Cuffaro in sala gialla al convegno sulle condizioni carcerarie

Il nostro direttore Germano Scargiali intervista Cuffaro al microfono di Siciliauno, media partner di Palermoparla. (Foto A. Modesto)

Certo un ritorno denso di patos quello di Salvatore Cuffaro in Sala Gialla dopo tanta assenza. A prendere l’iniziativa è stato l’On.le Vincenzo Figuccia. Un giovane vecchio amico? Certamente uno che non teme il giudizio degli irriducibili ben pensanti, che non si arrendono, né di fronte al conto pagato (per colpe neppure tanto provate, ma certamente supposte dai tanti, come se bastasse…) da Cuffaro, né di fronte ai propositi filantropici attuali del tanto discusso,a anche amato personaggio, né al tema “buono” della giornata: le condizioni carcerarie, la possibilità dei detenuti di incontrare – possibilmente più spesso e più a lungo – i propri cari…

Totò Cuffaro non è cambiato nella sostanza. Affronta anche stavolta i problemi d’impeto e con piglio deciso, conquista la platea. Per lui non è un trionfo, ma alla fine conquista lo stand by. Diciamolo subito perché questa resta propria come la notizia saliente della giornata.

Il tavolo della conferenza. Si riconoscono gli On.li Vincenzo Figuccia e Daniela Mangiacavallo
Il tavolo della conferenza. Si riconoscono gli On.li Vincenzo Figuccia e Eleonora Lo Curto. (Foto A.Modesto)

Mentre i grillini protestano, ma nessuno c’è – come, invece, s’era temuto – davanti al portone di palazzo dei Normanni, Totò Cuffaro ripete concetti che gli avevamo sentito esporre in altre occasioni. La lotta, del resto, è ben lungi dall’esser terminata.

Già, perché oltre alla domanda ricorrente (dei giornalisti) su chi ancora contesta il personaggio, includendolo fra i dannati a vita della storia repubblicana, ricorre l’osservazione che, per migliorare le carceri (guai a chiamarle così e vedremo quanto contino oggi le parole e …gli eufemismi) occorrerebbero i quattrini. E l’Italia – com’è noto – ne è a corto.

Sarà Cuffaro, fra i suoi tanti argomenti, a spiegare sul finire, che basterebbe come primo passo, infittire la possibilità, ben lungi dall’essere giornaliera, di chiamare casa e di sentire là almeno la voce dei familiari. “…Di mantenere un legame tale da illudere, quanto meno, il recluso di esser ancora – per esempio – un punto di riferimento nei confronti dei figli e per la stessa moglie. Non solo un mero peso, qualcosa di cui vergognarsi… Sono questi – come spiega l’ex presidente – i maggiori crucci del detenuto, i suoi maggiori patemi, i timori che gli dilaniano il cuore. Perché non può non percepire come il carcere coinvolga pesantemente la sua intera famiglia…”

Totò Cuffaro prende molto sul serio la domanda che – unico tra i cronisti – gli pone il sottoscritto dai microfoni di Siciliauno: un nome, quello di Cesare Beccaria, antesignano di concetti implicitamente cari, poi, anche a V.Hugo, sulla redimibilità del reo, sulla funzione della pena (Dei delitti e delle pene, saggio pubblicato nel 1764) che fa dell’Italia un faro nel mondo per esser stata la prima a lanciar così chiaramente un certo concetto.

Cuffaro circondato da cronisti e fotografi. Nella sala gremita ha riscosso alla fine uno stand by.
Cuffaro circondato da cronisti e fotografi. Nella sala gremita aveva appena riscosso alla fine della mattinata (si è parlato fin oltre lo ore 14) uno stand by. (Foto A.Modesto)

Ma potrebbe osservarsi che la redimibilità (da essa anche la redenzione, che, però ha un senso ben più ampio) attribuisce al “Redentore” uno delle sue fondamentali  prerogative. Dove, se non nella religione cristiana, la redimibilità del reo è, comunque, un pilastro?

Tuttavia, le risposte di Cuffaro al discorso su C.Beccaria ed alle successive domande collegate risultano dure e polemiche…

“E’ un assurdo – afferma l’ex uomo politico – che ancor oggi, proprio in Italia si citi Cesare Beccaria come monito a prendere coscienza delle sue idee. La verità è che i suoi insegnamenti non sono state applicati, che vengono ignorati quanto il messaggio di Victor Hugo nel suo ben noto romanzo…”

E alla domanda, posta sempre dal sottoscritto, su quante persone, fuori dalle carceri, vedano chi sta dentro …come un essere umano da comprendere ed aiutare:

“Oltre l’ottanta per cento – risponde seccamente Cuffaro – disprezza quelle persone, ritiene che sia giusto chiuderle per sempre e, come si suol dire, gettar via la chiave!”

