In morte di Salvatore Riina – il poco vero e il tanto falso (che si dice)

La foto più riprodotta di colui che avrebbe determinato la storia d’Italia: la mafia, secondo Radio anch’io era comandata tutta da lui fino a poche settimane prima di morire e condiziona tutta l’Italia ed anche l’estero… Falcone e Borsellino: “li ho uccisi io e con una mano sola”. Qualcosa, però, non ci convince. E così o no?

Ma è mai possibile che siamo diventati un tale popolo di bacchettoni da accettare i discorsi sulla morte di Totò Riina che ci piovono adesso addosso?

Abbiamo anche dovuto sentire che “l’elemento caratterizzante della storia del ‘900” sia stato l’esperimentare il socialismo reale: peccato che lo stesso secolo sia stato anche caratterizzato da una rivoluzione tecnologica 1000 (mille) volte (e più) superiore a quella verificatasi in tutti i millenni precedenti, a partire dal mitico dominio del fuoco da parte di Prometeo e dall’invenzione della ruota da parte di ignoto… In America non avevano inventato neanche la ruota e nel ‘900 eccoli sulla Luna…

Possiamo dire la parola “minchiate”? Sono quelle che ora ci tocca ascoltare dalla televisione e dai media stampati e online anche su Totò Riina!

Ci sono cose complicate per voi... Le capireste? E chi lo sa? Allora, forse, vela darei la verità...
Ci sono cose complicate per voi… Le capireste? E chi lo sa? Allora, forse, vela direi io la verità…

Se la mafia fosse qualcosa di simile a Totò Riina o, se facendo poker, la identificassimo con il quartetto Leggio (Liggio), Riina, Provenzano e Messina Denaro – già, i corleonesi, che dicevano ai “colleghi” palermitani, che erano tre volte più “bravi” di loro – io che scrivo non sarei nato in Sicilia e in Italia, l’attentatone non farebbe parte “ufficialmente” delle stragi di statoInfine non mi sarebbe stato insegnato col biberon che la “veruMafia è quella che non si vede e che la testa della Mafia è come il colpevole nei gialli “alla regola”, cioè l’ultima persona o cosa che ti aspetti.

“Dissi romanticamente ad un mio anziano parente, tutto media e tutto libri, tutto politicese, che il vero capo mafia è il denaro”. Ma non Matteo Messina… I piccioli! E’ lì che bisogna cercarlo! Aggiunsi: tutti, anche i non mafiosi, vogliamo infatti piacere ad esso: ecco uno dei “millanta” motivi dell’imbattibilità della mafia… Ce n’è altri, ce ne sono altri…

Riina viene indicato con una definizione che ricorda la matematica: 26 ergastoli e 120  fra omicidi e stragi, a 18 anni la prima condanna a 12 anni per aver ucciso 1 coetaneo in una rissa… Bene: è possibile compiere oltre 100 fra omicidi e stragi solo chi ha 26 vite per scontare 26 ergastoli. Dice un anziano corleonese con sarcasmo: “potevano dargliene anche di più…”

Tranquilli! Non vogliamo intorbidare le acque, proprio noi! E persino con l’aria di fare il contrario! Solleviamo, dunque, il tappeto sotto il quale sta la polvere, da un angolo qualunque.

Se Riina fosse quello che dice il “giornale unico”, sarebbe, comunque, morto da “uomo di panza”, veramente tale, cioè da eroe della sua categoria.  Certamente lo fu…

Già: C’era una volta un mafioso che non pralava ed era siciliano direte voi? No, miei cari ragazzi, vi siete sbagliati, solito adagio, c’erano anche nella canzone di Ornella Vanoni, nella mala milanese, “un che …parla not“…

Ebbene, stiamo dicendo che Riina sarebbe – infatti – morto senza spendere una parola sulla verità delle stragi di stato: tutte – secondo l’ufficialità accettata sino ad oggi in Italia – opera sua e dei …corleonesi. Tutte quelle verità scottanti, Totò u curtu (mt. 1,58 di altezza) se l’è portate nella tomba…  Ma, diteci, non è la ‘Ndrangheta la mafia oggi più potente? Oddio: non è lì – ovvio – che vogliamo andare a parare. E’ tanto per notare quante contraddizioni nelle parole di queste ore… Peggio che mai: Alla quercia caduta, accetta, accetta…

