La vera storia della Pasta con le sarde (Ciò che avreste voluto saperne e non avete potuto chiedere)

Si usa presentare i piatti in modo scenografico: qui pasta con le sarde con un tocco estetico da haute cuisine. Tutto si può fare con lo spirito di “tanto è un gioco”. Ma non tradiamo la tradizione… Anche modificarla non è vietato, ma non è neppure facile…

Di Germano Scargiali

Come nacque la storica ricetta “altamente mediterranea” che cosa racconta la leggenda sul suo “inventore” Eufemio e come si prepara questo famoso piatto nella tradizione palermitana

Il procedimento descritto è “esattamente” quello di mia nonna Teresa Aliotta, considerata bellissima da ragazza assieme alla gemella Celeste, nata Cacioppo, signorina nella Palermo nei secondi anni ’80 del 1800 e vissuta fino alla prima metà degli anni ’50. Il procedimento veniva rispettato da mia mamma Francesca Aliotta Scargiali, con soddisfazione di parenti locali e romani (Scargiali).


Torniamo alla ricetta tradizionale pubblicata da Palermoparla in varie forme, su carta e online, la pagina più visitata di www.palermoparla.it. E’ quella della Pasta con le sarde, della sua fama e della storia leggendaria, a partire dal nome (ch’i sardi) che contiene quell’articolo “una i che sta per le” nel mezzo che ricorre nelle altre ricette, con le zucchine, le melanzane, i broccoli. Le buone traduzioni, anche dal siciliano, devono essere più aderenti possibile….

pastachisardi della tradizione: qui con l'originaria qualità "bucato" oggi meno in uso. Noi mettremmo 3 sarde a disegno sopra...
Pastachisardi” della tradizione: qui con l’originaria qualità, maccheroni o “bucato”, oggi meno in uso, perché è più difficile da mangiare degli spaghetti e non siamo più allenati… Noi metteremmo 3 sarde a disegno sopra e un po’ di finocchietti meno sminuzzati qui quasi frullati con le sarde. I finocchietti vanno, invece, tagliuzzati in punta di coltello. Oggi frullati, semmai,in minima parte.

Come tanti piatti della cucina mediterranea questa pasta famosa nel mondo raggiunge quell’alto livello di gusto e di fama che conosciamo, pur essendo nata dalla povertà e dalla scarsità degli ingredienti. Cioè dalla necessità di cucinare con ciò che si ha o si trova, grazie alla fantasia del cuoco o della mamma, che trasforma il poco in molto, eternando – se si vuole – il messaggio simbolico della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

In particolare, la pasta con le sarde, affettuosamente soprannominata a Palermo “pasta c’a munnizza”, è condita anzitutto con il finocchietto selvatico che in gran parte del mondo non viene neppure raccolto e con le sarde che a Napoli servono solo per pescare altri pesci, mentre in altre parti, Palermo compresa, vengono talvolta ributtate a mare per varie ragioni. Ad esempio per non stroncarne il prezzo, evitando di creare un troppo facile bene rifugio. Le sarde fanno parte, infatti, di altri piatti tipici ed apprezzati: le “Sarde a beccafico” (usate come secondo, come antipasto o come finger food) e le sarde “Fritte allinguate” (vedi più giù), sempre diliscate, passate possibilmente nel limone e/o acqua e aceto, infarinate e fritte pochi attimi in olio bollente. Insomma, di sarde i napoletani non hanno capito niente…

Nulla di nuovo, in fondo, per il finocchietto che, già nell’antica Roma, veniva consigliato anche da Apicio – il Bocuse di allora – per aromatizzare …il pesce. Si tratta – dovrebbe esser noto – del “finocchietto” cosiddetto di montagna, anche se è possibile raccoglierlo anche vicino al mare. anzi… Si raccoglie alla base sopra la radice con le unghia se è tenero o con l’aiuto di un coltellino o delle forbici… La stessa pianta adulta produce i semi di “finocchio ingranato”, cioè in grani, che entra in cucina (salsiccia, salami) e nei dolci.

