L’Eracle di Euripide dalla mitologia alla rappresentazione moderna

Il teatro greco di Siracusa è sinonimo di tragedia greca e relative rappresentazioni. E’ da considerare il primo al mondo sul tema… Nel finale il sole èbasso sull’orizzonte e i raggiincontranola scena facendo da indimenticabile “parco lampade” naturale. Ciò non è una regola di tutti i teatri antichi…

Tutti a Siracusa, come ogni anno, nell’antico teatro greco per assistere ad uno degli eventi culturali di maggior rilievo del calendario siciliano. E’un calendario che “esiste poco” e non è abbastanza coordinato,tanto da somigliare – come dovrebbe – ad una programmazione. Questa continua ad essere un vano desiderio, un’aspirazione ed un’attesa per gli operatori turistici e gli agenti di viaggio. Non mancano, però,alcuni eventi – come questo – che ricoprono una grande importanza e una solennità tali da provocare ugualmente un puntuale”over-booking”…

La rappresentazione dell’Eracle di Euripide, in particolare, ha fatto parte del 54° ciclo di tragedie greche classiche in programma al Teatro greco di Siracusa, allestito dalla Fondazione Inda (Istituto Nazionale del Dramma Antico), conla regia magistrale della palermitana Emma Dante. Un inedito Eracle di Euripide, i cui protagonisti – a differenza dell’originale del V secolo a.C. (ruoli femminili interpretati da uomini) – sono impersonati da donne nel ruolo degli uomini.

Così come affermato dalla regista “che cosa succede se una femmina incarna l’eroe, rappresentando la sua potenza e la sua fragilità con l’armonia nei fianchi e la durezza nello sguardo? Che cosa succede se il maschio-eroe del mito diventa bianco e lieve come una nuvola? In Eracle mi interessa la fragilità, perché non è la forza né il potere a renderlo virile. È la sua anima e il suo coraggio a fare di lui un essere umano, non certo i suoi muscoli”. …“Penso a un gioco teatrale con regole nuove, mi allontano dall’antichità, delle forme canoniche e invito un cast al femminile di ricoprire tutti i ruoli senza distinzione di genere, così come i greci giocavano a interpretare le donne in scena. Penso a una comunità androgina, dove il potere viene fatto a pezzi e sostituito dal candore dell’infanzia, dalla purezza. Penso al rapporto tra la donna e il mito in cui stavolta è la donna a misurarsi con la leggenda”.

Dopo aver studiato la letteratura greca e latina ci si accorge di quanto il sentimento dell’animo umano – anche nell’istinto più basso – le passioni e le follie sono state già descritte nel passato con la stessa veemenza dell’attualità. Tutto quello che succede oggi è un dejà vu, una triste ripetizione di un copione già scritto.

Ma qual’è la storia? Cominciamo con il parlare dei suoi genitori. Eracle alla greca – da noi più noto come Ercole – l’uomo più forte del mondo era figlio di Zeus. Il padre di tutti gli dei aveva deciso di dar vita a un essere di forza eccezionale il quale potesse offrire una valida difesa non solo agli uomini ma anche agli dèi, e sapeva che solo la regina di Tirinto avrebbe potuto divenire la madre di questo eroe più che umano. Ma Alcmena amava profondamente il saggio e generoso Anfitrione (così generoso da essere divenuto leggendario come ospite che convita, regalmente i suo visitatori) e non voleva sentir parlare di nuove nozze, anche se divine. Avvenne che Anfitrione dovette partire per una guerra e, Alcmena, chiusa nelle sue stanze attese pazientemente il ritorno di lui senza lasciarsi avvicinare da alcuno. Infine giunse un messaggero per avvertirla che il marito aveva sconfitto i suoi nemici e sarebbe presto tornato vincitore alla reggia. Infatti, dopo pochi giorni, ecco giungere Anfitrione sul suo cocchio, bello e splendido come non era mai stato. E Alcmena corse felice nelle sue braccia.

