Conflitti che insanguinano il mondo: quanto ci danneggia la politica americana?


Dare addosso al “cattivo Occidente” non rientra nelle nostre abitudini perché in questa usanza, da tempo molto diffusa, c’è molto di ideologico e poco di veritiero.

Al riguardo, però, esaminando i fatti più recenti, relativi alla politica internazionale degli ultimi anni, ci sembra il caso di confrontare la politica portata avanti da Donald Trump con quella, invece, di Joe Biden.   

Il “cattivo” Donald Trump ha cercato, in più occasioni, di evitare i conflitti (o di porvi termine), in ciò criticato dal coro dei media, quasi tutto schierato, invece, pro conflitti. Ricordiamo, a questo proposito, l’articolo sulla nostra rivista, a firma Germano Scargiali, “Il Trump cattivo se vuole la pace, buono se fa la guerra”, che ebbe un altissimo numero di visualizzazioni.  

Dal dopoguerra ad ora gli Stati Uniti sono stati coinvolti in una serie di conflitti, in giro per il mondo, ma in quanti di questi erano loro il paese attaccato? 

Per onor di cronaca, va anche detto che ad iniziare le guerre sono stati spesso presidenti del partito democratico e, al contrario, a chiuderle, più frequentemente, presidenti repubblicani. Quello, poi, che ha impegnato maggiormente il paese nei conflitti armati è stato il “Premio Nobel per la Pace” Barack Obama, insignito di questa grande onorificenza “in via preventiva”, cioè quando era ancora all’inizio del suo mandato.   

A fronte, però, di un impressionante numero di guerre, quali benefici gli Stati Uniti hanno, poi, effettivamente ottenuto, visto che di debacles, nel tempo, ne hanno subite pure parecchie (Corea, Vietnam, Afghanistan…)?

Ad avere il potere reale negli Usa sono le élites, le lobbies che, di fatto, prendono le decisioni finali, ma si tratta di scelte, per molti versi, dettate soprattutto da convenienze economiche. Così, è accaduto, infatti, per le politiche vaccinali al tempo del Covid o per la politica energetica a favore delle aziende Usa, frenando la crescita russa. Troppo spesso, si mettono da parte le ragioni dei popoli o i diritti umani per dare priorità a interessi privati di qualche soggetto. Può sembrare una politica vincente, ma non lo è o, se lo è, solo nel breve tempo.

La caduta del muro di Berlino, col conseguente disfacimento dell’Urss, aveva, infatti, offerto una grande occasione all’Occidente: la possibilità di conquistare il potere politico a livello mondiale. Ci sembra, però, che questa chance sia stata sprecata e ciò per vari motivi. Intanto gli Usa molto spesso, all’estero, sono percepiti come prepotenti e arroganti, mentre, già nell’antichità, i Romani solevano dire: “parcere subiectis et debellare superbos”, inoltre questi cercavano di amministrare la giustizia tenendo conto delle necessità dei popoli conquistati. Oggi si ritiene, a torto, che la ricchezza sia l’unico valore di cui tener conto, ma è un’illusione: quanto contino, invece, tuttora, gli ideali lo dimostrano gli aspri conflitti che insanguinano il mondo. Se, poi, questi ideali finiscono per sconfinare nell’estremismo e nel fanatismo è un altro discorso che, comunque, va anche collegato alle strumentalizzazioni di cui i fanatici sono spesso vittime.

Basti l’esempio ucraino. I nazisti fino ad ora demonizzati dal mainstream diventano all’improvviso eroi perché hanno il merito di opporsi a Putin, salvo, in un secondo momento, tornare ad essere considerati cattivi quando non serviranno più. Quel che sta accadendo è che il “democratico” Biden, per portare avanti le sue guerre, si sta schierando con “fascisti e nazisti” di vario genere, ma in tal modo finisce per rafforzare il fronte opposto, formato da autocrazie totalitarie, del tutto irrispettose dei diritti umani.

Nel frattempo il potere di Erdogan è molto cresciuto, come quello di altri leader come Narendra Modi in India, mentre i leader occidentali contano sempre meno.

Ci chiediamo: la democrazia occidentale è solo una parola o ha qualche sostanza?

Di fatto né gli Usa né, tanto meno, l’Europa riescono a far valere principi di libertà e di giustizia nel mondo col risultato di non avere più alcuna autorevolezza. Così, ad esempio, non si fa nulla per i cristiani perseguitati in vari paesi del mondo: un caso clamoroso è quello degli armeni cristiani dell’Artsakh, sconfitti in una guerra lampo dall’Azerbaigian e costretti all’esodo dell’intera popolazione. In pochi giorni sono stati scacciati dalle terre in cui vivevano da tempo immemorabile.

Sono dovuti fuggire con ogni mezzo, senza poter salvare nulla delle proprie cose, senza sapere dove andare e potendo sperare solo nell’ospitalità dei fratelli di fede dell’Armenia, a loro volta sotto minaccia. I loro antichi monumenti, le chiese, i monasteri saranno probabilmente distrutti dagli Azeri musulmani. Qualcuno ne ha sentito parlare? Quando è successo tutto ciò? Ebbene, l’esodo è stato completato prima del primo ottobre di quest’anno.

Anche altri popoli, comunque, possono tranquillamente essere ignorati, per esempio gli Uiguri musulmani in Cina e i Curdi in medio oriente.

Intanto, assistiamo impotenti alla distruzione della cultura che viene buttata alle ortiche e sostituita con il suo opposto, cioè con la “cancel culture”, come se cancellare quel che non ci piace del passato possa servire a migliorare il mondo.

Nel frattempo, così, si impedisce il dissenso, vero sale di ogni democrazia. Il gioco è semplice: “stai attento, se ti etichetto come razzista sei messo al bando dal consesso civile e rischi pure ritorsioni di vario genere”. Che del “politically correct” si sia fatto un uso prettamente politico risulta evidente dal fatto che di politiche concrete a favore della gente di colore se ne sono viste ben poche (basti guardare lo stato delle periferie urbane americane, della scuola, della sanità…), mentre le persecuzioni nei confronti dei “cattivi conservatori” non sono certo mancate.

I democratici non hanno, per le elezioni del prossimo anno, un candidato più forte di Biden e, sia pure a denti stretti, saranno costretti a ricandidarlo. L’esito della competizione (si voterà a novembre 2024) è ancora molto incerto: il paese è spaccato a metà e i due sfidanti, Biden e Trump sono entrambi indagati. Neppure il partito repubblicano sembra in grado di trovare un candidato più convincente di Trump.

 

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