Se, come disse Benedetto Croce, ‘non possiamo non dirci cristiani‘, perché tutto il mondo – e l’occidente in particolare – ha bevuto – per dirla in poesia – al calice del cristianesimo, si pensi al calendario (D.C.), qualcosa di simile possiamo dire del socialismo, pur di stampo (purtroppo) marxista. Perché – come diremo avanti – è lì l’errore, nel trasformare, cioè, il tutto non nella rappresentanza di una posizione socio politica, né gli interessi di una categoria, ma nel trasformare il tutto in un’ideologia…
L’importante sarebbe che il socialismo si testimoniasse più nel bene (lo spirito sociale) che non nel male, cioè cadendo nel materialismo storico e nell’abitudine di ragionare in subordine ad ‘una’ ideologia.
Peggio: …in un’ideologia dai 10 comandamenti – quasi fosse la religione abramitica – ma improntati all’accennato materialismo storico, all’ateismo, ad un errato spirito laicista che comporta errori morali e materiali… Ciò proprio, se è vero che unico sia ‘il cervello pensante’ e non vi sia soluzione di continuità, non un salto netto nell’ambito dell’intelligenza. Vogliamo dire che, se la mente ‘si abitua’ a ragionare in termini ideologici, …lo farà sempre.
La semplificazione di base dell’ideologia marxista, ma anche di quella illuminista, consiste nel ridurre tutto il pensiero ad “uno”, nel confrontare con il principio base ogni ragionamento particolare. Da qui, l’ideologia non tarda a moltiplicarsi in più ‘piccole ideologie‘ che risolvono in qualche modo i problemi particolari che inevitabilmente si presentano…
Val la pena di ricordare che il voler ‘ridurre ad uno‘ la molteplicità del cosmo, cioè la realtà ‘planetaria’ da cui, invece, anche la semplice ‘visione’ dell’unità è esclusa. Nella logica della teologia cristiana, l’unità è solo in Dio e cercare di realizzarla, di tenerla in pugno – come anche il solo vederla – è il maggiore dei peccati.
La realtà terrena è, infatti, caratterizzata dalla molteplicità. Tentare di annullarla consiste nel ripetere lo spirito negativo che è alla base del peccato originale.
Il mondo (cosmo), chiariamo ancora, è come ‘condannato alla molteplicità‘: essa si esemplifica e si evidenzia concretamente di continuo nella ininterrotta scelta che si impone all’individuo e alla società stessa di discernere fra il bene e il male, fra il vero e il falso, fra la ragione e il torto, fra l’errore e il suo contrario.
Gli antichi filosofi si divisero subito fra chi concepiva la virtù come la capacità di percepire la sostanziale staticità del creato (Parmenide, Zenone, Platone) e chi, invece, sosteneva che la virtù consistesse nell’accettare (e gestire) il continuo ‘divenire’ di tutto l’esistente (Eraclito del panta rei) e che la realtà fisica e mentale, oltre che sociale fosse caratterizzata dal movimento e dalla molteplicità (Democrito, che creò il concetto e il termine di atomo).
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Un opportuno chiarimento…
E’ appena il caso di osservare che la realtà moderna non fa che confermare la molteplicità e il movimento come ‘indole’ della storia e del progresso:
La molteplicità è l’anima della libertà.
Il movimento, oggi, è ‘tutto‘: è nella materia, è crescita, è ricchezza. Il movimento, inteso anche come movimentazione attraverso il territorio è la colonna portante del benessere. Della ‘creazione’ di valore aggiunto.
Il movimento – anche delle merci, dei servizi e del denaro – vale ormai più dell’oro.
Il tempo in cui l’oro e la terra ‘erano’ la ricchezza fu soprattutto il Medio Evo. Per il resto, già la grandezza di Roma e delle maggiori civiltà antiche si fondava sulla rete stradale…
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Individuare un principio unico da cui far dipendere l’intero ragionamento umano (e le stesse scelte) è l’errore, tragico, dell’illuminismo ed anche del marxismo….
