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Calo della natalità? Che altro aspettarsi da una società in cui imperversa una cultura di morte?

La società di oggi, soprattutto quella occidentale, è morta, o se ancora non lo è del tutto, diciamo che è agonizzante perché senza futuro.

Lavoriamo continuamente a segare il ramo su cui siamo seduti.

La generazione dei baby boomers, nata dopo la seconda guerra mondiale, aveva ideali, nutriva tante speranze, era attiva, allegra, spensierata. Se non aveva molti soldi a disposizione, godeva, però, del poco che aveva. A scuola si faticava anche per una sufficienza e la domenica si andava a Messa con la famiglia. Gli obiettivi spesso erano semplici: un lavoro, il matrimonio, dei figli.

Poi, a poco a poco, tutto cambiò. La famiglia, demonizzata, fu considerata la causa di tutti i guai possibili e immaginabili. Si portò a sostegno di questa tesi una valanga di esempi negativi di ogni genere e tipo, senza neppure riflettere sul fatto che, in ogni caso, la realtà ci dice che non è possibile sostituirla con qualcos’altro. O, per lo meno, chi lo ha sostenuto e messo in atto, come l’Unione sovietica, per fortuna solo in parte, ne ha pagato pesanti conseguenze. Secondo la “Bibbia comunista” la famiglia andava abolita perché di matrice borghese, quindi depositaria di tutti i vizi e i mali “borghesi”, e sostituita, invece, dallo stato, che si sarebbe, invece, occupato dell’educazione dei bambini nel migliore dei modi.

Quanto sia stato migliore questo sistema educativo o, per meglio dire, “rieducativo e coercitivo” è facile immaginare. Lo stato fu deificato per sopprimere la fede in Dio, idem il dittatore, posto a capo dello stato, che finì per essere adorato quasi al pari di un imperatore romano. La verità divenne allora quella che veniva imposta dall’alto, qualsiasi forma di libertà individuale abolita e persino la ricerca scientifica risultò fortemente condizionata dalle verità “dogmatiche” imposte dal partito, per cui andava accettato solo quel che l’ideologia imponeva, pena l’epurazione, il confino, l’arresto…

I bambini, poi, lasciati in tristezza e solitudine, crescevano in tetri casermoni, privati degli affetti più cari.

Per quanto non si possa negare che in alcune famiglie i problemi non manchino, e possano essere anche gravi, è difficile immaginare qualcosa di peggio per loro della crescita in una sorta di orfanotrofi pubblici.

Mettendo da parte gli aspetti tragici di queste vicende, vediamo invece di mettere in luce i tanti aspetti benefici che le famiglie producono e che si vogliono, artatamente ignorare.

Intanto, la famiglia costituisce la cellula fondante di ogni società, qualsiasi sia la sua forma politica.

Ogni famiglia si dà, nel suo piccolo, un’organizzazione sociale, politica, economica, che ha la sua ragion d’essere nel vincolo di solidarietà, che accomuna i suoi membri.

Le famiglie in cui si realizza al meglio il vincolo naturale che lega i suoi membri sono quelle che assicurano, poi, allo stato, e alla società tutta, il funzionamento migliore. I bambini che studiano, molto probabilmente, un domani, saranno dei lavoratori capaci, dei bravi cittadini, dei bravi genitori…

I genitori si prendono cura dei figli e dei familiari anziani, ma è vero pure l’inverso, cioè che spesso sono gli anziani, i nonni, a prendersi cura dei nipoti.

Tutto questo accadeva qualche decennio fa, e accade ancora in molte comunità, se non in tutte.

E’ accaduto, infatti, che si sono ignorate le esigenze della famiglia che si è dovuta piegare alle esigenze di una società industrializzata che aveva bisogno soprattutto di braccia per il proprio funzionamento.  Purtroppo, alle società moderne, le trasformazioni economiche non hanno portato solo benefici, ma anche problematiche di varia natura.

