Una recensione di Eliana L. Napoli su Biagio, il film di Pasquale Scimeca ritrasmesso stasera su RAI 1, in seconda serata, alle 12,20

E’ scomparso ieri, all’età di59 anni, Biagio Conte, orgoglio della nostra città, missionario laico, capace di schierarsi dalla parte del bene, che lavorò a favore degli ultimi, degli emarginati. Profondamente legato alla lezione di Francesco d’Assisi, fondò e gestì la sua Missione Speranza e Carità con l’aiuto di Don Pino, salesiano che rinunciò a una comoda carriera di insegnante per sposare la sua bella iniziativa. Ma la sua fama varcò i confini di Palermo e della sua Sicilia. E stasera, in seconda serata, alle 12,20, Rai 1 lo ricorda mandando in onda “Biagio”, il bel film di Pasquale Scimeca che uscì nel 2017. Ne abbiamo parlato col regista che ricorda la sua reazione quando gli confidò la sua intenzione di girarlo. Biagio si schermì: “Non farmi fare peccato di orgoglio. Fallo dopo la mia morte.” Non fu così. Il film contribuì a farlo conoscere e stimolò la generosità dei suoi concittadini.

Merita di essere visto, o rivisto da chi già lo conosce.

A farne meglio comprendere il valore, aggiungiamo la recensione che Eliana L. Napoli pubblicò in quella stagione felice per la critica cinematografica, quando i giornali su carta stampata potevano accoglierne anche di lunghe e circostanziate.

Biagio

Regia e sceneggiatura Pasquale Scimeca

Fotografia  Duccio Cimatti

Musiche Marco Biscarini

Interpreti Marcello Mazzarella, Vincenzo Albanese, Renato Lenzi, Omar Noto, Doriana La Fauci, Silvia Francese

Origine Italia 20015

Genere Biografico

E’all’insegna dell’ecologia, del corpo, ma anche dell’anima, il commosso omaggio di Pasquale Scimeca a Biagio Conte, un uomo che, a Palermo e non solo, è divenuto una bandiera e un simbolo di carità e di amore per gli ultimi, i reietti, gli emarginati. Ed è comprensibile e perfino naturale che un regista laico come lui ne sia rimasto conquistato. Da sempre interessato all’uomo e alla sua storia, il regista di Aliminusa si è calato con fervore e generosità sugli umili e sui loro diritti calpestati (si pensi a Rosso Malpelo, a Malavoglia o a Il giorno di San Sebastiano) rendendo giustizia a quegli “eroi” come i protagonisti di Placido Rizzotto, o di Carlo Giuliani, ragazzo, nascosti nella  quotidianità, che per questa umanità ai margini si sono instancabilmente prodigati, incuranti del pericolo. Attento alla lezione del neorealismo e del grande cinema d’inchiesta degli anni ’60, ma anche al verismo di Verga filtrato attraverso la lettura viscontiana, Scimeca si è accostato alla figura di Biagio con grande sincerità e fedeltà, e con quel suo stile genuino ed autentico, perfino un po’ naif, dietro cui si cela un regista raffinato, padrone di un linguaggio impeccabile e decisamente autoriale. E ambienta buona parte della storia di Biagio, fin dalle origini della sua “chiamata”, negli angoli più suggestivi, ma anche più nascosti e selvaggi delle sue Madonie, offrendocene scorci e panoramiche indimenticabili, magnificati dalla splendida fotografia di Duccio Cimatti. L’avventura di fratel Biagio, nato a Palermo nel 1963, ha inizio in un periodo buio per la città quando, come lui dice: “La gente moriva per strada,la violenza e la paura era impressa sulle facce e sulle cose, e l’unico Dio era il denaro…”. Ma Biagio non ci sta, è sempre più inquieto ed infelice, finchè decide di abbandonare gli agi di una famiglia benestante per rifugiarsi sulle montagne, a meditare e a rinfrancarsi in solitudine, a contatto con la natura incontaminata. Le varie tappe di quel duro percorso di formazione lo portano lontano, alla ricerca di un “ubi consistam” e di una sua verità, ma soprattutto di un Dio al quale chiede invano un segno che possa orientare le sue scelte. A confortarlo nei momenti più dolorosi, l’amicizia del pastore Rosario ( un ottimo, come sempre, Vincenzo Albanese) e del figlio di lui Salvatore (Omar Noto), ma anche del fedele Libero, un cane che mangiava le pecore, ma che affidato a lui diviene suo mite e inseparabile amico. Quel segno lungamente sospirato arriva infine, ad Assisi dove si reca pellegrino, attraverso Francesco, il santo della natura e degli umili (splendida la lettura del suo Cantico delle Creature). Il resto è storia recente, che tutti conosciamo. Pasquale Scimeca affida al suo attore-icona Marcello Mazzarella (che è anche autore del soggetto) il ruolo di Biagio, sicuro di metterlo in buone mani. Il bravo attore infatti aderisce perfettamente, anche fisicamente, al personaggio e ne coglie in maniera eccellente le sfumature, fra sorriso, umanità e sofferenza. Ne risulta un’impeccabile biografia d Biagio che esprime l’affetto e l’ammirazione che il personaggio merita, ma inevitabilmente condizionata da quel “metus reverentialis” che non ha consentito al regista  di reinterpretarne in modo personale la figura, dando spazio alla sua fantasia e alla sua libera creatività. Ha evitato però abilmente l’agiografia, facendone un uomo vero, coi suoi dubbi e i suoi scoramenti. L’unica “licenza poetica” che si concede non riguarda lui, ma se stesso. Di fantasia è infatti il personaggio di Giovanni (un sobrio ed efficace Renato Lenzi), sorta di “alter ego” cui  affida il suo punto di vista. “Facciamo film per noi stessi o per gli altri ?” si chiede Scimeca all’inizio, nella sua brevissima apparizione. Ebbene questo film, che è proprio il suo tentativo di conciliare le due esigenze, centra, a nostro avviso, l’obiettivo. E i grandi temi “dalla religione all’ambiente, dalla giustizia sociale alla solidarietà” che vi vengono affrontati, sono quelli di cui il nostro mondo in crisi e alla deriva ha bisogno per ripartire, per rinascere su nuove fondamenta.

Eliana L. Napoli

 

 

 

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