Quel principio che ‘svegliò il mondo’ nel ‘700, provocando il lievito degli enciclopedisti e della Rivoluzione francese, conteneva un ‘veleno’ di base: non è vero, infatti, che basti illuminare “à la lumiere de notre raison“, alla luce della nostra ragione la realtà per risolvere i problemi della storia…
Basterebbe osservare – senza neppure entrare nel problema – che ciò comporterebbe la ‘stucchevolezza’ della storia passata, cioè la ‘stupidità’ dei ‘nostri predecessori’. Ma, di fatto, i problemi del mondo e dell’umanità sono tali e tanti che occorra l’intero corso della storia, il cui epilogo è assolutamente ignoto e, forse, è una mera astrazione, per approfondirli e, quindi, risolverli in qualche modo…
E anche ciò – almeno nei fondamenti – in un modo a noi ancora ignoto: non esistono ‘ricette’, né illuministe, né marxiste, né d’altra matrice. Mentre è chiaro che un ‘corretto pensiero laico‘, se vogliamo usare questo travisato termine, di per sé non afferma, né nega niente… Perché, nel momento in cui ‘afferma‘ o ‘nega‘ cessa di essere laico.
La conseguenza dell’errore, che l’illuminismo trae da un’imprecisa interpretazione del pensiero di Platone, è la superficialità – e, diciamo così, la frettolosità – con cui ritiene di ‘poter cambiare il corso della storia‘- applicando una sola o poche idee, apportando una o poche modifiche – anche se fondamentali – al pensiero applicato. E ciò persino nel corso di una o di un paio di ‘generazioni’.
Regole come la fede nell’intelligenza immediata o come l’abolizione della proprietà privata del capitale, non risolvono il problema sociale, tantomeno i problemi della storia che, come il grande Shakespeare fa dire ad Amleto, …la carne ha ereditato.
Da questo ‘vezzo‘ della semplificazione nasce molto del peggio dell’era in cui viviamo. Eliminando, in sostanza, una serie di dati ‘dal problema’, cioè da ogni e ciascun problema, si giunge a ‘scheletriche conclusioni materialistiche‘, all’ateismo, al nichilismo, ad una sorta di religione del concreto che si declina e si coniuga nell’intero panorama del pensiero. Da qui nasce l’edonismo egocentrico, il salutismo, il pernicioso relativismo etico, l’ecologismo ideologico… Tutti questi sono dei corollari che discendono dal concedere l’idea di assoluto che appartiene a Dio – che non si vede – a qualcosa di visibile: il cosmo che appare ai sensi come eterno, perché visibilmente sopravvive all’individuo ed è come se lo dominasse non solo materialmente, ma anche moralmente… Ciò sempre per la ‘inseparabilità dei concetti affini‘ se legati al mondo dello spirito o – se preferite – dell’intelligenza.
Come si vede, si cade nell’errore più totale, piombando addirittura nel paganesimo ed, anche, oltre ancora…
E’ così che nascono gli errori morali del mondo contemporaneo. Che sono anche ‘tecnico scientifici‘, perché – ripetiamo – l’intero ragionamento (il processo mentale) è fondamentalmente ‘malato‘.
E’ così che entra in voga il concetto di New age. A conferma che si cerca qualcosa di nuovo e, imbattendosi nella molteplicità del reale, finisce comunque per complicarsi in una serie di vere e proprie ‘nuove credenze‘
Il termine “New Age” (letteralmente “nuova era”) iniziò a essere diffuso dai mass media statunitensi nei tardi anni sessanta, per descrivere le forme di controcultura spirituale interessate a pratiche e concetti come la meditazione, il channeling, la reincarnazione, la cristalloterapia, la medicina olistica, l’ambientalismo e numerosi “misteri” di difficile interpretazione come gli UFO o i cerchi nel grano, o anche i bambini indaco.
Focalizziamo, ora, il channeling…
La canalizzazione, o in inglese channeling (sostantivato in «condotto») è un termine utilizzato nell’esoterismo e nella letteratura new Age per riferirsi ad un metodo di comunicazione tra un essere umano e un’entità di un’altra dimensione, generalmente un angelo, un maestro “asceso”, uno spirito del piano astrale, o un’entità ritenuta un dio, un alieno ecc.
Attenti che “quell’angelo” oggi si configura spesso come il Diavolo!