavoratori in tutti gli ambiti, ma li deve ascoltare, spesso vengono prese decisioni dall’alto senza approfondire le vere cause dei fenomeni.

La famiglia, ad esempio, è la pietra d’angolo su cui si costruisce la società e nulla la può sostituire, è pura illusione crederlo. E’ vero che il welfare ha un costo notevole per lo stato, ma è pure vero che è una spesa che non si può eliminare, se non si vuole provocare il crollo di una nazione. Certo occorrerebbe pure mantenere il welfare senza spendere troppo, ma lo stato dovrebbe avere il coraggio di tagliare quel che risulta realmente superfluo per offrire ai cittadini delle certezze in termini di sicurezza, di salute, di ascolto dei bisogni. Oggi, molti si sentono abbandonati dallo stato, vedono di non contare nulla e di non avere alcuna possibilità di cambiare la propria situazione. Bisognerebbe, invece, ridare coraggio, speranza, indicare delle vie per uscire dalle difficoltà.

Non solo è un panorama che dà tristezza, ma anche molta preoccupazione perché al momento non sembra si intravedano vere vie di uscita.   

Certo il governo Meloni sta cercando di trovare soluzioni, per esempio col taglio del cuneo fiscale, un’ottima decisione se funzionerà a dovere, ma per creare nuovo lavoro occorre dare fiducia alle aziende, ai lavoratori autonomi, ai professionisti, nonché agli stessi impiegati statali. Questi ultimi, spesso, non sono abulici come si crede, ma immessi in un sistema che funziona male, che non si adegua alla modernità e che non premia i migliori. Bisognerebbe dare spazio alla creatività, all’iniziativa privata, alle attività sportive. Sono queste le attività lavorative del mondo odierno. Per quanto riguarda la carenza di manodopera bisognerebbe, poi, innanzi tutto, tagliare le tasse e la burocrazia e consentire a chi già lavora di poter fare un secondo lavoro (se lo desidera) e ai pensionati di trovarsi un’altra attività, se ne hanno voglia. E’ vero che bisogna cercare di creare soprattutto lavoro stabile per i giovani, ma è pure vero che per alcuni può essere più conveniente un lavoro part time, purché adeguatamente tutelato. Contrariamente a quello che molti pensano, chi già lavora o ha lavorato è in grado di creare lavoro anche per altre persone. C’è bisogno di maggiore libertà, non di eccesso di regole. Il mondo anglosassone, in questo, è maestro.

Sbloccando il lavoro, poi si troveranno anche le risorse per migliorare il welafare.

La sinistra e i sindacati sbagliano quando mettono troppi paletti a chi vuole lavorare, ma dovrebbero invece occuparsi di più della sicurezza dei lavoratori, delle loro pensioni e della creazione di un nuovo welfare adeguato alle esigenze attuali. Insomma, per concludere, occorre mettere al centro il lavoro e le sue esigenze.   

Lydia Gaziano Scargiali  

Be the first to comment on "Primo Maggio Festa del Lavoro, ma di quale lavoro?"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*