In particolare, in Italia, sono state trascurate le esigenze delle donne e delle famiglie. Lo stato, infatti, non se ne è fatto carico come, invece, avrebbe dovuto.

Così, oggi, non solo sono ancora poche le donne occupate, ma queste sono spesso costrette a rinunciare alla maternità a causa della difficoltà di conciliare lavoro e famiglia.

Le scelte politiche attuate in questi anni, ignorando le conseguenze di questa disattenzione, hanno privilegiato le esigenze dei single rispetto a quelle dei nuclei familiari, che sono stati, quindi, ingiustamente caricati di tasse e oneri vari. Anche l’unione ufficiale di una coppia, tramite il matrimonio, ora è penalizzata rispetto all’opzione della semplice convivenza. Ma tutte queste trasformazioni hanno reso la vita più precaria da tutti i punti di vista, compreso quello lavorativo. Un giovane che abita con i propri familiari o nello stesso comune spesso gode di non pochi vantaggi rispetto a chi è costretto a trasferirsi in una città lontana e deve, di conseguenza, organizzarsi da solo. Questo è un dato di fatto, non una scelta di campo.

Astrattamente, infatti, si può ritenere che sia un bene andar via dalla propria città per cogliere delle opportunità di lavoro, ma anche per conoscere altri luoghi, altre mentalità, allargare i propri orizzonti…

Sul piano concreto, però, vanno valutati anche altri aspetti logistici e organizzativi per non andare incontro a grosse delusioni. Al riguardo, non si può certo generalizzare, quel che può andar bene per qualcuno non lo sarà necessariamente per altri.

L’educazione “moderna” è stata impostata sul più gretto materialismo. Il modello di cittadino oggi proposto è una sorta di automa decerebrato, mezzo uomo e mezzo robot, rozzo e ignorante, aspirante solo al soddisfacimento dei propri istinti primordiali. Quest’essere, che solo a fatica potremmo definire “persona”, ha ormai perso ogni diritto: non ha quello di nascere, perché può essere abortito, non ha quello di svilupparsi se si trova congelato in frigo nello stato embrionale. Nascerà solo se avrà la fortuna di essere accettato dai propri genitori. Se questi, poi, riuscirà a raggiunger l’età adulta e la vecchiaia non dovrà aspettarsi, da parte della società, alcuna cura o attenzione, ma piuttosto una rapida eliminazione, tramite eutanasia “forzata”.

Che l’essere umano dia fastidio in ogni caso ormai ce lo dicono in tanti: i bambini sono un peso, meglio non averne, gli anziani, un costo sociale insopportabile, un marito o una moglie costituiscono un pesante fardello da non addossarsi.

Ci vogliamo meravigliare per i tanti femminicidi, per le tante violenze e sopraffazioni cui assistiamo di continuo?

“Ognuno sta solo sul cuor della terra” diceva il poeta e “lì deve restare” aggiungono i contemporanei.

Volendo costruire una società perfetta ne stiamo, invece, costruendo una mostruosa, in cui solo pochi eletti godranno di diritti, mentre la massa, costretta all’ignoranza e all’impotenza, potrà, tutt’al più, vegetare, isolandosi o rifugiandosi in qualche paradiso artificiale.

Con queste premesse stiamo correndo verso l’abisso a tutta velocità, ma siamo ancora in tempo per invertire la rotta?

Onestamente, avendo, chi oggi detiene il potere, completamente distrutto le basi morali per una civile convivenza, basata su rapporti di amicizia e solidarietà fra gli uomini, non sembra certo un compito facile. A nostro parere andrebbe, però, ridato uno spazio adeguato alla fede e alla preghiera, senza le quali non ci sembra si possa migliorare in alcun modo perché, come disse a suo tempo anche il grande filosofo illuminista Voltaire, anticlericale, ma credente: “Se Dio non esistesse, bisognerebbe inventarlo”.

Lydia Gaziano Scargiali

 

 

 

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