Il risultato finale: Se ogni pitto ha una “filosofia” questo ce l’ha al più alto grado. La pasta con le sarde è un piatto leggero. Altrimenti se ne tradisce, appunto, la filosofia. Gli errori possono essere costituito da una cipolla troppo tostata e dal bruciare in padella l’acciuga o sarda salata pestata che entra nella preparazione al fine di dare un tocco di sapore in più. In realtà la sarda non ha qual sapore “forte” che la fantasia le attribuisce come pesce azzurro… L’alaccia (gli allacci in italiano), la falsa sarda detta anche “sardone”, è più “leggera” ancora. Sono ambedue un toccasana perché portatrici di grassi e colesterolo “buoni”. Abbondano all’infinito in Mediterraneo. La sarda piccolissima è la classica “neonata”, il novellame di cui per vari motivi (non tutti fondati) si vieta la pesca. E avviene di frodo, come la vendita…

La pasta con le sarde è uno di quei piatti italiani e europei (non pochi) che si mangiano bene soprattutto “in famiglia“. La cucina degli chef conta su possibilità di gran lunga maggiori ed è più accurata nell’estetica, ma tende a standardizzare questi piatti, proponendosi di uniformarli al gusto comune. Finisce spesso, così, per tradirli. Un esempio è l’uso di mollica fresca dentro le sarde a beccafico al posto del pangrattato tostato; un imperdonabile tradimento…. Nominiamo, comunque, i migliori cuochi palermitani: il compianto Antonino Cascino e i giovani Filippo La Mantia e Natale Giunta. Ricordiamo il gestore del ristorante La Scuderia e ultimo gestore di Caflish a Mondello Valdesi: Pino Stancampiano: serviva una pasta con sarde da portar via apprezzatissima dalla clientela mondellana. Questo piatto che Pellegrino Artusi già vantò va ricercato nella ricetta originale e tuttavia n esistono più versioni tutte valide, ma soprattutto presentazioni. Purché non si aggiunga aglio, né – come qualcuno consiglia – estratto di pomodoro o salsa in genere. Niente rosso, ma giallo zafferano… E questo è e deve restare “uno dei pregi” distintivi di questo piatto speciale che ha resistito alla cosiddetta “rivoluzione rossa” della cucina mediterranea! Vediamo, però, nel dettaglio: diremo tanto di altro.

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Pasta con le sarde a mare

Può darsi che a casa non si disponga neppure delle sarde ed allora esse restano “a mare”. La pasta si fa lo stesso, perché il re di questo piatto è – in concreto – il finocchietto (i finocchietti) selvatico che, abbondante in inverno e primavera, dà il prevalente gusto e profumo al piatto. Ai finocchietti, bolliti a lungo e poi tagliuzzati, si aggiunge la pasta cotta nell’acqua gialla dei finocchietti stessi, dopo che questi – ben strizzati – rosolano dolcemente in un largo tegame nella cipolla bianca preferibilmente giovane. Si aggiunge poi l’acciuga (1 filetto o 2 a persona circa), che entra in minor misura anche (1 filetto X pers.) con le sarde. Per ultima arriva la pasta ben scolata. Originariamente erano gli ziti, addirittura i maccheroni o dei grossi bucatini, ma oggi se n’è persa l’abitudine (difficili da mangiare) e si usano le maglie o le penne. Al limite i tortiglioni. Possibili aggiunte: zafferanouvetta sultanina o in alternativa “passolina”, pinoli, mandorle in scaglie tostate, pan grattato tostato. Questa pasta si mangia preferibilmente calda. Quella con l’aggiunta delle sarde anche tiepida o addirittura proprio fredda.

Arrivano le sarde! Sono ospiti d’onore della cucina palermitana!

La sarda arriva nella ricetta dopo essere stata “allinguata”, cioè ridotta a lingua e non altrimenti detta. A differenza di quella pronta per le “sarde a beccafico” e per le “fritte allinguate” viene anche privata della codina.  Il corrispondente italiano di allinguata è “aperta a libro”: un trattamento cui si può sottoporre quasi ogni tipo di pesce di varia taglia ad ogni latitudine, come la …trota alle erbette.

