Dall’Euro patacca in poi esempi buoni e spesso cattivi dall’estero

Euro crash – Euro crack
PRINCETON, NJ - OCTOBER 13: Princeton Professor and New York Times columnist Paul Krugman smiles during a press conference to announce his winning the Nobel Prize October 13, 2008 in Princeton, New Jersey. Krugman was given the prestigious award, which includes a prize of $1.4 million for his work on economic trade theory. Jeff Zelevansky/Getty Images/AFP
Un occhio all’estero non guasta. Anzi, non guasterebbe. Perché l’Italia, rispetto ai suoi problemi e alle sue scelte, spesso si pone come fosse “sola al mondo”… I più informati ci risponderanno che delle commissioni governative si recano all’estero a studiarne le legislazioni… Un bel viaggetto interpartitico non guasta… E di solito tali “spedizioni” sono proprio mirate. Ovviamente, anche alle cenette insieme, quando di cenette si tratta, fascisti e comunisti tutti d’accordo sul programma, come diceva Trilussa… (Nella foto Paul Krugman: l’Euro è una patacca). Da 4 fino a 6 i grandi economisti da Nobel che lo affermano…

Di regola, non sembra proprio che si traggano i migliori “insegnamenti” dalle esperienze straniere… E questo nonostante che l’esterofilia sia un malattia cronica degli italiani, peggiorata da un generico “complesso d’inferiorità” e con il male peggiore: un provincialismo pernicioso. Spesso si finisce per dire che qualche soluzione “moderna” …non sia cosa nostra. Il popolo stesso, ad esempio, dubita che l’Italia possa gestire bene le centrali nucleari, nonostante sul tema l’Italia sia da sempre all’avanguardia nel mondo… Si dubita che possa costruire un buon ponte sullo Stretto, mentre Impregilo, incaricata di farlo, va a costruire il Canale di Panama e l’Enel realizza in Nevada la più grande centrale elettrica geotermica del mondo… Per inciso, c’è certamente chi al vertice gioca al ribasso e gira il dito nella piaga di questi complessi, riuscendo così a fare anche il proprio gioco. Ne parleremo altrove… Teniamo, però, conto che il provincialismo porta, in altri momenti, ad eccessive esaltazioni. Allora è facile da un momento all’altro a gridare all’unisono; “siamo i primi del mondo, la nostra città è la capitale…”

In fatto di norme, l’Italia – ex culla del diritto – non apprende molto dall’estero e, quando lo fa, solitamente sbaglia. Scambia l’errore per innovazione e le buone indicazioni per avventure… Ecco che copia da una parte l’Iva dalla Tva francese e poi l’Iva, o Tva che sia, invade l’Europa e il mondo. La malattia demagogica, qui, è mondiale, si chiama statalismo: fa dello Stato la “grande mamma” da cui su pretende – cioè si pretenderebbe – l’infallibilità, l’onnipresenza, basata sull’onniscenza. L’altra sera in Tv un “grande pensatore” ateo diceva che Dio è un’invenzione tesa a sconfiggere il dolore dell’idea della morte. Almeno riconosceva nella lotta contro il dolore una costante aspirazione umana… L’intero talk show gli conferiva l’aria dell’esperto, del grande saggio, per gli inglesi sarebbe stato il wise man… Aggiungeva come gli venisse da ridere pensando ai milioni di persone che …credono. Con logica ben più stringente si potrebbe dire che, per lo statalismo, se Dio è ovunque, lo Stato, neanche fosse per la parola stessa, …c’è già stato. Siamo, se non ve ne siete accorti, in pieno materialismo storico. E’ un male che si accompagna – sembra strano – al pensiero di Platone, alla Rivoluzione francese, all’Illuminismo, al fondamentalismo religioso (anche cristiano). E’ possibile che molti non se ne accorgano…

Stiamo divagando? No, perché la giusta teoria è buona pratica. Il guaio che uno Stato grande mamma e onnisciente non esiste e non esisterà mai, così come la Repubblica di Platone è esistita solo nella sua mente. Ha la scientificità nuda e cruda della fantasia di Platone. Quelle che sono esistite ed esistono sono le repubbliche “vere”. Un progetto sensato, specie se socio civile e politico, deve nascere da un’accurata osservazione dell’esistente.

Né è vero che “illuminando” al lume della nostra ragione la realtà circostante possiamo facilmente venire a capo degli nostri storici problemi umani e naturali… Cioè, che dice Amleto, i cronici mali che la carne ha ereditato… Né, come la storia ha dimostrato, abolendo la proprietà privata del capitale, né mettendo da parte in mezza generazione la morale tradizionale a favore d’invenzioni “d’intelligenza“, si risolvono i problemi, appunto sociali e civili, di un popolo.

Attribuire allo Stato – ecco ciò che vogliamo dire – compiti che vanno al di là delle sue reali possibilità è da imbecilli (parola presa in prestito da Maffeo Pantaleoni). E’ stato da imbecilli anche introdurre l’Euro in un momento di gran crisi, tanto quanto lo sarebbe stato per una famiglia ristrutturare la casa con l’agente di Equitalia alla porta… Tutto ciò è da imbecilli, almeno quanto imporre “certe” tasse in più ad un popolo già stressato dalla crisi economica.

Questo popolo avrebbe bisogno di “iniezioni” di denaro, persino solo formali, da investire, perché avrebbe bisogno di “iniezioni” di incoraggiamento e non di notizie di incombenti default… Sarebbero necessari provvedimenti che ristabilissero una garbata e costante inflazione, per aiutare chi investe e riparare, nel sociale, chi di certo ne soffrirebbe con meccanismi già usati in passato come la “scala mobile“.

