Marina Ripa di Meana o Lante della Rovere se ne va…

Marina Ripa Meana in una mise sobria. Amava i cappellini e ne indossò anche qualcuno con le corna. Teneva essere sorprendente nell’aspetto e nelle sue “boutade”.

Non stupirà più gli italiani. Con lei se ne va, forse, l’ultimo pezzo importante della Dolce vita. Che cosa furono Roma e gli anni celebrati dal film di Federico Fellini? Un attimo nella storia di collettiva ubriacatura, certo. Furono anni di stravaganza, ma anche di improvvisa riflessione. Che cosa era successo al mondo, quando tecnologia e industrializzazione consentivano a tanti il tempo di folleggiare? Quando eravamo convinti che, colpiti da improvvisa fortuna, dovessimo continuare ad assistere, magari fra alti e bassi, ad una escalation divenuta condizione perpetua?

E' stata bellissima.
E’ stata bellissima.

Marina Lante della Rovere, poi Marina Ripa di Meana è stata un pezzo importante di questa storia che – inaspettatamente – proprio l’Italia, assieme alla parola boom esportò in tutto il mondo… Così, un paese sconfitto in guerra, quello da cui si emigrava ai primi decenni del novecento e si riprese ad emigrare – per un po’ – nei primi anni dopo l’ultimo conflitto (anni 1945 – 1959), diveniva esportatore di spensieratezza, esportava moda e un’altra novità a più ampio raggio: lo chiamarono italian style. Quasi incredibile, questo era al contempo ancora un paese di corruzione politica e di mafia, di disservizi e rallentato sviluppo, di economia dualistica nord-sud senza visibile soluzione…

Al male, però, non si pensava troppo in quegli anni. Marina Lante della Rovere, con il suo vivere da artista fra artisti, con le sue originalità, le stravaganze, le intemperanze, i pareri fuori dai denti, precorse per certi versi Vittorio Sgarbi ed altri personaggi similari, ma ad ambedue certamente gregari.

Quell’Italia stravagante non è più morta, per la verità. Marina Lante della Rovere, però, era una tessera essenziale di quel mosaico, la pietra di punta di una costruzione pietra su pietra, che pure stava in piedi molto bene ed è ancora visibile, perché è difficile togliere all’Italia quel maquillage, fino a far pensare oggi all’estero che esista e sia invidiabile una “italian way of life“.

Una contraddizione, certamente, nel paese delle contraddizioni: l’Italia dell’immoralità politica, dei disservizi, dei problemi urbanistici irrisolti, ma anche quella della qualità del cibo, della varietà stessa in tutto e per tutto. Quella piccola penisola dove vengono da tutto il mando solo per ascoltare e studiare musica: già, il paese della lirica, del linguaggio musicale, zeppa dei ricordi del Rinascimento, dei monumenti dell’antica Roma. Ma anche della Ferrari, dei cantieri navali, di un’acciaieria che inquina, ma che si scopre essere la più grande d’Europa. L’Italia dove si trova l’acceleratore di particelle del Gran Sasso, dove ‘il nucleare sperimentale è sempre all’avanguardia, come al tempo dei “ragazzi di via Panisperna”.

Eccola con uno dei cappellini e cappelli che tanto amava portare.
Eccola con uno dei cappellini e cappelli che tanto amava portare.

Così Marina Ripa di Meana, contraddittoria come la sua patria, come la stessa Roma, per natura e per vocazione, era l’ambasciatrice ideale di un’Italia frivola perché “può” anche esserlo. Eppure amava l’amore familiare (il vero amore nasce quando scema la passione) e passò l’ultimo natale col marito e la bella figlia, l’attrice Lucrezia Lante della Rovere, piena di fascino, quasi indisponente, anche lei, ma non altrettanto spumeggiante nella personalità. La fine di Marina è certo la perdita di qualcosa. Del suo essere originale e irriverente, mai banale, osé ma sempre gran signora: così – infatti – più o meno la definiscono…

La ricordiamo in bicicletta in via Condotti, nella sua Roma, quella dei bei vestiti, delle sartorie e dei gioiellieri. Quella in cui i principi e i monarchi, i grandi magnati e gli sceicchi vengono con le signore per …comprare. Per portare a casa un po’ della signorilità italiana. Non è facile…

Marina Ripa di Meana si occupò anche di ideali, si batté per i diritti della donna e contro i maltrattamenti agli animali, inclusi quelli da pelliccia. Una posa? Non c’è da esserne certi. Sapeva essere persino modesta. Era il suo modo di contraddirsi. No, tutto era tranne che una stronza.

Germano Scargiali

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