Fra bufale e fake news: il gioco è al ribasso

Tv via Satellite un fattore della globalizzazione anche nel campo dell’informazione: ecco un elemento positivo che “potrebbe” nascondere qualche pericolo. Ma, come in altri casi, …vale assolutamente la pena di correrlo.

Bufale e fake news sono assurte al ruolo di primattrici, agli “onori della cronaca“, come si diceva un tempo. Si ripeteva, una volta, quella vecchia frase che oggi ci sembra tornare di grande attualità: “non manca per bestemmiare, le cose contrarie non vengono”.  Questo adagio non è oscuro come sembra: significa che non manca per “far cortile”… Questo scatta immediato, anche quando i motivi del contendere pesano poco più d’una piuma.

Il problema serio è quello della falsa o fuorviante informazione. Esso esiste, sia sul piano storico, sia entro i confini di una dialettica puramente logica, da molto tempo prima di quando non siano decollate le fake news via internet, anzi via social media.

Attualmente i giornalisti protestano contro le fake news dei social, ma dimenticano le bufale mediatiche che non sono mai mancate e non mancano neppure oggi, con l’aggravante di presentarsi con un’aria più seria, con l’atteggiamento “quasi togato” della carta stampata o, comunque, con la copertura di una testata giornalistica…

Se oggi paradossalmente la cultura – quella vera – è latitante, ciò è ascrivibile anche alla leggerezza con cui i mezzi d’informazione rendono pubblici fatti, eventi, atti umani, notizie… L’esposizione è di solito frettolosa e superficiale; vengono taciuti gli antefatti. Spesso si parla all’improvviso di un tema in termini tecnici inusuali, dando per scontato che il lettore li conosca o “l’ascoltatore radio/spettatore Tv” possa coglierli al volo, magari mentre si trova a tavola e sta mangiando un boccone… Dovrebbe essere ovvio, invece, sia che certe informazioni più ostiche vanno spiegate in dettaglio, sia che la Tv nelle ore di punta è la meno adatta a trasmettere notizie di carattere scientifico o culturale più impegnativo.

Di recente la storia – anzi il procedere degli eventi – ci ha sorpreso con apparenti svolte imprevedibili. Per chi, tuttavia, erano tali? Solo per coloro che avevano previsto un procedere della storia secondo una logica unidirezionale che – evidentemente – non era quella della storia, ma era “una visione personale”, talvolta quella che “loro stessi” avevano condiviso e presa per buona in modo irrazionale o ideologico. Qualunque fenomeno umano (di tali fenomeni è fatta la storia) procede attraverso più “componenti”: esse hanno carattere materiale e carattere morale e sociale.

La futurologia è una pseudo scienza caratterizzata da mille incertezze obiettive. Visioni come quelle ideologiche che hanno accompagnato gli ultimi due secoli (quelli della industrial revolution) erano le più , inadatte a prevedere l’evolversi dei fatti, anche se trattandosi della Rivoluzione francese e dello stesso marxismo nacquero da fermenti autentici e da problemi reali. L’illusione fu quella di poter fornire la soluzione ad un mondo che si è trasformato tanto ad ogni livello, in verticale e in orizzontale che l’elemento preponderante sia stata la sorpresa.

Infine, qualcuno si è persino chiesto con tono preoccupato : “che cosa accadrà adesso, se la gente non prende atto di ciò che dicono i media?” La risposta a tanto allarme potrebbe essere: “sarà un passo avanti nell’ambito della capacità critica e della coscienza civile”.

Di fronte ad una società civile in cui si afferma che le ideologie siano morte – ma questo è certamente un falso, preso per buono – la prima scelta logica dev’essere quella di chiamare tutto col proprio nome. Cioè dare un nome a tutto, ad ogni concetto…

Per grottesco che possa sembrare, occorre definire anzitutto (ed accordarsi in tal senso) che cosa si intenda per cultura e che cosa si intenda per informazione. Secondo chi scrive queste righe, siamo molto lontani, a livello di società civile, ad aver chiari questi due concetti, a concordare su di essi, a condividerne il significato.

Cultura – diremo in breve – è, secondo noi, conoscenza sommata a capacità critica, interdisciplinarietà, capacità di confrontare le nozioni con i dati della realtà, di storicizzare – cioè – le verità e i dati della cultura scientificamente, filosoficamente e scolasticamente intese. Queste parole, buttate lì a braccio, servono – crediamo – a dare già uno spaccato di ciò che dovrebbe essere e non è, di ciò che dovremmo essere e non siamo. Ciò avviene non certo per “colpe” ascrivibili alla novità delle fake news, bensì ai limiti della cultura tradizionalmente impartitaci. Di tradizione ha poco, ancor meno ha di novità e di aggiornamento.

Informazione corretta è – secondo noi – quella che fornisce un’idea aderente al vero degli eventi e li approfondisce almeno quanto basta a fornirne un’interpretazione relativa alla sua portata. Occorre che il lettore o l’ascoltatore siano, anche, messi in grado di distinguere dove finisce “il fatto” e inizia l’opinione di chi  ne dà notizia. Una totale assenza di atteggiamento da parte del giornalista non è raccomandabile, mentre un’eccessiva ingerenza risulta fastidiosa. Tuttavia, a questo punto, si richiede una presenza intelligente della facoltà di discernimento dei lettori o ascoltatori. E’ questo l’unico filtro “ammissibile”. Ma ciò dovrebbe avvenire in una società che non rinneghi la cultura nella sua corretta interpretazione: conoscenza, approfondimento, libertà, capacità di ragionamento, interdisciplinarietà… E’ la morale? E’ rispetto per l’altro, che nasca dal riconoscimento profondo della sua esistenza (ammettere l’esistenza del numero 2), ma anche consapevolezza di dover scegliere: una volta per tutte e tutte le volte che un problema si presenti…

Non è – invece – che, per caso, a qualcuno si è rotto il giocattolo? Chi tiene a comunicare correttamente dovrebbe ritenere riconoscibile la notizia migliore e capire che la qualità di un notiziario, una testata, un blog, curati da uno o più veri giornalisti, abbia delle qualità ben differenti, quindi superiori, rispetto ai tentativi maldestri di chi con presunzione …improvvisa.

Da liberali, liberisti e libertari, la nostra tendenza sarebbe quella che – fra il dare e l’avere – la scelta migliore sia quella di non normare, nel senso di far valere più o meno le sole norme valide per i delitti di calunnia e di diffamazione.

Germano Scargiali

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