A Palermo, dove si è radicata la miglior ricetta definitiva, quest’ultimo pesce, per povero che sia, ha un sostituto ancor più povero ancora nelle …alacce. Per questo viene chiamata vera sarda o meglio per i pescivendoli “veru sarda”. In realtà il difetto degli alacci (così in italiano) è di avere squame dure da togliere. Per il resto sono più leggeri e meno oleosi della sarda. Costano quasi niente quando ci sono – e vengono “spacciati” per sarde o sardoni. Vengono anch’essi aperti a libro. Quando si parla di sarde fritte allinguate e a beccafico, torna in mente un’altra osservazione: per inciso, 9 piatti su 10 fra quelli siciliani – dolci compresi – famosi nel mondo, sono frutto della città murata di Palermo. E’ lì che bisogna chiedere la ricetta autentica. In giro per l’Isola si mangia spesso “da dio” ma di piatti famosi nel mondo ce n’è pochi.

Le sarde per la pasta avranno il peso della pasta stessa che, se rimane, potrà essere consumata fredda o infornata anche dopo 24 ore e più (se conservata in frigo). In partenza la cottura avviene su un letto di cipollina che soffrigge dolcemente. E diremo come.

Lavorazione. Il concetto è che la pasta con le sarde è un piatto leggero. Ci si munisce di un grande tegame, (immaginate la lavorazione della milza) nel cui fondo si mette la cipolla con poco olio d’oliva (quanto ne assorbirà cuocendo). Da un lato si dispongono i finocchietti bolliti e tagliuzzati. Qualcuno oggi usa frullarli in tutto o in parte. Meglio seconda soluzione (in parte) se proprio lo si vuole. Si dispongono le sarde sul dorso sulla cipolla leggermente sovrapposte che non brucia perché inumidita dal resto dell’umore che scola dai finocchietti. A questo punto di versa sui finocchietti lo zafferano fatto bollire in pochissima acqua (mezzo bicchiere da vino per 1 bustina) e per ultima l’acciuga sminuzzata in un padellino in pochissimo olio a freddo o quasi. Quando le sarde cambiano del tutto colore anche superiormente, sulla pancia, sono pronte. Si mette da parte circa metà delle sarde o poco meno per guarnire al di sopra il piatto di portata o il singolo piatto (sconsigliato da chi scrive) e si mescola sommariamente il resto “sarde e finocchietto, aggiungendo gli altri arricchimenti: passole, pinoli, mandorle tostate. Si può aggiungere un po’ di olio a crudo alla pasta.

A questo punto il piatto è pronto da portare in tavola. Si può preparare in anticipo lasciandolo fuori frigo. Si mangia a tutte le temperature. Ottimo se tiepido. Si presta pertanto ottimamente al catering ed al banqueting. Da qui il suo perdurante successo.

Un timballo possibile di Pasta con le sarde. Ottimo da preparare in anticipo. Un piatto da cattering...
Un timballo possibile? Pasta con le sarde anche così. Ottimo da preparare in anticipo. Un piatto da catering… Rigatoni? Un po’ grossi, ma perché no? Qui troppo “rosso” all’interno: il pomodoro sotto qualunque forma (concentrato, estratto) va considerato “out“.

Il colore scuro viene conferito dall’annerirsi dei finocchietti. Chi scrive preferisce che il tutto mantenga un colore abbastanza verde. Il che si ottiene mettendo un po’ di sale subito nell’acqua dei finocchietti e un po’ sopra. In questo modo le verdure acquistano al momento toni smeraldini per poi mantenerne in parte. C’è chi consiglia una puntina di bicarbonato che affretta anche la cottura dei finocchietti e mantiene il colore. Non noi. Anch lo zafferano (canonico) giova al colore: va aggiunto al momento del salto in padella diluito in un po’ dell’acqua della pasta (utile fino in fondo) assieme all’acciuga diluita in un po’ d’olio. Un ilo d’olio a crudo può giovare, ma l’errore è in agguato perché il piatto non dev’essere troppo …oleoso.

Ancora una nota: questo piatto – tipico della cucina familiare – viene interpretato, come avviene in tanti altri casi un po’ ovunque, in più modi. Come desumete da quanto leggete, chi scrive ne ha fatto un proprio cult sin da giovane età: credetemi l’ho assaporato – di regola con piacere – nella versione di mamma e nonna, di tante zie e di amici. Ma la versione “giusta” c’è e ho la pretesa di averla descritta, sia nel risultato, sia nella preparazione, che dà luogo a mille “macchinazioni”, ritenute – magari – semplificazioni. La preparazione nel grande tegame, una specie di wow più piatto o in un grande saltapasta, è la migliore. Finisce per essere la più semplice e dà un risultato OK. Ma abbiamo detto anche …un cult? Pastaconlesardemania? I più matti congelano i finocchietti, già bolliti e persino un po’ dell’acqua per averli tutto l’anni in qualunque momento. Se è il caso sostituiscono – oggi e a sorpresa – le sarde con le cozze e persino con dei grossi gamberi: in cucina tutto è “sacralità” e tutto è …trasgressione e – soprattutto – invenzione. Purché si sappia inventare.