Come e che cosa dovrebbe fare lo Stato? Non può far altro che diminuire il numero dei suoi compiti, ridurre di entità quelli che non può abolire, affidare al “mercato” tante funzioni in  più che si è arrogato senza saperle assolvere. Lo Stato ha finito – per mera e riconoscibile demagogia – con il togliere servizi al mercato, laddove venivano ben forniti terminando con un attivo a favore di chi li forniva. Assumendo quei compiti, lo Stato sperava dei render pubblici persino quegli “utili d’azienda” legati a quei servizi, ma ha finito con grande rapidità, stavamo per dire alla velocità della luce, con il rendere pubbliche le perdite di bilancio. Un’osservazione: togliendo l’utile ai privati lo Stato avrebbe ottenuto anche un risultato “morale“. Se notiamo: un risultato ideologico

L’economia di mercato, pur afflitta da enormi imposte e tasse da decenni, più  gravami d’ogni genere – anche perché lo Stato non fornisce adeguati servizi e non garantisce la sicurezza –  ha dimostrato, comunque, una vitalità inaspettata, sopravvivendo oltre ogni previsione, essendo ancora “viva” e sostenendo fino ad oggi la società del benessere, con la gran maggior parte delle sue caratteristiche.

Si studi la realtà estera delle nazioni che fanno meno errori, individuandole. La Francia impone gravami persino più pesanti dell’Italia, ma è più elastica nelle riscossioni: la percentuali dell’evasione è minore…

Quanto all’Europa, noi non ripeteremo che per i Quattro premi Nobel dell’economia Paul Krugman, Milton Friedman, Joseph  Stigliz, Amartya Sen sostanzialmente l’Euro è una patacca. E’ ovvio, secondo noi, che una moneta che si compra come fosse oro, ma è di carta lo sia. Come è ovvio che imporre di comprarla a paesi che – per altyo verso – si additano come indebitati fino al colo sia letale. Può organizzare un “castello” simile solo chi vuole bloccare l’Europa, placcarla con mossa rugbystica.

Sentiamo che cosa ebbe modo di dirne il grande economista Federico Caffè. Perché, se M. Pantaleoni fu il più grande economista italiano dei primi del 1900, ecco un altro grande economista italiano, ma ben più moderno  con cui Mario Draghi diede la tesi di laurea…

Ecco il “discorso di Caffé” rimasto famoso come tale.

Scrisse il Prof Federico Caffè: “…A questi esiti, d’altra parte, non è stata estranea l’incapacità dimostrata dalla Comunità Economica Europea a dare un contributo positivo alla creazione di un sistema operante di poteri bilancianti, destinati ad evitare un assoggettamento effettivo della disgregata area economica europea rispetto alle potenze mondiali egemoni. Non può sfuggire, al di là della retorica delle parole e dei messaggi, che il futuro europeo, come configurato dalla prevaricante ed economicamente obsoleta visione teutonica, non corrisponda agli ideali che mossero la costruzione comunitaria. Questa, negli auspici, avrebbe dovuto anch’essa basarsi su rapporti di effettiva parità tra i vari membri: sulla realistica comprensione che i dislivelli di partenza dei diversi paesi non potevano non ingenerare tensioni con il procedere dell’unificazione; sulla necessità di accorgimenti adeguati, per poter avanzare di conserva ed evitare l’instaurarsi di direttori”.

L’Italia dovrebbe, ma purtroppo non se ne intravedono le capacità, scrollarsi il provincialismo e lo spirito gregario che discende dai suoi storici complessi, dovuto forse all’essere “nata” politicamente in ritardo come nazione. L’Italia dovrebbe guardare con raziocinio all’estero nel bene, ma anche distinguere il male. Essere cosciente del fatto che può insegnare agli altri stati tanto il diritto, quanto – aggiungiamo fermamente – la morale. Anche perché è la sede della Cristianità cattolica e la sua lingua – l’Italiano – ha già sostituito il latino come mezzo comune d’espressione di Santa Romana Chiesa. Se questo non basta agli italiani e preferiscono “assecondare ” fra tute la politica di un’ex cittadina della Germania Est che si chiama Rebecca e si fa chiamare – ritenendolo lei, forse, un fatto di decenza – Angela, oppure preferiscono accogliere la morale familiare “moderna” dei discendenti dei Vichinghi,  facciano pure…

Si può pure ritenere che Donald Trump, che è divenuto nella vita il capo di un grande impero economico in un paese libero sia un buffone. Che, invece, un dipendente di una qualunque banca fra le tante dei Rothschild, “chiamato” al vertice della Francia, protagonista della più stupida politica internazionale del dopoguerra, sia un “uomo politico” affidabile. Così, del resto, sostengono a ben vedere i media

Germano Scargiali

 

Sia chiaro che non è la moneta unica – l’Euro in se stesso – che avversiamo. Diviene ricorrente un chiarimento che ripetiamo da sempre. L’errore è “questo” euro. Cioè un euro così. Lo stesso vale per l’Europa. Grande è il progetto di un’Europa unita. Quella che abbiamo è una parodia, basata fra l’altro proprio sull’euro, senza un apolitica, senza una cultura… E’ quasi il contrario di ciò che dovrebbe essere, a parte l’abolizione delle frontiere che, però, viene messa in dubbio da un’immigrazione fuori controllo. Neanche per questa – platealmente . l’Unione europea riesce ad organizzarsi in modo “decente”. (GS)

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