Chi immigra e chi emigra: Quanti sono? Italia strattonata

Emigrazione giovanile: un’immagine più inusuale di quella sull’immigrazione dal terzo mondo. Giovani italiani cercano lavoro, spesso qualificato, all’estero. Talenti italiani vengono “regalati” e in casa ne mancano… Programmazione inadeguata evidente…

Di Guido Francesco Guida

Immigrazione incontrollata ed emigrazione italiana: un Giano bifronte? Un problema certo.

Dopo le 40 mila unità “annue” dagli anni ’70, nel primo decennio degli anni duemila l’emigrazione italiana ha raggiunto le 102.000 unità nel 2015 e 114.000 unità nel solo 2016. Sono alcuni dei dati contenuti nel Dossier Statistico Immigrazione 2017 di Idos e Centro Studi Confronti, che è uscito a dicembre 2017.

Detto così il dato non sembrerebbe eclatante. Mentre invece lo è se andiamo a considerare il dato reale. Se infatti valutiamo lo Statistisches Bundesamt tedesco e il registro previdenziale britannico (National Insurance Number), le cancellazioni anagrafiche rilevate in Italia rappresentano appena un terzo degli italiani effettivamente iscritti. Pertanto, i dati dell’Istat sui trasferimenti all’estero dovrebbero essere aumentati almeno di 2,5 volte.

Conseguentemente nel 2016 si passerebbe da 114.000 cancellazioni a 285.000 trasferimenti all’estero, un livello pari ai flussi dell’immediato dopoguerra e vicini a quelli di fine Ottocento. Peraltro, non va dimenticato che nella stessa Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero il numero dei nuovi registrati nel 2016 (225.663) è più alto rispetto ai dati Istat.

Ad emigrare sono sempre più persone giovani con un livello di istruzione superiore. Tra gli italiani con più di 25 anni, registrati nel 2002 in uscita per l’estero, il 51% aveva la licenza media, il 37,1% il diploma e l’11,9% la laurea ma già nel 2013 l’Istat ha riscontrato una modifica radicale dei livelli di istruzione tra le persone in uscita: il 34,6% con la licenza media, il 34,8% con il diploma e il 30,0% con la laurea, per cui si può ritenere che nel 2016, su 114.000 italiani emigrati, siano 39.000 i diplomati e 34.000 i laureati. Le destinazioni europee più ricorrenti sono la Germania e la Gran Bretagna; quindi, a seguire, l’Austria, il Belgio, la Francia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e la Svizzera (in Europa dove si indirizzano circa i tre quarti delle uscite) mentre, oltreoceano, l’Argentina, il Brasile, il Canada, gli Stati Uniti e il Venezuela.

Questi dati meritano già di per sé un’attenta considerazione sia dal punto di vista economico che sociale. Ogni italiano infatti che emigra rappresenta oltre che una perdita in capitale umano anche una perdita economica sia per la famiglia d’appartenenza che per l’Italia la quale impegna risorse non indifferenti: 90.000 euro per un diplomato, 158.000 o 170.000 per un laureato (rispettivamente laurea triennale o magistrale) e 228.000 per un dottore di ricerca, come risulta da una ricerca congiunta condotta nel 2016 da Idos (Istituto dossier statistico con dipartimanto immigrazione nato nell’ambito della Charitas diocesana, ndr) e dall’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” sulla base di dati Ocse.

Operazione della Guardia Costiera libica al largo di Zawiya, nord ovest Libia, 27 giugno 2017. ANSA/Zuhair Abusrewil
Operazione della Guardia Costiera libica al largo di Zawiya, nord ovest Libia, 27 giugno 2017. L’Italia è presa d’asalto più d’ogni altro paese ed è il  più ospitale e solerte nel soccorso a mare: veri e propri salvataggi… Qui la tormentata Libia fa da sé. Dal paese lasciato ricco da Gheddafi non si emigra: è posto di passaggio. Ora, nuovamente, funge da “filtro” con giovamento per l’Italia (GS).

Se adesso andiamo a valutare l’altro fronte dato dalle immigrazioni soprattutto attraverso il Mediterraneo e le regioni del Sud i dati del Ministero degli Interni ci dicono che tra il primo gennaio e il 31 dicembre 2017 sono sbarcate in Italia 119.369 persone (di cui il 12.8% minori non accompagnati) e 1385 fino al 12 gennaio 2018.  Sempre secondo la stessa fonte, in tutto il 2016 erano arrivati 181.405 stranieri e 153 mila nel 2015.