Ma chi scrive queste righe ha più volte definito il segreto dei mafiosi carcerati e dei pentiti come “il segreto di Pulcinella”, la “carta” – visto che abbiamo detto del poker – che non sarebbero “quelli che sono”, ma dei “fissa”, se la scoprissero e non la tenessero in mano o …nella manica: ben custodita. E’ la carta sulla “verità”, la quale è come la parola (parlata) in Sicilia, secondo il detto: “la megghiu parola è chidda c’un si rici”. La verità sulle stragi di stato, ma prima ancora su chi sta dietro alla mafia che uccide, su chi se ne serve, fa affari con essa, ma nasconde la mano. Salvo poi, quando qualcuno ad ogni livello alza troppo il tiro, farlo fuori con le armi più “lecite”, anche…  Futtillo: un’operazione che si distingue in 3 fasi, u vonnu futtiri, u stannu futtennu, u futtieru!  Siamo siciliani o furlan come Zamparini? Lui, povero ingenuo, loda Palermo – che ama non amato – perché sua moglie rincasa sola senza pericoli… Altre spiegazioni?

Ebbene, miei cari ragazzi: finché non la dici la triste e trista “verità”, finché non la giochi la carta, puoi minacciare di calarla quando ti rompi del tutto i “coglioni”, quando non hai più da ottenere favori in cella, quando non hai parenti – per esempio moglie e figli – cui hai lasciato soldi nascosti dagli amici degli amici e nelle lontane o vicine isole anche non circondate dal mare. Che ne dite di Svizzera, Liechtenstein etc? “I pentiti – dice Riina – dicono quel che fa comodo a loro. Vero. Ma anche tu, però! Dalla cella, quando gridavi “Di Matteo, t’ammazzo”, non giocavi la tua carta? L’avresti mai detto, se avessi progettato di farlo fuori sul serio? Ma bastava farlo credere. E c’è chi ti crede,  questo è quel che conta. Soprattutto c’era chi voleva far credere che tu volessi fare quello che urlavi! Ma Pirandello dove è nato? Alle Haway?

Provenzano sorride anch lui

Provenzano: davanti alla questura gli sputavano addosso. Anche lui, mitica primula rossa, avrebbe condizionato tanto l'Italia. Infatti, da quando l'abbiamo preso, tutto è cambiato...

Chiamiamo-li pure, per un attimo, gangster: perché mai un gangster dovrebbe rischiare la pelle, se non per il seguente ordine di motivi: sfidare la società costituita, far soldi e, se muore, chiudere gli occhi sereno e lasciarli alla Famiglia. Lui, nato senza speranza, in un paese dove il medico o il barbiere comandavano o erano i prestanome di chi comanda in nome – sempre – del vero capomafia, il padrone del “massimo” denaro? Lui, miserabile cottimista, lavoratore agricolo (come nel caso di Riina, Leggio, Provenzano, Messina Denaro stesso), quel ragazzo di Corleone che non poteva sognarsi d’essere messo in regola, né di comandare più del due di briscola? Quando fu che disse: “te lo faccio vedere il il 2 di briscola!”? Ci fu quel momento, ci fu…

Già: la famiglia, dolcissimo nome per tutti noi, non di sapore ignoto per la cosiddetta Mafia! E lo sanno tutti, tranne coloro che “si bevono” le versioni mediatiche, che “quella carta” si tiene in mano e chi la dice non è manco un muffuto, è peggio, proprio un fissa: hanno mai parlato di un solo notabilato che stesse dietro di loro? Di un solo committente, che gli dicesse nome e cognome di chi voleva – al tempo della mattanza, ma anche prima e dopo – che si trovasse stecchito da qualche parte o scomparisse dall’orbe terracqueo?

Ma noi dobbiamo “berci” che la storia della mafia del dopoguerra, che condizionò la politica italiana, era in quell’uomo, assassino quanto volete, con la coppola che “tormentava in una mano” come il cappello del papà di De André nelle povere nozze?

