Tasse tiranniche illegali lesive e l’Europatacca

A photo taken on December 20, 2011 in Athens shows Greek euro coins. AFP PHOTO / LOUISA GOULIAMAKI (Photo credit should read LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)

Un’imposta incostituzionale come l’Imu va improvvisamente a colpire l’intero settore dell’edilizia: Chi, mai, acquista più case, se non per eccezione, una volta che sa di dover pagare, oltre alla Irpef quell’imposta gravosa in più che contraddice il primo articolo della Costituzione? E chi ha un terreno incolto che neppure può vendere, perché a bassa resa? Che cosa ne fa? Che cosa farà? Dovrà pagare l’Imu anche lui: ne resta prigioniero. La sua vita andrà, quindi, in default!

Paul Krugman
Paul Krugman

C’è un terzo effetto, un risultato deleterio, naturalmente. Non c’è più in Italia un sol modo per conservare i propri risparmi che abbia un minimo di certezza. Azioni e obbligazioni hanno redditi imprevedibili e spesso disastrosi. Le banche non rispondono dei loro errori e, peggio ancora, delle loro truffe. Le grandi aziende, incluse quelle legate per i immagine o di fatto al “rassicurante” carrozzone dello Stato, vanno in tilt e non distribuiscono i dividendi promessi… Resta “il mattone” che – fino a ieri – conservava quanto meno il valore. Niente più adesso: nemmeno quello. Imu da pagare ogni anno.

Eppure la stessa Costituzione più avanti precisa che le imposte sul patrimonio non sono previste e si ammettono “una tantum” per improvvise esigenze dovute a catastrofi etc.

Occorre riflettere che il patrimonio immobiliare privato costituisce una ricchezza per l’intera Nazione e per lo stesso Stato. Essi hanno interesse che il patrimonio privato sia consistente e ben conservato contro i deterioramenti e la distruzione. I beni immobili servono alla vita sociale, alla sopravvivenza civile, alla produzione di beni e di servizi che contribuiscono al tenore di vita. Questo serve a sua volta alla crescita e al progresso generalizzato. Eccoci di fronte ad un principio che fa parte dei motivi della ricchezza delle nazioni, tema della stessa scienza economica…

Amartya Sen, indiano, divenne economista in considerazione della povettà del suo popolo...
Amartya Sen, indiano, divenne economista in considerazione della povettà del suo popolo…

Ma tant’è: lo Stato italiano sembra ignorarlo. Le conseguenze sono lesive, come dice il nostro titolo, per tutti. Cioè sia per i cosiddetti ricchi, che pr i poveri che per lo Stato! La verità è che l’impatto maggiore colpisce la borghesia medio piccola, come se non bastassero gli strali che questa categoria subisce già da decenni a livello …planetario.

Era molto criticata dalla dottrina giuridica quell’imposta che va sotto il nome volgare di Tassa di successione: è un’imposta sul patrimonio (come l’Imu) che costituisce per definizione un “prelievo periodico” da parte dello Stato di una parte della ricchezza privata nazionale… Un recente governo l’aveva sostanzialmente abolita. La società mussulmana la ignora del tutto e annichilisce solo al pensiero…

Abbiamo sentito parlare di antichi periodi storici in cui tasse e balzelli strozzavano la vita dei cittadini e soprattutto dei poveri. Chi viene tassato oggi dalla legislazione fiscale se non l’odierno povero, a dispetto della progressione? E che progressività ha l’Imu? Nessuna!