Difficile trovare dati aggiornati sul sito del Ministero degli Interni comunque nel corso del 2016 hanno fatto richiesta di asilo il 68% degli immigrati, sono state esaminate il 49% delle domande e, di queste, hanno dato esito negativo i 2/3. In definitiva soltanto il 16.6% aveva i requisiti per una richiesta d’asilo e l’83,4% era costituito soltanto da migranti economici. Sappiamo inoltre, secondo i dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), che gli attraversamenti del mare sono sempre rischiosi per violenze e torture subite e che i morti noti nel Mediterraneo dal 2014 ad oggi sono più di 16 mila.

Dal sito del Ministero degli Interni si legge inoltre che il prefetto Mario Morcone, autorità di lunga esperienza nel settore dell’immigrazione al ministero dell’Interno, intervenendo il 28 novembre 2017 in audizione davanti al Comitato sulle Libertà Civili, la Giustizia e gli Affari Interni del Parlamento europeo ha dichiarato: «Abbiamo fatto sbarcare oltre 700mila persone nei nostri porti».

Quanto alla nazionalità (presunta) dei richiedenti asilo, al momento dello sbarco il 17% ha dichiarato di provenire dalla Nigeria, il 9% da Guinea e Bangladesh, l’8% dalla Costa D’Avorio e il 6% dal Mali. Seguono Sudan, Senegal, Eritrea, Gambia. In Italia sono arrivati nel 2017 soprattutto uomini (il 74%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 14,5% degli arrivi). Per quanto riguarda le sedi degli sbarchi, questi sono avvenuti principalmente in Sicilia (64%, ma fino a pochi mesi fa questa percentuale era del 90%) seguita da Calabria (20%), Campania (6%), Puglia (5,5%) e Sardegna (4,5%).

In Europa si fatica a trovare un accordo comune con alcuni Paesi che hanno definito rigidi criteri di entrata ed altri che, a correnti alterne, selezionano gli accessi (Germania). Gli altri due Paesi che hanno avuto ingressi nei primi undici mesi del 2017 sono stati: la Grecia con circa 27 mila migranti, di cui 3 mila ad ottobre e la Spagna dove sono arrivati, fino al 31 ottobre, circa 21 mila migranti. In totale in Europa tra il primo gennaio e il 30 novembre 2017 sono arrivati, via mare, circa 165 mila migranti.

A seguito delle ripetute accuse di inerzia dirette al governo italiano ed alle mutate condizioni geopolitiche si è registrato un calo dei flussi (noti). Questo è potuto accadere grazie ad un primo accordo siglato tra Italia e Libia ad inizio febbraio 2017 che stabiliva una serie di ambiti di collaborazione tra i due paesi per la riduzione dei flussi in partenza dalla Libia. L’accordo è stato ulteriormente rafforzato a luglio, definendo finalmente che le navi della guardia costiera italiana potessero operare anche in acque libiche a supporto della guardia costiera libica.

Al di là di ogni considerazione politica emerge chiaramente da quanto riportato dalle cronache che le politiche finora attuale hanno alimentato corruzione, mafie, scafisti e loro collegati. Emerge, inoltre, da quanto noto e detto che emigrazione-immigrazione ha tolto le forze migliori sia dal punto vista fisico che intellettuale dai paesi di origine

È in atto una vera sostituzione etnica? Certo con queste cifre è azzardato dirlo, anche se i dati certi sull’immigrazione vengono dagli sbarchi ed esistono in Italia, come tutti affermano, flussi clandestini sia dal confine orientale che da sbarchi incontrollati. Il trend comunque è quello della sostituzione (siamo già ufficialmente all’8.3% di stranieri sul suolo italiano, superiore alla media europea). In politicamente corretto si dice che si tratta di “accoglienza diffusa” e di “intraprendenza socio-culturale”. E queste percentuali cresceranno se si adotteranno certe leggi per favorire cittadinanza ed i ricongiungimenti familiari. Se poi parliamo dell’Europa in venti anni la presenza di persone straniere sul suolo europeo è aumentata di cinque o dieci volte ed i mutamenti nella composizione sociale ed etnica ci sono, e sono davvero veloci.

