Vinitaly bilancio finale: si cresce

Area Regione Siciliana

(Testo e foto Maurizio Ceccaioni – Corrispondenza esclusiva)

È quasi un mese che Vinitaly 2019 è terminato, e possiamo ormai affermare con dati di fatto, che la 53ma edizione è stato un ennesimo successo di Veronafiere, con 125 mila visitatori provenienti da 145 nazioni, spazi espositivi saliti a 100 mila metri quadri netti, 4.600 aziende espositrici da 35 nazioni (+130 sul 2018), 33 mila buyer, di cui quelli esteri cresciuti del 3%.

Chiaro successo anche della formula Vinitaly and the City, con 80 mila wine lover ripartiti tra Verona e i tre storici borghi di Bardolino, Soave e Valeggio sul Mincio. Poi le novità: Vinitaly Directory, la business guide online in 9 lingue, con 18mila etichette (+20%) a catalogo e oltre 1 milione di pagine visualizzate in due settimane sul portale, e la presentazione della nuova piattaforma Veronafiere Wine To Asia dal 2020 a Shenzhen (Cina).

Padiglione 2 Sicilia
Padiglione 2 Sicilia

Ma dopo aver parlato dei numeri, occorre fare delle riflessioni a mente fredda per chi, come me, fosse andato al Vinitaly non come saccente intenditore, ma anche semplicemente da cronista curioso.
Ad esempio, una cosa che mi ha subito colpito è stato lo stand della Polizia di Stato, appena dentro la Fiera, con il cartello ‘In Vino Virtus – Change your drinking, save your life’ che accoglieva i visitatori all’entrata.

Però non era tanto quello ad attirare l’attenzione della gente, quanto una delle due Lamborghini Huracán LP610-4, regalo alla Polizia di stato della casa automobilistica di Sant’Agata Bolognese (Bo), un sodalizio che dura ormai da molti anni.

Nel padiglione 7 (Marche), allo stand E3 c’era l’amministratore delegato dell’azienda, Silvio Tshang. Oltre al resort, golf club, agriturismo e un ristorante gestiti dalla figlia Patrizia, ci sono 32 ettari a Sangiovese e Merlot (in particolare), dai quali arrivano gli ottimi vini, come i ‘Classici’ Trescone, Torami, Campoleone o Era. Oppure i ‘Frizzanti’ come il Lamborghini Demi Sec, o i ‘Centanni’, Grechetto Umbria Igt e Rosso Umbria Igt.

Tra i padiglioni, novità e volti noti…

Oltre ai vini da gustare girovagando tra gli stand di questa cinquantatreesima kermesse veronese, ad ogni padiglione visitato ho incontrato novità, curiosità e facce amiche.

…E la Sicilia non aveva certo presenze da nulla. Vedi quelle delle sorelle Clara e Annamaria Sala, titolari della Tenuta Gorghi Tondi in Contrada San Nicola, a Mazara del Vallo (Tp). Erano ovviamente nel padiglione 2 (Sicilia) allo stand 65D.

Clara e Annamaria Sala, Tenuta Gorghi Tondi
Clara e Annamaria Sala, Tenuta Gorghi Tondi

Con loro l’enologo Michele Scavone, che durante la visita nell’azienda lo scorso ottobre dopo Blue Sea and, mi aveva mostrato le fasi della preparazione del Grillodoro, prodotto con le “uve muffate” dei vigneti in Contrada Ramisella, a due passi dal mare.

Non lontano, allo stand 135 H, avevo già scorto i baffoni prorompenti di Filippo Muragna, storico presidente della Cantina Sociale cooperativa Santa Ninfa, in Contrada Magazzinazzi, Santa Ninfa (Tp). Anche lui era lì per presentare i loro ottimi vini (in fatto di qualità e prezzi) e l’olio extra vergine di oliva prodotto a freddo da olive nocellara del Belice, tipiche della zona.

Sempre nel padiglione della Regione Sicilia, allo stand 123 G/131H, ho incontrato Renato de Bartoli, amministratore delegato della Società agricola Baglio di Pianetto, un’azienda che si trova sulle colline di Santa Cristina di Gela, nel palermitano.

Renato De Bartoli produttore del Vecchio Samperi, gran vinodameditazione etitolare delBaglio diPianetto.
Renato De Bartoli produttore del Vecchio Samperi, gran vino da meditazione e titolare del Baglio diPianetto.

Nata nel 1997 da una storia di vini e d’amore per questa terra, con protagonista il conte Paolo Marzotto, allora rampollo della nota famiglia di imprenditori veneti del settore tessile. Le tenute sono due e, oltre a quella di Pianetto, c’è quella in Val di Noto, nella provincia di Siracusa, e in tutto sono 160 ettari di vigneti, con due microclimi estremamente diversi, come i vini che vi si producono.