I “segreti della dama”

Le signore (e i signori) che vanno di premura, aprono la classica scatoletta che di solito non è male e supplisce alla …crisi da astinenza. In questo caso val la pena di arricchirla con mandorle, sultanina e pinoli in più… I più bravi contrabbandano di tutto: anche pesce in scatola spezzettato al posto delle sarde. Muti con l’ospite che – se meno esperto – non se ne accorge… I ristoratori hanno scatole da 1 Kg di finocchietti precotti. Adesso si trovano vasetti con i soli finocchietti anche “a piccole dosi”. Il numero uno è quello della ditta Contorno… Fanno cuocere le sarde come sopra per arricchirne, nel primo e nel secondo caso il piatto. In casi estremi con le sole scatolette e la pasta, che sarà preferibilmente in maglie di zito o di bucato o maccheroni o tortiglioni. Si può far soffriggere delicatamente un po’ di cipolla bianca e farvi rosolare un po’ il condimento.

La pasta con le sarde si può terminare “al forno” con lo stesso sistema di quella rossa, cioè con copertura di pangrattato. Se di segreti dobbiamo parlare eccone uno: se i finocchietti sono abbondanti, tanto meglio, ma non è necessario che lo siano: quel che conta – ci disse una brava e onesta  fruttivendola, che li vendeva “cari”, perché fuori stagione – è l’aroma…

Le scatolette si arricchiscono anche con un po’ di acciuga e sultanina. La ricetta iniziale della pasta con le sarde prevedeva le passole da zibibbo di Pantelleria. Ed eccola al forno: si compone la teglia come per la pasta al forno palermitana, ungendola della migliore margarina vegetale. Il risultato è ottimo e ciò si può fare sempre se si vuole portare il piatto in un catering più a lunga scadenza e più …sportivo. Viva sempre la pasta con le sarde!

Le sarde (o anche gli alacci), altrove sottovalutate, sono un ospite d’onore della “cucina povera” palermitana, divenute un capriccio prelibato (se fritte o a beccafico) e nobilitate addirittura nella Pasta con le sarde, piatto di rinomanza mondiale, perché leggero e saporito al contempo, ricco di sorprendenti profumi…

Per i cultori delle “ricette” da cui ci discostiamo – come altri – perché preferiamo entrare nella filosofia e, quindi, nel procedimento, intuendo i particolari, aggiungiamo gli ingredienti. Anche qui: volete le quantità? Ebbene dovreste, invece, sapere che per una pasta delle feste il peso dei condimenti deve eguagliare il peso della pasta o superarlo. Anche se per primo Gualtiero marchesi avvertiva che la pasta non debba “navigare” nel condimento… Quindi continuiamo un po’ a modo nostro (non c’è rimedio): più filosofia che numeri…

Per 500 grammi di pasta

Sarde ce ne vogliono molte: mezzo chilo.

Finocchietti selvatici. Ci disse bene al mercato una signora che li vendeva cari ma era onesta: “devono dare l’aroma più che la sostanza”. In basa stagione ne bastano pochi. Sta di fatto che il finocchietto sia il vero Re del piatto. Se li abbiamo, abbondiamo…

Acciuga salata o sarda in mancanza e persino alaccia (meglio di niente): non deve mancare e ce ne va quasi un filetto ogni  persone non meno. Può sostituirsi con pasta d’acciughe, perché il filetto va maciullato…

Passole: la sultanina, quelle del panettone. Oggi sono le migliori solo perché quelle grandi di Zibibbo sono quasi introvabili (tranne ce a pantelleria). Un bel pugno.

Zafferano: di rigore in questa come i molte altre ricette palermitane. Seguire le istruzioni sulla busta. Oggi ci si aiuta con l’insipida curcuma o (sarebbe vietato) con il più sapido curry. Ma non parlatene… Come dice la canzone di Giuni Russo: “la mamma non lo deve sapere, non lo deve sapere”. Ma neppure gli altri… Viceversa, non fatelo.