In conclusione riteniamo opportuna una considerazione finale. Al di là della giusta e doverosa solidarietà che ha sempre caratterizzato e dovrà continuare a caratterizzare l’Europa, soprattutto nell’area dei paesi del bacino del Mediterraneo, ci chiediamo soltanto: perché non si aiuta questa gente ad emanciparsi nei propri territori con programmi ed investimenti seri e controllati, anche e soprattutto, attraverso le famose sigle ONU, EU ed ONG varie? Dice un antico proverbio cinese: “Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”.

E per quanto riguarda l’Italia: quei politici che si stracciano le vesti per gli immigrati perché non fanno altrettanto per coloro i quali li hanno eletti e non adottano delle politiche sociali e lavorative che consentano agli italiani di restare in Patria ed agli immigrati regolari di trovare un giusto e dignitoso lavoro senza sfruttamento e con piena integrazione? (G.F.G.)

(Fonte foto: socialecorriereit)

NOTA di Palermoparla – La “vexata quaestio” dell’immigrazione divide gli italiani (e non solo loro). E’ durato poco il sogno del ribaltamento puro e semplice: “da luogo di partenza a meta”. Che cosa è più grave? Mandare lavoro qualificato all’estero o essere inflazionati da lavoratori poco qualificati dal terzo mondo. Si sta dimostrando che, nonostante gli ostinati scetticismi, si può innescare lo sviluppo nel terzo mondo: a dispetto, intendiamoci, di chi lo ha anche ostacolato! Lo sviluppo del terzo mondo giova al Mediterraneo e, a lume di cultura e intelligenza, all’intera Europa, che – invece – è anch’essa “gelosa” del Mediterraneo sulla scia dell’America e dell’asse massonico che Usa e GB giurarono sulla carta quando Giorgio Washington ottenne l’indipendenza… Si dimostra anche – sempre a dispetto di certo scetticismo – che è utile e giovevole uno schermo in Libia, luogo “eletto” per chi vuol passare il mare… Scattano le pruderie dovute alla severità dei campi di raccolta e delle carceri libiche. Darebbe facile rispondere che tali condizioni sono quelle “africane”, che le carceri severe sono quelle cui sono avvezzi i migranti che commettono reato in …patria. Ma sarebbe facile  le soluzioni facili non rendono. Vi sono problemi – e l’immigrazione è fra questi – che a certe categorie di persone e ad intere “cordate” rendono finché esistono…

E’ ovvio che sia giusta la teoria del pesce una volta o della canna o la rete per sempre, ricordata dal nostro stimato redattore (con l’occasione sottolineiamo qui che Palermoparla è tutto vero volontariato). Ma se ovvia è questa verità logica, altrettanto è la verità storica che l’Africa, il Medioriente e persino – in misura meno eclatante – la Sicilia, vengono tenute in totale o parziale sottosviluppo …in attesa di momenti più opportuni per iniziarne lo sfruttamento più conveniente e più massiccio… Meno temibile riteniamo la “sostituzione etnica e civile” perché crediamo che – sostanzialmente – la cultura greco latina europea e cristiana (specie quella cattolica) dell’Europa sia comunque talmente più forte e moderna (difetti e limiti storici inclusi) da convertire, col tempo, chiunque.

Per quanto, di recente (torniamo al discorsi di base) in Tv sentivamo un “esperto” che elencava fra “i cattivi del mondo” coloro che alludono alla “teoria del grande complotto“, riteniamo che i “cattivi” sono quelli che lo escludono: era, invece, l’esperto che rientrava fra i cosiddetti cattivi… Sia chiaro: Non uno ma più disegni loschi trattengono dal percorrere la giusta e retta via una società moderna che produce di tutto e di più, ma lesina lavoro, welfare e persino cibo a tante persone: a giovani e vecchi…

Certamente, persone, enti e cordate che ragionano con disegni ultra decennali, follemente al di là della durata di una vita, tendono a tenere per altrettanto tempo sotto controllo lo stesso evolversi della storia. Lo fanno con strumenti finanzi, politici, economici e alimentando consociazioni lobbistiche non certamente pulite se non – a volte – nella forma esteriore. Forte – come accennavamo per inciso – è l’ostilità che vede da una parte l’organizzazione di stampo massonico (Usa – G.B.) dell’Atlantico e degli oceani contro il Neo Umanesimo e il Neo Rinascimento che si intravede emergere nel Mediterraneo, che è tale da coinvolgere – per vari motivi e con l’ausilio di più componenti – tutta quella enorme massa di terre emerse che corre fra Europa, Asia ed Africa. La storia, però, non si fermerà. Potrà solo ritardare un po’… (Germano Scargiali)

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