Perché meno compassione è dovuta a Cesare Battisti

Un sorriso per la stampa: nemmeno da arrestato Battisti perde la propria ironia da mitomane. Forse è ancora contento di …figurare.

Vi possono essere mille motivi per mettersi contro la società, dall’anarchismo al dissenso politico alla volontà di un mafioso di crearsi una “propria giustizia”. Tutti questi atteggiamenti, come altre “devianze” possono essere comprese da ciascuno di noi… Ma “la società” nel suo insieme ha il diritto e il dovere di difendersi da ogni devianza da cui consegua un atteggiamento antisociale e un danno per la comunità. Questa comunità, a ben vedere, è essa stessa la società ed è rappresentata dalle istituzioni: governo, amministrazione pubblica, forze dell’ordine…

Il concetto per cui il rispetto della morale civile è comunque “un obbligo” è che la società – …dal dì che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose (Foscolo) esser pietose – fa il possibile per  creare le condizioni di una vita più equa e più giusta, addirittura più democratica e più libera. Traguardi difficili per cui l’umanità lavora da sempre: illudersi che una trasformazione sia elementare e rapida e che ad essa possano giovare interventi violenti è un errore marchiano. Perciò è giusto che la società intervenga drasticamente. O dovremmo dare ragione a J. J. Rousseau che riteneva lo stato primordiale quello ideale: un’utopia bella e buona…

Ma cosa volete che sia...
Ma cosa volete che sia…

L’arresto di Cesare Battisti rappresenta, quindi, una vittoria per la società civile e, per quanta pena ci possa fare il reo, occorre pensare, sia al momento in cui infranse, da fuorilegge, le regole, sia a quello che i latini chiamavano il “dmnum“. Perché,moderni quanto si viole, i nostri codici puniscono il reo soprattutto in relazione a il danno provocato: posso essere un antisociale, ma fino a quando non esterno tale convinzione o sentimento con gesti che danneggiano la società – il prossimo, cioè il ‘vicino’ come diceva esattamente già Pericle –  non devo essere né perseguito né punito. Magari solo disapprovato…

Ai tempi in cui Cesare Battisti compiva i suoi reati, frange della società avevano probabilmente perduto parte della ragione. Ed anche la limitata cultura giuridica portava – persino ad un livello non troppo basso – a fraintendimenti notevoli: la persecuzione per motivi politici riguarda solo il …reato di opinione. Perseguirlo è un’ingiustizia, ma, nel caso in cui questa differente opinione  conduca a provocare un “damnum” al prossimo, questo diventa un “damnum injuria datum” e va risarcito. Peggio: nel caso in cui si prova che è dovuto non ad incuria né a colpa, ma sussiste premeditazione e una volontà riprovevole, come la antisocialità, tutto ciò costituisce una inequivocabile aggravante.

E’ inammissibile che la Francia abbia riconosciuto e riconosca a questi fuorilegge stranieri lo status di rifugiati politici. Non è questo – del resto – il solo svarione in cui cade la Francia…

Nessuna pena, dunque,esclusa la misericordia e il “religioso” rispetto umano per chi sarà incarcerato. Un delitto lascia tristi e soprattutto perplessi: come può un essere umano – che si ritiene ad immagine e somiglianza di Dio – delinquere in quel modo? Può il peccato spingere a tanto?

Basti, infine, adeguarsi al sentimento popolare che – per istinto sociale e morale spontanea – chiede vendetta. Forse per questo il codice penale non esclude la “vendetta sociale” nel determinare la pena. Anzi ne rappresenta il parametro fondamentale: non importa che avessi la volontà di uccidere, se non c’è stata morte di alcuno, al massimo è un “tentato omicidio”. Molta è la differenza fra l’omicidio,anche involontario, rispetto a quello “tentato” anche con finalità losche. Infine, non punibile dagli uomini è il semplice “desiderio” di nuocere…

Cesare Battisti è un pluri omicida sanguinario, uno che scaricava una gran pistola contro la vittima, anche innocente: non è meno colpevole di ogni altro fuorilegge, anzi… Resta, per di più, dichiaratamente convinto di essere stato – tutto sommato – nel giusto, non mostrando segni esteriori di pentimento, né dichiarandoli, né alla giustizia, né alle famiglie di chi – a causa sua – è morto compiendo il proprio dovere o per colpe veniali. Sono questi ultimi, che non sono qui a raccontarlo, che devono farci pena, assieme ai loro familiari rimasti soli, non la figura beffarda di chi non capiva che, sparando quei colpi,diveniva null’altro che un criminale comune.

Il peggio del peggio? Che il garante dei detenuti intervenga solo adesso “proprio per lui”…

Germano Scargiali

__________________________

Nota.

La visione di Jean Jacques Rousseau relativa allo stato naturale, ritenuto quello ideale, trova tutt’ora diretti e in diretti sostenitori, anche inconsapevoli… Essa deriva da Platone e dal platonismo, ma prima ancora da Parmenide. Nella cultura del primitivismo del XVIII secolo (1700): fu in voga il mito del “buon selvaggio“, che era considerato più lodevole, più autenticamente nobile dei prodotti dell’educazione civilizzata. Vari pensatori girarono attorno a questa idea rispetto alla quale gli stessi romantici si trovarono su sponde opposte.Per esempio il sopra citato Ugo Foscolo la pensava esattamente al contrario, come esprime nei versi dei “Sepolcri” riportati sopra: l’uso di seppellire i morti, assieme alle nozze (famiglia), tribunali (leggi) ed are (religione), avevano insegnato la “pietas” all’umanità dalle sue origini fino ai giorni nostri. E’quel che sosteniamo in questo articolo: innovare – assolutamente sì – ma non ritenere di poter calpestare ciò che i nostri predecessori hanno costruito. Con tutti i difetti e i limiti che il mondo ancora si porta appresso. Nella visione parmenidea, Dio (non ancora quello di Abramo) non avrebbe potuto creare altro che un mondo perfetto:la grave conseguenza sarebbe che “tutto il male del mondo” deriva dagli errori dell’umanità.  Ovviamente, è troppo. Anche perché l’umanità, non meno del resto el creato fa parte del stessa creazione. Anzi, essendo stata gratificata dal dono della conoscenza ed alla coscienza, ne rappresenta il culmine, lo sforzo creativo supremo. Tale concetto vede il male e l’errore anche al di fuori di Dio e non è condiviso da tuttala Chiesa. Esso fa parte dei vari misteri della fede:ciascun uomo è libero di scegliere fra il bene e il male. Su questo concetto tutti d’accordo. Ma che cosa pensare col male che colpisce l’individuo dall’esterno senza colpa. Una soluzione evangelica ci porta a ritenere che combattere o limitare il male – fino a sconfiggerlo nel privato e per conseguenza nel pubblico –  sia il maggior dovere dell’umanità nella storia. (G. Sc.)

Articoli correlati