I pubblicani romani erano noti come una categoria odiosa. Strozzavano chi non riusciva a pagare e li sottoponevano a ricatti ed espropri, perché dovevano comunque qualcosa per ogni cittadino al governo centrale. Nel Medio evo e nei secoli seguenti in varie parti del mondo le imposte raggiunsero una pressione insopportabile… Ed oggi? Assistiamo ad una vergogna pubblica inammissibile nel mondo moderno, che dovrebbe essere quello della democrazia e della libertà…

L’equivoco di base consiste nel far credere che l’imposizione vien fatta da uno Stato i cui interessi coincidano con quelli del cittadino. Non è tecnicamente così: lo Stato ha una propria amministrazione e riscuote le tasse per le proprie esigenze di bilancio. Esse sono anzitutto quelle dell’apparato e solo in un secondo tempo lo Stato guarda ai bisogni della Nazione. Il primo obiettivo è far quadrare i propri conti, assieme a quello di mantenere l’apparato. Il terzo ed ultimo è quello di rendere dei servizi al popolo… Le tasse vere e proprie sono richieste a parziale copertura di un servizio specifico: scuola, soggiorno, ticket, tasse aeroportuali, portuali… Alcune “dovrebbero” essere destinate a migliorare quel servizio. E’ quasi una regola che vadano a coprire disavanzi deli bilanci pubblici, al vertice o degli enti locali, tradendone il significato…

Joseph Tobin
Joseph Tobin

C’è chi fa notare che le imposte in una situazione “normale” non servono, come la mentalità comunque ritiene,a “finanziare la pubblica amministrazione perché assolva alla propria funzione “pubblica”. A questo fine uno stato “normale” (ma non è più così per l’UE) sopperisce battendo moneta. Le imposte servono a riportare su livelli consoni il cosiddetto “medio circolante”: è la quantità di carta moneta in circolazione che deve essere proporzionata alle necessità delle transazioni economiche ragionevolmente in atto calcolate da rilievi di tipo statistico e dai dati bancari…

Quest’ultima è “una delle logiche” della economia dettata da R. Keynes. Ci riferiamo soprattutto ai risultati della Conferenza di Bretton Woods (spesso genericamente identificata anche come accordi di Bretton Woods) che si tenne dal 1º al 22 luglio 1944 nell’omonima località nei pressi di Carroll (New Hampshire), per stabilire le regole delle relazioni commerciali e finanziarie tra i principali paesi industrializzati del mondo. … Essa consiste in una serie di accordi per definire un sistema di regole e principi comuni. I paesi moderni, attraverso le rispettive banche centrali, come aveva suggerito Keynes, avrebbero collaborato – e lo fecero per decenni – ad evitare le “crisi” ed a controllare i ritmi percentuali della svalutazione monetaria, che nasceva come conseguenza di quel tipo di missione della moneta cartacea cui accennavamo…

In anni recenti, a partire dall’Europa, quel sistema che “funzionava” è stato abbandonato per motivi di incerta identificazione – ma probabilmente per volontà di alcuni potentati, che hanno rinfocolato i timori per l’incertezza nascente dal servirsi di una moneta che non aveva a fronte alcun riferimento certo, come era sto in passato – ma, intendiamoci, solo ipoteticamente – l’oro. Che le monete metalliche – escluse quelle materialmente d’oro – avessero un riferimento di valore “intrinseco” era un mero sogni anche nell’antichità. E lo stesso oro aveva un  valore facciale maggior e del valore del suo peso liquefatto.

Nell’Unione Europea la moneta – l’Euro – possiede un valore simile ad un valore reale perché dev’essere “acquistata” presso la BCE tramite altri Euro provenienti dalla produzione reale, dal risparmio concreto: in sostanza dal lavoro. In questa macchinosa costruzione – assolutamente, anch’essa, fittizia – i vari paesi pagano con denaro vero dei semplici “pezzi di carta” stampati dalla BCE. Tutto ciò non funziona, perché il “prelievo” dall’economia reale finisce per risultare enorme.

Ebbene i sei più importanti economisti viventi sostengono che l’Euro sia una patacca: Prima se ne esce e meglio è.

Tutti premi Nobel: erano in partenza Paul Krugman, Milton Friedman, Amatrhya Senn, James Tobin, Joe Stiglitz, uno dei più importanti economisti, quest’ultimo, di scuola Keynesiana. E vi si aggiunge anche il meno famoso James Mirrlees, economista britannico insignito anche lui del Nobel nel 1996. Ecco la sua frase più famosa: via dall’Euro subito!

Ciascuno ne tragga le conclusioni che crede

Germano Scargiali

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