Adesso c’è anche un “magistrato pentito”. Tanto tuonò che piovve. Il fulmine sarà forse a ciel sereno, ma …era nell’aria.
Andrea Mirenda, giudice da oltre trent’anni, ha rinunciato alla carriera e denunciato le dinamiche del Consiglio superiore della magistratura (Csm)…
“Il sistema – ha affermato il magistrato – è improntato ormai ad un carrierismo sfrenato. Tornerò giudice del Tribunale di sorveglianza per occuparmi dei problemi dei detenuti”.
Ecco, quindi, la storia singolare di una “carriera alla rovescia” e di un magistrato che con dignità ribalta il tavolo delle convenzioni, delle regole non scritte e dell’imperante “tira a campare”. Andrea Mirenda, di professione giudice, al culmine del suo percorso professionale decide che così non va.
“Il sistema – ha voluto precisare – è improntato oramai ad un carrierismo sfrenato, arbitrario e lottizzatorio, che premia i sodali, asserve i magistrati alle correnti, umilia la stragrande maggioranza degli esclusi e minaccia l’indipendenza dei magistrati con la lusinga della dirigenza o la mortificazione di una vita da travet”.
Quindi il suo gesto eclatante: la rinuncia alla carriera.
Mirenda attacca il Csm e il sistema delle correnti…
“Il meccanismo carrieristico – così si esprime il magistrato – lascia mani libere al sistema delle ‘correnti’ che hanno in mano il Consiglio superiore, e lo condizionano da anni. Ma queste correnti cosa sono se non le cinghie di trasmissione dei partiti politici? In seno al Csm membri laici e togati realizzano pacchetti di accordi per la distribuzione degli incarichi direttivi, attraverso questo controllo si realizza un ‘eterogoverno’ della magistratura, è questa la partita. Ecco perché dico che la rotazione degli incarichi direttivi garantisce la pari dignità dei giudici”.
In Tv, a Linea diretta, Mirenda non esita ad inquadrare il fenomeno in quello “delle mafie” e del comportamento mafioso in genere: esso crea un giro di potere all’interno dello stato e delle istituzioni, assumendo potere decisionali e funzioni di comando. Condizionando, nel complesso, il normale funzionamento della società organizzata e delle istituzioni. In particolare, il meccanismo delle correnti premia solo “i sodali” consentendo solo a questi di far carriera e spingendo tutti ad …aderire al sistema.
Gli stessi concetti vanno applicati all’intero fenomeno mafioso: è una realtà dalle molte “facce” con i medesimi meccanismi. Collegate e coordinate certamente da un potere superiore. I partiti? Certamente. Ma anche qualcosa che sta certamente al di fuori e sostanzialmente al di sopra…
In ogni caso usciamo fuori dalla sclerotica concezione, ripetuta fino all’eccesso, tea a circoscrivere la mafia nell’ambito del suo braccio violento, con la criminalità organizzata e i gangster, che ne costituiscono solo una parte. Quella più visibile e pittoresca: solo un tentacolo dell’octopus…
Scaramacai
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Nota
Ci si lamenta – perché non è un bene – della scarsa fiducia che gli italiani hanno oggi per la magistratura. Proverbiale la durata dei giudizi… A quanto sopra si aggiunge – per certi versi si oppone e per altri si somma – il caso di quei magistrati finiti nelle maglie dei loro stessi colleghi per aver commesso reati anche nell’ambito della loro professione.
Eclatante il “Caso Saguto” a Palermo. La gestione dei beni confiscati alla mafia era diventata una grande occasione di affari. A capo di un ‘sistema’ che distribuiva soldi, favori e regali c’era l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Silvana Saguto. Indagata e sospesa dal servizio, quando lo scandalo è scoppiato alcuni anni fa, è stata poi rinviata a giudizio con gli uomini del suo ‘cerchio magico’: amministratori giudiziari, professionisti, altri magistrati, parenti stretti (padre, figlio, marito)… In quindici si sono ritrovati in aula per rispondere, a vario titolo, di un’ottantina di capi di imputazione e di reati che vanno dalla corruzione al falso, dall’abuso d’ufficio alla truffa aggravata. Circola sin dall’inizio la convinzione che “…se la faranno franca” e di recente, per un’imputazione, si è registrata un’assoluzione per la ‘magistrata’ in persona, che scagiona – certamente – i coimputati.
…I giudici della corte dei conti d’appello presieduta da Giovanni Coppola hanno assolto, infatti, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo Silvana Saguto, difesa dagli avvocati Domenico Pitruzzella e Paolo Maria Gemelli, che era stata citata in giudizio dalla Procura contabile per danno erariale nei confronti del ministero della Giustizia.
L’ex presidente era finita davanti ai giudici contabili per avere autorizzato il pagamento di compensi destinati a tre coadiutori dell’amministratore giudiziario, ai quali erano stati conferiti anche incarichi aziendali nell’impresa sottoposta all’amministrazione giudiziaria, facendo gravare indebitamente sullo Stato il relativo complessivo importo di 35 mila euro. La Saguto è,però, ancora indagata a Caltanissetta per altri aspetti della sua attività nello stesso ambito giudiziario.
Poiché il caso è vicino – qui a Palermo – ecco qualche altro ragguaglio. La Saguto è andata a processo con 33 capi d’imputazione, sotto procedimento disciplinare dal Csm che ne ha ottenuto l’espulsione e che per gli avvocati dello Stato avrebbe …messo in atto un’attività delinquenziale e predatoria sui beni sequestrati alla mafia.
Silvana Saguto si è difesa apertamente: ‘sono forse una delinquente?’
…Sono entrata in magistratura nel 1981. Ho lavorato prima a Trapani e dopo a Palermo. Sono la sola donna che ha avuto il coraggio di zittire Totò Riina e che gli ha inflitto, insieme alla Corte d’Assise, 13 ergastoli. Ho organizzato i confronti tra quest’ultimo e collaboratori di giustizia come Buscetta, Mutolo e Marchese. Mi sono formata e cresciuta accanto a uomini come Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che, tengo a ricordare, mi voleva un bene incredibile.
Dei figli di Borsellino, nelle intercettazioni, ha detto, però: “Lucia è una cretina”» e Manfredi “uno squilibrato”.
Anche da questa accusa la Saguto si è difesa dicendo: “…sono frasi estrapolate da un contesto. Così si può far dire a chiunque qualsiasi cosa”.