Un altro quesito abbiamo posto, nel corso della mattinata, sia a Cuffaro, sia a Micciché (scomparso ben presto dal consesso): “se il personale carcerario fosse più elastico potrebbe migliorare da subito la situazione?”

“A questo risponda lei”, ha ribattuto Micciché con aria …scaltra.

“Certamente si può dire di sì. Ma – ha risposto Cuffaro – devo dire che, così come ho trovato fra i detenuti tante persone affabili e collaborative, persino qualcuno che ancora mi è caro, così la maggior parte del personale carcerario è cortese e comprensivo. Con le dovute eccezioni, come ovunque… Ma mi dica perché ve ne siano tanti tra i suicidi nelle carceri italiane… E’ un record nel mondo, pare. Anche fra il personale carcerario il numero di questi decessi auto provocati è altissimo. La verità è che il personale condivide con i reclusi quello che possiamo definire come il problema carcerario italiano…”

Che cosa occorrerebbe?

“Una nuova normativa – risponde – nuove regole, ma anche nuove strutture, se è vero che un detenuto ha mediamente 2,5 metri quadri a disposizione letto compreso. Che vede per anni dalle sbarre non più di una o due stelle a non oltre un pezzetto di luna…”

“Mi risulta viga una legge in Italia – ha affermato anche a viva voce l’ex presidente dal palco – sulla protezione animali, per la quale ogni maiale da allevamento debba disporre di sette metri quadri di spazio…”

Cuffaro dà per scontato – forse come …ammesso e non concesso – di aver avuto delle colpe, di commesso un reato, precisando che ne ha scontato la pena con la giustizia. Quindi ha pagato il conto… E’ cavalleresco, forse da Gigione, da parte sua, perché la prova telefonia che lo ha “incastrato” è un argomento “piuma”. E’ al massimo una prova indiziaria e il codice penale italiano e la tradizione giuridica nazionale “o si accontentano”, come ad esempio quello americano, di semplici indizi. Ma, come sappiamo, di prove che vadano oltre “ogni ragionevole dubbio”.

Cuffaro, però, non ha perso l’humour. Assieme al volto corrucciato e a qualche lacrima, ha dispensato qualche sorriso: “Anche ‘là dentro’ vige l’obbligo dei termini appropriati, dei neo eufemismi… Ci sono le parole concesse e  quelle non ammesse. Guai a parlare di cella, perché si viene puniti. Occorre dire altro: spazio detentivo. Cambieranno anche il termine per i detenuti, ve lo dico io: “li chiameranno …diversamente liberi”.

L'avv. Giovanni Di trapani, protagonista di un interessante intervento. Qui è ripreso nel corso di un'intervista a Siciliauno a Controcorrente.
L’avvocato Giovanni Di trapani, protagonista di un interessante intervento. Qui è ripreso nel corso di un’intervista a Siciliauno a Controcorrente.

Oltre ai personaggi già nominati, altri conferenzieri, “togati” – l’avvocato  Giovanni Di Trapani, il Prof. Giovanni Fiandaca, l’Avv. Vincenzo Vitale –  si sono avvicendati al microfono. A parte la specificità procedurale e contenutistica del discorso di Di Trapani, non ci sembra che gli altri due abbiano centrato il problema sui cardini giuridici come, forse, avrebbero potuto. Piuttosto si sono mantenuti sul terreno del generico buonismo, per quanto accorato, nonché di  meri e vaghi propositi: divagare è una grave abitudine nazionale…

Ma il silenzio è calato assoluto, quando nei minuti finali parlava Cuffaro, ben oltre l’ora di pranzo. Come accennato, l’applauso si è trasformato in stand by. Come ai vecchi tempi, insomma, prima che il suo nome subisse l’infamia della condanna, peggiore – forse – della pena in sé…

Germano Scargiali

Foto esclusive di Angelo Modesto

 

____________________________________________

Cuffaro ha specificato altre “semplici cose” precluse al detenuto, sempre che possa meritarlo con il suo comportamento…

Parlare con i figli senza controlli subire innaturali…

Telefonare a casa con una frequenza ragionevole…

Vedere talvolta il cielo anche di notte…

Poter partecipare ad eventi familiari importanti, sia tristi che lieti…

Mantenere contatti verbali e simili con un minimo di frequenza con la realtà civile…

Impegnarsi in attività realmente rieducative…

Prepararsi al ritorno in società…

 

 

 

Articoli correlati