Non lontano, agli stand 72 D e 75 E, le Cantine Carlo Pellegrino di Marsala (Tp), che hanno presentato 34 prodotti d’eccellenza, tra fermi e mossi o dolci. Tra cui i famosi vini marsala come la ‘Anita Garibaldi’, La Malvasia bio, lo Zibibbo, il Passito di Pantelleria liquoroso.  O quelli prodotti con l’etichetta Tareni, dal Nero d’Avola allo Chardonnay, Frappato o Syrah.

Senza dimenticarsi dei giovani produttori che stanno nel padiglione F del Vinitaly Bio, come l’Azienda Agricola Porta del vento di Marco Sferlazzo, in Contrada Valdibella, a Camporeale (Pa). Siamo nella zona dell’Alcamo doc e del Monreale doc, a circa seicento metri slm e l’azienda a coltivazione biodinamica e biologica certificate, si estende per diciotto ettari sulle colline di Camporeale.

Marco Sferlazzo. Vini Porta del Vento
Marco Sferlazzo. Vini Porta del Vento

Un padiglione, quello siciliano, che ha visto una grande affluenza di visitatori, dov’erano presenti 77 produttori con i loro vini biologici certificati. Ma le aziende a produzione bio, erano anche sparse un po’ dovunque nei padiglioni regionali, individuati come ‘Enoteca Biols 2019’.

Da una recente analisi di mercato sui consumi alcolici a livello mondiale fatta da Iwsr, le previsioni parlano di un forte aumento della domanda di vino bio, proprio grazie ai consumatori europei, che potrebbe raggiungere i 7,8 milioni di ettolitri entro il 2022.

Tante lingue diverse, in nome del “nettare di Bacco”.

Ovunque si respirava aria d’affari, con le delegazioni estere sparse in tutti gli stand, con il calice in una mano e la penna nell’altra, pronti a sottoscrivere contratti importanti per questi vini d’eccellenza, ma pure distillati e birre artigianali.  Tanti i visitatori con gli “occhi a mandorla”, che con fare sapiente, maneggiavano i calici analizzandone i contenuti.  

Nel padiglione internazionale (D), erano presenti anche tante le aziende francesi, spagnole e australiane, con Ungheria e Croazia, ultima in ordine di tempo, tra le nazioni presenti. Si sono incontrati vini sudamericani, ma pure israeliani. E lì vicino, il punto d’informazione ‘Jewish e kosher info’, con un simpatico addetto in “tenuta d’ordinanza” a dare consigli e assistenza sul mondo ebraico e dove trovare i prodotti adatti nel rispetto della loro religione. Ma pure per rispondere a domande e curiosità di tutti gli altri visitatori.

Infine, una curiosità nella tradizione ritrovata

Nel padiglione 9 (Regione Toscana), dov’era il Consorzio Vino Chianti Classico (stand D 2-3-4), su prenotazione si potevano fare degustazioni di oltre 200 etichette di Chianti classico, con servizio sommelier. Ma appena fuori, tutti farsi i selfie, non con Salvini, ma con un rappresentante di una delle grandi tradizioni della Firenze rinascimentale: il ‘Carro Matto’.

Una tradizione che si rifà al XV secolo, quando con questo grande carro da trasporto trainato da buoi di razza chianina (che nell’occasione non c’erano), si portava questo vino a Firenze per offrirlo alla Signoria.

Un carro del tutto particolare, conosciuto anche come ‘Barroccio’ o ‘Cesta’, che viene allestito da esperti artigiani, per trasportare circa 2000 “toscanelli”, quei fiaschi impagliati oggi generalmente da 1,5 litri, usati ancora per il vino Chianti di Rufina, territorio originario del carro.

Ma quella del Carromatto non è un’originalità solo fiorentina, perché di ‘carrumattu’ (in dialetto), ne sentivo parlare anche da mio suocero, originario della provincia di Messina. Perché anche senza i fiaschi, un Carromatto gira anche per la Sicilia. È quello che sfila per le strade di Villafranca Tirrena (Me), la domenica che precede il 6 Dicembre, giorno in cui si festeggia il patrono San Nicola di Bari.

La tradizionale rievocazione della sfilata del Carromatto, si svolge con questo grosso carro in legno massiccio a quattro ruote spinto e attorniato da figuranti, lungo le vie del paese raccogliendo la legna che poi verrà bruciata in onore del Santo patrono.

(Maurizio Ceccaioni)

 

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