La mini elettrica nasce a Bari e non a Termini Imerese

Minicar ma non troppo ha 4 posti e 200 Km di autonomia costerà circa 10 mila euro

Mentre si attende invano la soluzione dell’annosa vicenda della Fiat di Termini Imerese, in Puglia fanno di meglio e, in una ex fabbrica, chiusa da poco hanno iniziato a fare ciò di cui a Termini si parla da sempre ed era una soluzione – a quel livello – abbastanza semplice e opportuna. Per inciso la Blutec (componenti auto) ha assunto a Termini 123 ex operai su 699 ex Fca che sono rientrati al lavoro, gli altri sono ancora in cig. La Fiat aveva chiuso nel 2011 ed è in corso il “piano di reindustrializzazione” sempre nel settore auto.

La nuova auto "svelata" alla Mostra d'Oltremare
La nuova auto “svelata” alla Mostra del Levante

In realtà produrre una minicar, per un uso cittadino o anche extraurbano a raggio ridotto, qualcosa di pratico ed economico che il mercato non solo richiede, ma è assolutamente carente, quasi “assetato” è certamente possibile e consigliabile. Abbiamo, però, ritenuto che questa “opzione” venga ostacolata per ovviare che tale “macchinetta” sia acquistata a danno di quelle della fascia superiore, divenendo prima macchina o macchina unica per una corposa utenza… Si tratterebbe di un bene rifugio, un “genus” contro il quale il commercio, i cartelli privati e persino la politica fanno guerra in ogni settore: sono questi i limiti ovvi dell’economia di mercato, alla quale non si può rinunciare per molti e validi motivi, ma che by-passa spesso gli interessi sociali e, tanto più, il bene individuale.

Sarebbe facile produrre delle utilitarie minime a combustione interna, cioè delle mini ad alimentazione tradizionale… Qualcosa di appena più “corposo” delle minicar non targate che sono certo un’anomalia del mercato, ma che hanno preso piede, ricorrendo all’escamotage del motore Diesel, tollerato “come fosse un cinquantino”, ma – soprattutto – hanno mantenuto un prezzo “luxury”, che poco si confà, del resto, alla limitata qualità del prodotto finale. Fateci caso: neanche questa nuova auto costerà i fatidici 6 mila euro o meno che tutti vorrebbero…

Superfluo osservare che le scelte “politiche ed oltre la politica” sono ignote ai “comuni mortali” e se Termini sognava le piccole ibride, ma si sono fatte a Bari, qualche motivo a noi meno noto, magari di contorto indirizzo logico, può certamente sussistere.

Al passo con ciò che si aspetta il mercato, per scelta programmatica e “moda”, sta entrando in produzione a piccolo livello – mentre se ne era parlato a lungo, invano, anche a Termini – un’auto elettrica. Avviene però a Bari. Una disdetta per la ex Fiat… Prova, se ce ne fosse ancora bisogno, che l’allocazione in una regione a statuto speciale come la Sicilia conti poco o nulla, ovvero risulti penalizzante, anziché rappresentare un vantaggio…

Tutto è dovuto agli altri: autostrade moderne, alta velocità, porti “efficientati” con l’introduzione di novità informatiche avveniristiche. Ben poco avviene in Sicilia.

Poiché in tutto il mondo si parla di mettere fuori uso le “vecchie” automobili a benzina e Diesel – con grave sofferenza di chi ama la tradizione e il rombo dei vecchi motori, con i risvolti storici e sportivi che si porta appresso – ecco la nuova auto elettrica. Non può dirsi un inedito, se è vero che la “vecchia elettrica” era l’auto di Nonna Papera. Ma, si sa, in Sud Italia si arriva con …l’ultimo treno. Nelle isole, però, per grandi che siano, spesso non si arriva affatto…

Così l’hanno battezzata come Auto elettrica made in Bari, ma solo per il momento: è un ovvio nome “mediatico”, che potrebbe rappresentare, però, uno schiaffo dalla piccola Puglia alle Multinazionali… I capitali, però, sono stati approntati in maggioranza da una società americana.

Km. 200 con una ricarica, costo dell’auto 10.000 euro. Scommettiamo – ironizza qualcuno con sarcasmo – che sparirà, così come in passato sono sparite tutte le geniali invenzioni che hanno dato fastidio alle lobby del petrolio? Ma non c’è da crederlo, visto che – al riguardo – fermo restando il ruolo che l’oro nero avrà a lungo nelle termoelettriche e altrove, molte nazioni stanno “smobilitando” con la trazione a combustione, a favore di quella elettrica, sulla scia del progetto Tesla… E già fioccano le “ibride” e fanno sensazione quelle della Toyota e della Porsche.

