Quando l’eutanasia diventa “festa grande” (da Mario Giordano)

Andrea Bocelli and Può sembrare banale, ma Andrea Bocelli, grazie alla fede nella vita da parte della sua famiglia e sua ha superato il suo grave handicap, vivendo felice e divenendo un ambasciatore dell’Italia nel mondo. E’ solo uno fra i tanti e diversificati, esempi possibili…

L’amico Franco Maurizio La Valva ci segnala questo incisivo articolo di Mario Giordano, uno dei tanti personaggi “colpevoli” come noi di non essere “di sinistra”: un lusso che ci siamo consentiti lungo tutta la vita, con piena soddisfazione, pur sapendo benissimo come ci costasse caro…

Pubblichiamo l’articolo con piacere, citando la fonte e lodandola…

Da La Verità – articolo di Mario Giordano

Festa grossa, è morta una donna. È impressionante il coro di entusiasmo con cui i giornali hanno accolto il decesso di Patrizia Cocco, la quarantanovenne di Nuoro, malata di Sla, che ha chiesto di staccare le macchine in base alla nuova legge sul biotestamento (Il PC non conosce questo termine e …lo aggiungiamo. E’ il progresso. Ndr). Nei titoli è tutto un rincorrersi di «la prima volta», «il primo caso», «la prima morte», come se fosse una corsa al record, materia da Guinness dei Primati. Evviva: una è stata fatta fuori, adesso sotto chi tocca.

Per fortuna, ci informano le cronache, c’ è «un boom di richieste», «più di 1.000 arrivate in tutta Italia». E i giornali riportano il dato con tono giubilante, euforico, roba da baldoria, frizzi e lazzi come a San Silvestro, lustrini e fuochi d’ artificio per celebrare come si conviene il Capodanno del Decesso. Che bello, ci sono 1.000 persone che chiedono di morire: potevamo essere più fortunati di così?

Dentro le cronache dei giornali, la morte diventa desiderabile come poche altre cose al mondo. Il sorriso di Patrizia, il suo cappellino con la veletta, l’ elegante abito nero, la mamma che le dice «Ora vai amore mio»: quello che fino a prova contraria resta un avvenimento piuttosto luttuoso, come il trapasso, si trasforma sulla via dell’ eutanasia in una specie di Thanatos Party, evento mondano che quest’ anno fa molto chic. Avete il vestito giusto da mettervi?

Persino Avvenire, il quotidiano dei vescovi, festeggia in prima pagina la Prima morte col biotestamento: «La nuova norma permette ai medici di dare esecuzione alla volontà del paziente senza doversi rivolgere al giudice». Non è una grande conquista? Si muore più in fretta, si muore prima. «Il funerale è già stato celebrato», avanti con il prossimo drink. Se, per dire, Patrizia Cocco fosse guarita, qualcuno l’ avrebbe mai festeggiata così? No, certo. E quindi è chiaro: non conviene vivere.

Conviene morire. Al giorno d’ oggi è più trendy, non c’ è dubbio: bisogna partecipare al Gran Premio del Funerale. Vince chi arriva primo in bara, senza perdere tempo con i giudici o altre menate.

Tra un po’, magari, senza neanche perdere troppo tempo con le cure, con quel che costano. «Il funerale è già stato celebrato», avanti con la festa. Patrizia «ha conquistato un primato», come ci tiene a sottolineare il Corriere della Sera in versione Guinness Mortifero.

Però non disperate: se vi applicate, potete cercare anche voi il vostro primato di morte. C’ è sempre tempo per defungere a favor di cronaca. Che fa sempre molto chic.

Se poi proprio non ve la sentite di morire in fretta, ebbene: allora provate almeno a non nascere. Anche quello, si sa, di questi tempi è piuttosto sconveniente.

Non solo perché sempre meno famiglie mettono al mondo bebè, non solo perché molti bebè sono abortiti nella pancia della loro mamma, non solo perché quelli che vengono al mondo non sono per nulla sostenuti dallo Stato che preferisce aiutare torme di clandestini, ma anche perché se poi uno, nonostante tutto, ostinatamente, s’ incaponisce e viene al mondo lo stesso, ecco che potrebbe trovarsi nella triste condizione di vedere il papà che chiede il risarcimento. Proprio così: papà che chiede il risarcimento perché suo figlio è nato. Ed è pure nato vivo, pensate un po’ che affronto. Ma non lo capisci, figlio mio, che al giorno d’ oggi se proprio vuoi nascere come minimo devi nascere morto?

Non crediate che sia uno scherzo: è successo davvero.

Un padre di Alessandria, infatti, ha ottenuto dalla Cassazione il diritto a essere risarcito per la nascita della figlia non desiderata. Lui e la moglie volevano l’ aborto, ma il raschiamento non andò a buon fine: la mamma è stata subito ricompensata con 125.000 euro dall’ ospedale, il papà invece ha dovuto fare una lunga battaglia giudiziaria, che ora si è finalmente conclusa con questa meravigliosa sentenza definitiva. E così adesso il genitore potrà finalmente annunciare alla bimba, ormai piuttosto grandicella: «Figlia mia, lo vedi? Papà è stato risarcito per la tua nascita».

Non c’ è forse da esserne fieri? E pensare che una volta, quando ancora amavamo la vita, la nascita si chiamava «lieto evento».

Che bizzarria. Adesso, per fortuna, abbiamo sposato il progresso e i cosiddetti diritti civili. E così riusciamo a essere davvero lieti solo quando c’ è da festeggiare una morte.