Ma l’Italia è Roccacannuccia? No, è fatta di fior di industrie d’ogni tipo, di manager e fior d’industriali… Ma lasciamoli stare quelli: parliamo di fior di banchieri, finanzieri, boiardi di stato. Si facevano comandare da Riina e Provenzano? e oggio da M: messina Denaro? E perché mai uno che è il capo di tutto – prendiamo Provenzano, ma è come Riina – non se ne deve stare in una casa con le odalische, i rubinetti d’oro, il salotto rivestito in “pelle di minchia” o “pelle di sticchio”, ma si accontenta di stare in una casupola a guardare l’alba e il tramonto, cibandosi di pane, cicorie e ricotta?

Perché hanno il Vangelo nel comodino? Possiamo dirvelo noi? Perché ci credono! Ridicolo quel ripetuto “convertitevi”. Ben noto eh! Se mai: interpretate bene il Vangelo che leggete, esso è anche scuola di rassegnazione e pazienza, di attesa e non violenza. Fino al giorno, però, in cui i mercanti nel tempio non la fecero grossa e Gesù, giusto, bello e simpatico come pochi, Vero Dio – Vero Uomo, non prese i banchi vendita e li tirò, uno ad uno, inn’all’aria!

Scaramacai

Vedi (motore ricerca) l’articolo: 1992 – 1993 fra il pasticciaccio delle stragi e la Seconda Repubblica: la storia e il “cui prodest”

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QUALCHE RIFLESSIONE SOCIO ANTROPOLOGICA 

 

Abbiamo titolato “In morte di Salvatore Riina” ispirandoci al Foscolo e al suo famoso sonetto In morte del fratello Giovanni. Abbiamo anche citato un’altra poesia che si studiava per la licenza elementare: La quercia caduta. Li conoscevamo tutti(o quasi) a memoria quei versi. Oggi niente: è il progresso…

Restando fra le citazioni della cultura poetica liceale, facemmo notare tempo fa un’espressione della moglie di Riina Ninetta Bagarella: “Totò è stato per me il miglior marito del mondo”. Ci ricordava due parole che Omero attribuisce ad Andromaca che parla con il marito Ettore: “…tu sei per me padre e sei madre da rispettare, sei tutti i miei fratelli (ne aveva avuto tanti nella sua città di Ippoplaco), tu sei per me il più splendo marito (su dé moi taleros paracoites), il migliore, cioè, che potessi aver trovato… Ettore, com’è noto, le risponde che affronterà lo stesso la battaglia; sappiamo che andò incontro ad Achille, invulnerabile, ben certo di andare verso la morte. Tutto questo per l’onore proprio della sua città e della famiglia stessa, che era costretto in quel momento a lasciare per sempre.

Occorre tener presente che in  certe persone scatta insopportabile la spocchiosità del potere ingiustamente detenuto: non sono accomodanti per natura. E’ la stessa rabbia che manifesta Amleto nel monologo essere o non essere: le contumelie di chi essendo nel torto si dà altezzosamente ragione (riassumiamo): si chiede, infatti Amleto se sia più nobile continuare a vivere in quel mare di guai condizione per “essere” o rinunziarvi, scegliendo di “non essere”.

Ricordiamoci che giustizia, eguaglianza, democrazia, libertà sono beni non certo presenti nella nostra società. Sono solo traguardi lontani nel tempo. Si parla di pari opportunità, ma quali sono le opportunità offerte obiettivamente a tutti, a chi parte dal niente in una società imbrigliata dai notabilati e dalle lobby, da una burocrazia in cui rimane intrappolata la stessa pubblica amministrazione, come un ragno che divenisse prigioniero della propria stessa tela.

Sul principio di colpevolezza scrisse Victor Hugo. Sulla mafia del settentrione italiano dal 6oo all’800 (I promessi sposi ambientati nel 600 ammiccano all’800) e sul concetto di “interiorità – esteriorità” narrò Alessandro Manzoni.  Sulla redimibilità del reo diede lezione l’altro italiano Cesare Beccaria nel suo famoso “Dei delitti e delle pene”. Insegnò al mondo che, seppure la società ha il diritto e il dovere di reagire contro chi trasgredisce le leggi scritte, la morale autentica non può permettersi, in coscienza, di esprimere alcun giudizio di condanna da individuo a individuo. Anche questa volta, come per la cultura in genere, non ci sembra che la coscienza “stradale”, cioè quella diffusa, abbia recepito granché di tutto questo… (D.)

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