L'ammiccante cruscotto e il posto di guida della nuova elettrica costruita in Italia
L’ammiccante cruscotto e il posto di guida della nuova elettrica costruita in Italia

Il prototipo della minicar elettrica “made in Bari”, realizzato dalla Tua Industries, società che fa capo al fondo di investimento americano Lcm, Lev Capital Management, è stato esposto alla Fiera del Levante. A presentare il prototipo, togliendo il fatidico velo, sono stati il ministro per la Coesione territoriale Claudio De Vincenti, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, il presidente dell’Anci e sindaco metropolitano di Bari Antonio Decaro e l’amministratore delegato della Lcv-Tua Autoworks Giovanni Battista Razelli.

Viene definito come un “quadriciclo pesante con motore elettrico” ma si presenta come un’automobile. Sarà realizzato nel sito reindustrializzato della ex Om Carrelli di Modugno, impiegando tutti i lavoratori precedentemente occupati nella vecchia fabbrica.

La produzione in serie potrebbe partire con i primi 6.000 esemplari circa nel 2018, per arrivare a 25mila vetturette l’anno a regime.

“Non esiste sul mercato un quadriciclo pesante come il nostro, con le prestazioni offerte – ha precisato Razelli – grazie al suo peso di 600 chilogrammi al 100% in alluminio e al consumo, perché l’autonomia della batteria è di 200 chilometri”.

Ci si aspetterebbe qualcosa di più economico e sarebbe molto auspicabile, ma il prezzo di vendita finale non sembra debba discostarsi molto dai ai 10.000 euro iva inclusa.

“La vicenda è iniziata – afferma il presidente pugliese Michele Emiliano – quando ero sindaco di Bari, con un presidio vicino alla fabbrica perché una grande multinazionale, che aveva sostanzialmente preso brand, fatturato e apparecchiature, voleva chiudere l’attività per acquisire le quote di mercato. L’orgoglio degli operai ha impedito questo destino. Abbiamo provato in tutti i modi a trovare un progetto di reindustrializzazione, e oggi siamo arrivati al prototipo finalmente autorizzato dagli organismi competenti”.

Così, in anteprima assoluta, si è giunti alla presentazione dell’auto elettrica prodotta da TUA Industries, il quadriciclo più leggero sul mercato, l’unico quattro posti, realizzato con tecniche costruttive delle super cars. Insomma, questa macchinetta non passa attraverso l’errore di marketing della 500 Fiat, le cui vendite decollarono assieme alla sua ineguagliabile fortuna solo quando fu aggiunto il sedile posteriore…

Da allora in Italia non è stato prodotto nulla di “veramente simile”, né tantomeno qualcosa come la “lunga” e la sofisticata Bianchina, anche cabrio… Ma già la topolino aveva fatto l’enorme suo miracolo, doppiato dalla “500 giardinetta”, che utilizzava lo stesso 4cilindri raffreddato ad acqua: un fenomeno mondiale nato dell’anteguerra per potenza, efficienza, compattezza, semplicità.

“Ci sono ancora difficoltà – ha continuato Emiliano – perché si tratta di mandare a regime una produzione non semplice, che ha bisogno di una importante capitalizzazione. Sto verificando la volontà degli imprenditori italiani di portare avanti il progetto. Noi continueremo a sostenerli, perché, al di là del significato del mantenimento occupazionale, è diventato un progetto industriale di estremo interesse. La prima auto italiana totalmente elettrica potrebbe anche consentire alle forze di polizia municipale di muoversi nei centri abitati colpiti dai superamenti dei PM10, riducendo le emissioni, quantomeno delle auto pubbliche”.

La “mini elettrica” chiude anche il circuito dell’automotive pugliese e barese, che mancava ancora di una produzione come questa, cioè di un’auto intera.

Lo stesso presidente Michele Emiliano ha accennato ai “nemici delle produzioni industriali nel Mezzogiorno” facendo capire che non ne mancherebbero e come occorra “schivarli” fino a portare la fabbrica a regime. Perciò sarà opportuno rintracciare altri investitori, ma un progetto così promettente non dovrebbe ormai mancare l’obiettivo.

Germano Scargiali

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