(Fin qui Mario Giordano)

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A volte il nostro commento è più lungo dell’articolo. Qui la tentazione  è forte. Rimandiamo alla lettura di tutto il nostro giornale. Per chi volesse, ovviamente, ma abbiamo tanti lettori: sono tanti, hanno superato ampiamente il milione, specie considerando la versione precedente, Palermoparla.it.

La cultura della morte e l’incultura di credere che laico significhi ateo e che il laicismo sia una condizione necessaria per esercitare l’intelligenza può portare a tutto. Per esempio, a perdere la stessa facoltà di capire che cosa siano la cultura e la scienza. Peggio: annebbiare la possibilità di apprendere e la stessa scientificità. E’ un vero pericolo, tanto più che l’individuo, ristretto in uno spazio ristretto – casa, PC, auto, luogo di lavoro, PC – ha già perso il contatto con la natura, persino delle misure, delle distanze, delle superfici. Le sue idee sulla realtà naturale vengono già manipolate a piacere e strattonate verso direzioni fuorvianti.

Meno colto, del resto, è l’interlocutore, più ti dice che gli scienziati sono atei. Ciò a sostegno del “proprio” ateismo. Si tratta, purtroppo, di un ateismo di vita, un disincanto che coincide con quello che i latini già definivano come il peggiore dei peccati, il peccato di base, la vera natura del peccato originale:la “tristitia vitae”. Dove tristitia contiene l’etimo triste e l’etimo “tristo”. Tale è lo stupratore, tale è il pedofilo, tale è colui per il quale tutta la vita è una masturbazione: un ridurre tutto a se stesso, un concentrarsi verso l’io dando valore solo a ciò che è spendibile a tal fine personale.

Da qui a ritenere che la libertà sia l’arbitrio, a cadere preda di una deriva che conduce al “relativismo etico” il passo è breve. Tale relativismo è un coefficiente moltiplicatore del fenomeno consumistico che, probabilmente, è il peggior male del mondo moderno. Non siamo più al consumismo come mera distonia maniacale della personalità: il sistema ci chiede solo di consumare, nulla esiste se non è spendibile, né vendibile… Consumare merce, servizi o anche le stesse “scelte” diventa per paradosso un fenomeno etico, si compone di una serie di “must”, consumare diventa “trendy”, termine che acutamente utilizza mario Giordano. Ma è trendy soprattutto farlo in un certo modo. Comprendiamo bene come questa sia la morte reale dell’individuo.

Di fatto, il divorzio, l’aborto, l’eutanasia divengono non solo un fenomeno di costume, ma soprattutto un atto di consumo. Come tale anche un’esibizione. La controprova è che “costano”. Ma, anche se fossero interamente mutuabili, sarebbero arricchiti – per così dire – da un contorno consumistico e resterebbero oggetto di esibizione ed esibizionismo. Vediamo che c’è chi si vanta pubblicamente di aver abortito o procurato aborti, vediamo come l’eutanasia sia un atto eroico, come lo era per i romani il suicidio per motivi d’onor perduto… Ma il suicidio era gratis: qui l’eutanasia devi farla in clinica, ti vendono anche questa. Ti vendono l’aborto, se vuoi farlo comodamente in un bell’ambiente e non insieme ai poveri e agli extracomunitari. Guai, però, a dirti che sei razzista: significherebbe che non ti riconoscono come tu consumi anche il vanto di essere anti razzista… Anche questo puoi “spenderlo” al momento giusto e guai a chi te lo tocca.

Tutto questo può avvenire – e di solito avviene – se vien meno la cultura della vita, della stima nell’umanità e “nell’altro”, riducendo tutto a quell’ego libero – fasullo e taroccato – che è l’immediata conseguenza di quel mal concepito “laicismo”. Un fatto è “sentire“, un altro è “professare“: è simile alla differenza fra il rivolgersi all’arte in modo creativo o accettare di essere “di maniera”. Senza amore non si crea, senza fede la vita non merita d’essere vissuta…

Di fatto – tornando al tema centrale, cioè la festa per la morte volontaria d’una ragazza – potremmo essere di fronte ad una riedizione moderna dei sacrifici umani e del cannibalismo – il prigioniero nella pentola – con relativa sarabanda delle antiche “religioni” totemiche,  fatte di amuleti, idoli, totem appunto. Non è umanamente accettabile celebrare la morte come una festa. La si può accettare con serenità e gestire l’evento con sobrietà servendo persino – come si è fatto – un frugale buffet… Ma sbellicarsi dalle risate come vediamo fare oggi ci lascia perplessi. Brindare al volontario suicidio e, quanto meno, fuori di luogo e di pessimo gusto…

Eu-tanasia: allegra morte, allegra nascita o allegro aborto, allegra vita, allegre scelte: “No, non esageriamo, la vita dev’essere, anche, una cosa seria e la morte pure”.

Il contrario è il concetto di Dio o della stessa Natura come espressione e contenitori di amore. Quindi, fiducia nell’altro, cioè nell’umanità, nella storia, cioè nel ruolo che l’umanità pensante stessa svolge nel cosmo. Questo, anche se non ci si inginocchia davanti al Santissimo, al Crocefisso o alla Madonna, è ben distante, quasi agli antipodi, dal laicismo ateo che oggi si predica. Certamente con una disinvoltura che è  frutto di mera ignoranza…

Germano Scargiali

 

 

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