C’è anche un patriarcato che piace a tutti

L’uccisione di Giulia Cecchettin ha portato con sé un’infinita serie di dibattiti su ogni possibile mezzo di comunicazione, proposte di nuove leggi e il solito ‘deve intervenire la scuola’, con annesse marce e retromarce. Tutto questo, spiace dirlo, non solo inutile ma, molto probabilmente, dannoso.

Premetto che non intendo minimamente fare riferimento a questo caso specifico per rispetto delle persone: troppi si sono imbarcati in ipotesi e interpretazioni del tutto gratuite. Ma anche prendendo in considerazione il problema generale, le soluzioni che vengono proposte appaiono talmente fuori bersaglio che uno si chiede da quale mente siano uscite.

Proviamo a mettere in fila qualcosa: enormi manifestazioni ‘contro la violenza’ portate avanti da personaggi talmente violenti e rabbiosi da far veramente paura. Un gruppo di loro (non i soliti ‘infiltrati’) assalta e vandalizza la sede di Pro vita e famiglia, lancia all’interno una bomba – che per fortuna non esplode – e rivendica con orgoglio l’azione rimpiangendo solo che non ci fossero all’interno i membri dell’associazione in modo da poterli bruciare. E perché costoro avrebbero meritato tale sorte? Risposta: ‘Perché vogliono fare nascere dei bambini – che invece dovrebbero essere abortiti – i quali, una volta cresciuti, uccideranno le donne’. Ovviamente fra i piccoli salvati dall’aborto il 50% o più sono femmine, e fra quelli che sono maschi il 99,9% non ucciderà nessuno, ma cercare una logica in tale furore ideologico sembra piuttosto vano. Gli esponenti di primo piano della sinistra che erano presenti alla manifestazione, per esempio la segretaria del PD Schlein e il sindaco Gualtieri, si sono rifiutati, anche dopo esserne stati sollecitati, di deplorare l’accaduto.

No comment.

In questa occasione, comunque, è successo un fatto clamoroso – che però nessuno, a quanto ne sappia – ha notato: fra tutta la massa di commentatori, tutti, tutti, hanno parlato di donne, destinate ad essere vittime, e di uomini, spregevoli, assassini, patriarcali. Erano molti anni che ci sentivamo dire fino allo sfinimento che era ridicolo credere che ci fossero solo due sessi (‘binarismo’, ‘eteronormatività’), in realtà c’era un’infinita gamma di possibilità, anche modificabili a piacere, fra questi due estremi ormai superati e di fatto molte persone, sempre di più, si dichiarano (dichiaravano?) non binari. Che fine hanno fatto? Sono tutti rientrati nei sessi biologici? Ovviamente no: che uomini i quali affermano di essere donne vincano concorsi di bellezza o competizioni sportive femminili va benissimo. E se le ragazze, con tutti i sacrifici che hanno fatto per quelle gare, protestano, peggio per loro: sono transfobiche. Peraltro non si ha notizia di donne che ‘si sentono’ uomini e che partecipino a competizioni maschili. Chissà perché?

Il motivo è che i sessi esistono e sono due. E che i maschi sono – in media – più alti, robusti e aggressivi delle femmine. Date per scontate le due prime caratteristiche (speriamo) vediamo la terza: l’aggressività non è violenza, è un’energia, come l’energia elettrica, può essere usata per moltissimi scopi diversi. E può anche esprimersi come violenza, ovviamente.

Che fare in proposito? La risposta che viene data più comunemente, e che probabilmente si tradurrà in programmi scolastici, è che bisogna neutralizzare, spegnere, questa energia. I maschi devono vergognarsi di esserlo, devono coltivare il più possibile la gentilezza, la sensibilità, il pianto, devono tentare di farsi accettare apparendo deboli e fragili. (Tutto ciò naturalmente si applica solo ai maschi bianchi, dato che prima, durante e dopo il delitto di Giulia ci sono stati molti altri femminicidi, e molto più efferati, da parte di uomini immigrati ma di questi è proibito parlare. Le donne vittime in quei casi, non meritano nulla.)

Questa del ‘femminilizzare’ i maschi è la ricetta per il disastro. Prima di tutto perché è ingiusta: incolpare qualcuno non per ciò che ha fatto ma per ciò che è può produrre solo rabbia e frustrazione e poi perché distorcere le attitudini naturali di una persona è molto pericoloso. Le attitudini vanno incanalate in modo che siano positive per la persona stessa e per gli altri.

Volete un esempio di aggressività usata in modo positivo?

In Italia purtroppo avvengono spesso terremoti, alluvioni, frane e altre calamità. E che succede in quei casi? Che arrivano migliaia di giovani i quali usano la loro aggressività per spalare fango, rimuovere macerie, trasportare feriti, cercare persone disperse nei boschi eccetera. Sono volontari e direi che appaiono felici di usare le loro energie per uno scopo che viene apprezzato da tutti, indistintamente. In quei casi arrivano anche reparti militari e personale della protezione civile e, nel momento dell’emergenza, si riforma una situazione simile al patriarcato di una volta: gli ufficiali – padri danno ordini e i volontari – figli li eseguono, riconoscendo legittime e necessarie le indicazioni di chi è più esperto. (Naturalmente sia fra gli ufficiali che fra i volontari ci sono anche molte donne, ma il principio rimane: si tratta del principio di autorità, del principio paterno, anche quando è incarnato da una donna, così come un padre che dà la pappa al bambino incarna in quel momento un principio materno).

Una volta rientrata la fase di emergenza quei magnifici, a volte eroici, volontari tornano a lavori prevalentemente sedentari e noiosi, spesso alla disoccupazione, insomma sono frustrati da una società che non sa come utilizzare al meglio i talenti dei suoi figli.

Quando si sente parlare di ‘patriarcato’, sempre in modo negativo, ovviamente, è chiaro che chi parla ha in mente solo il sesso, mentre quando esso esisteva, secoli fa, era un sistema complesso e integrato di tutta la società che, per esempio, prevedeva che l’uomo, il padre, dovesse essere pronto a combattere e molto probabilmente a morire per difendere moglie e figli, il che era una possibilità molto reale in quasi tutte le epoche del passato che somigliavano a situazioni di perenne emergenza. Anche il famigerato detto ‘l’uomo è cacciatore’ non aveva primariamente un senso sessuale. Significava proprio passare notti e giorni nella natura selvaggia nella speranza di portare a casa un cervo o due conigli.

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