RICORDANDO PAPA BENEDETTO

Papa Benedetto da bambino: lo sguardo, nel tempo, è rimasto lo stesso

Un anno fa, il 31 dicembre 2022.

Un anno senza il ‘papa emerito’ che, pur nel ritiro del convento Mater Ecclesiae, pur nella sua estrema discrezione, continuava ad esserci, in qualche modo, a rappresentare un punto di riferimento, una presenza discreta ma luminosa, benigna e sicura.

L’ultimo giorno del 2022 era un sabato, il giorno dedicato a Maria, e le sue ultime parole furono: ‘Ti amo, Signore’. Le parole più semplici ed umane, che sigillavano una intera vita spesa per Cristo e per la Sua Chiesa.

Di Joseph Aloisius Ratzinger sono state dette molte cose, e del resto è normale che se ne dicano molte di una persona che ha ricoperto ruoli di fondamentale importanza.

Tante di queste cose, però, sono state infami calunnie e giudizi sprezzanti (il panzerkardinal, il pastore tedesco, il reazionario…). Giudizi che, paradossalmente, venivano sia dalla ‘sinistra’ che vedeva in lui l’odiato custode dell’ortodossia e della fede di sempre, sia dalla ‘destra’ ecclesiale che, invece, lo giudicava ‘modernista’ o addirittura eretico.

Verrebbe da dire che se non piaci a due posizioni estreme e opposte, forse è perché sei nel giusto.

Eletto il 19 aprile 2005, annunciò la rinuncia l’11 febbraio 2013, che divenne effettiva il 28 febbraio.

Penso che per molti quel momento rimane indimenticabile: il volo dell’elicottero su una Roma bella e luminosa, il saluto dal balcone di Castelgandolfo e la chiusura delle porte del palazzo. Un senso di vuoto, di perdita, di abbandono.

Quando muore un papa anche chi non è cattolico, anche chi odia la Chiesa, avverte probabilmente un disorientamento perché viene a mancare una delle coordinate del mondo, qualcuno da ascoltare o da contestare, secondo i casi, ma che comunque c’è, è lì, una roccia. Quando però il papa che ti lascia non è morto, la situazione è molto diversa. Il bonario cinismo dei romani dice che ‘morto un papa se ne fa un altro’. Anche loro però hanno dovuto affrontare ben poche volte nella storia una situazione simile, per la quale non ci sono proverbi.

La rinuncia di Benedetto fu e rimane inspiegabile, si percepisce che c’è in essa e intorno ad essa molto di non detto, di enigmatico, a partire dal motivo addotto: l’avanzare dell’età e il venir meno delle forze, detto da una persona che poi vive quasi altri dieci anni in condizioni fisiche abbastanza buone e in condizioni mentali non solo eccellenti, ma straordinarie.

Benedetto XVI, che era stato per tanti anni il braccio destro del grande Giovanni Paolo II, continuò la sua opera con uno stile completamente diverso: tanto Karol Wojtyla era energico, carismatico, coraggioso, quanto Joseph Ratzinger era per natura schivo, timido, il tipico studioso che vive fra i libri. Eppure non solo questo. La parola ‘teologia’ evoca per i più qualcosa di arido, una specie di matematica della fede, e non parliamo poi di ‘teologo tedesco’: basta la parola per immaginare grossi tomi polverosi di incomprensibili, e inutili, elucubrazioni. Ma chi volesse sfidare questa immagine potrebbe aprire una qualunque delle innumerevoli opere di Ratzinger per trovarsi al cospetto di una mente straordinariamente lucida, di una scrittura di cristallina chiarezza, di un cuore che ama davvero Gesù, che vuole davvero fare tutto quello che può per il bene delle persone umane. Ci sarebbe davvero troppo da dire di questo straordinario dono che Dio ha fatto alla sua Chiesa ma basti una piccola cosa: Benedetto ha conservato, fino all’estrema vecchiaia e in mezzo a difficoltà laceranti, lo sguardo e il sorriso di un bambino.

1/1/2024


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