In realtà non si trattava affatto di Anfitrione, il quale correva ancora sulla via del ritorno, ma di Zeus che, per poter avvicinare la bella regina, aveva assunto le sembianze del marito di lei. Nacque così Eracle, o Ercole, come lo chiamarono i Romani, l’eroe nazionale della Grecia. Più tardi Anfitrione seppe da un famoso indovino, Tiresia, quello che era avvenuto, ma, saggio e generoso qual’era, allevò amorosamente il figlio di Zeus insieme al proprio figlio, Ificle. (http://terradeifaraoni.blogspot.com).

Eracle era impegnato in una delle sue fatiche, quando Tebe venne usurpata da Lico. Tutto sembrava perduto, la moglie Megara e i suoi figli erano minacciati di morte, così come l’anziano padre Anfitrione. All’improvviso Eracle fece ritorno in patria e accecato dall’ira uccise Lico. Intanto Era, moglie di Zeus, che non aveva ancora digerito il tradimento del marito e che non nutriva affatto simpatie verso Eracle, gli inviò Iris, la sua messaggera, e Lissa che rappresentava la Rabbia, con lo scopo di farlo completamente impazzire. Così si compì la volontà di Era: credendo che i suoi figli fossero di Euristeo, che gli aveva imposto le celebri 12 fatiche, Eracle li uccise senza pietà insieme alla moglie Megara, in preda al furore divino. Solo Anfitrione venne risparmiato, grazie all’intervento salvifico di Atena. Quando Eracle si risvegliò, in preda all’amnesia, legato ad un tronco, comprese il misfatto e pensò al suicidio, ma l’amico Teseo riuscì a persuaderlo che la sua più grande prova – dopo le numerose fatiche che aveva già affrontato – sarebbe stata quella di convivere con questo immenso dolore. (Luciano De Crescenzo. I grandi miti greci).

Da semidio a individuo fragile, inerme, soggetto alle passioni e agli istinti più biechi.

“Il senso della tragedia è proprio questo – spiega Andrea Di Gregorio, traduttore – l’ineluttabilità del destino, la volontà degli dei, cui nessuno può sottrarsi. Neanche uno come Eracle che alla fine compie un misfatto tremendo, sebbene ingannato dalle messaggere di Era, da un lato involontariamente, ma dall’altro contemporaneamente consapevole. Dal punto di vista del teatro e della rappresentazione, in fondo, non conta il sesso, bensì la condizione umana che in Euripide possiede una contemporaneità quasi sconcertante. I protagonisti sono sempre persone onorevoli, oneste, nobili, apprezzate e con una buona considerazione, come del resto lo era proprio lo stesso Eracle. E quante volte abbiamo sentito dire il classico commento “Ah, era per una persona per bene” in riferimento a casi di cronaca molto simili a questi narrati? Ciò fa sembrare tutto ancora più atroce e attuale”.

La vicenda intrisa di passione, violenza, odio e amore –  narrata da Euripide nel V secolo a.C. – è tremendamente attuale,  profetica e universale. Richiama drammaticamente quanto la cronaca dei giorni nostri ci riporta in una triste contabilità. A certi eventi, forse ci stiamo davvero abituando. Eracle, un personaggio androgino, né uomo, né donna, né mortale, né semidio, né tra i morti dell’Ade, né con le divinità dell’Olimpo, ma – in questa rappresentazione – gli viene assegnato un sensibile animo maschile in un fiero corpo femminile. E’ la parità dei sessi di Emma Dante, nei vizi e nelle virtù, così come nei ruoli scambiati senza che nessuno possa sentirsi ursurpato nella propria missione. Teseo nella battuta finale della tragedia ci lascia questa morale: “Se un uomo è nobile affronta rassegnato i colpi che gli infliggono gli dei”. Perché l’abbandonarsi alle passioni è cosa “che fanno le donne”.

Franco La Valva

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