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L’inventore il “Tumarca” Siculo Bizantino messinese – Eufemio o meglio il suo cuoco.

Stampa relativa alle spedizioni compiute dal i836
Stampa relativa alle spedizioni compiute dall’anno 836. L’inventore: il dignitario siculo bizantino Eufemio, che si ascrisse -ma non poteva immaginare il seguito della storia – i probabili meriti del suo cuoco

La leggenda narra che la pasta con le sarde sia stata creata dal cuoco del “Tumarca” Eufemio, siculo Bizantino che, nonostante i suoi meriti – in pace e in guerra – i bizantini, gelosi, avevano cacciato da Messina. Pare che avessero preso come pretesto che si fosse innamorato di una suora e l’avesse convinta a lasciare i voti per farne la sua compagna. Eufemio (questa è storia) portò i Musulmani in Sicilia per vendicarsi e segnò l’inizio della nuova “fortunata” dominazione (interrotta poi dai Normanni), sbarcando presso Capo Granitola vicino Mazara del Vallo. Di quello sbarco e della conquista si conoscono molti nomi e particolari. Lì, comunque, erano state pescate molte sarde e, potendo raccogliere in loco i finocchietti selvatici, il suo cuoco di Eufemio – di cui si è perso il nome – preparò per la prima volta questo piatto da primato, fatto di povere cose… L’invenzione viene attribuita, tout court, al comandante Eufemio, estroso personaggio che secondo la la leggenda …ci mise del suo. Per inciso, non vi furono che pochissimi veri “arabi” in Sicilia: erano per lo più musulmani provenienti dall’Egitto e berberi. Fraternizzarono, si integrarono, si rispettarono con gli isolani, considerando, finché poterono, cioè i normanni glielo impedirono, la Sicilia una patria comune…

Germano Scargiali

NOTA  Tengo, infine, a ribadire che ho motivo di ritenere che questo piatto, divenuto famoso – al punto che già Pellegrino Artusi nell’edizione completa de L’Arte di mangiar bene raccomanda di non modificarlo – sia stato migliorato e definito a Palermo nella cosiddetta Città Murata. Si pensi che i migliori gastronomi della cucina palermitana tradizionale, cioè della Cassata, dei Cannoli, ma anche delle Sarde a Beccafico (alla palermitana), della pasta con i Broccoli in tegame  e con i Broccoli arriminata appartengono alla Vucciria e al Capo, così come i pasticcieri che hanno creato cassata, Cannoli, sfingia di S.Giuseppe e Frutta di Martorana, nonché i gelatai  degli “spongati”, dei pezzi duri della cassata gelato, del gelato col riso (Riso del paradiso), di “scorsonera e cannella”. Quest’ultima specialità apparteneva ai “Pannieri” nell’omonima via che unisce Corso V.Emanuele con piazza Caracciolo.  Alla Città murata risalgono le ricette originali di: sfincione, caponata, frittella (carciofi, piselli, fave, aceto, zucchero) ed anche la “vera arancina” sferica con carne e ovale al burro, le panelle e i babbaluci al “picchio pacchio”. Con tale condimenti si condiscono anche gli spaghetti, ottimi a Palermo anche C’Anciova e “C’a muddica. Da chi non li ha appresi dentro le “vecchie mura” di palermo, tutti questi piatti e specialità dolci sono soltanto “copiati”. Spesso – scusateci – abbastanza male…

Un’ultima nota: la migliore stagione dei finocchietti è la primavera. Se ne trovano ovunque in campagna, ma se ne vedono negli spartitraffico e ai margini dell autostrade o a ridosso o negli anfratti nei moli dei porti… Più fa caldo, più si trovano quanto più si salga in collina e, infine, in montagna. Forse da ciò deriva il nome. La maggior parte delle verdure selvatiche di palermo provengono – finocchietti compresi – dal gran bosco della Ficuzza, caro ai Borboni, il cui nome fa ridere tutta Italia, ma non noi., che facciamo tutto al contrario: il sesso maschile lo chiamiamo a al femminile e quello femminile al contrario… Solo con questa testa si poteva creare un capolavoro culinario e poi chiamarlo anche “A pasta c’a munnizza”. Proprio – forse – per disprezzare scherzosamente ciò che è nostro ed evitare che – erroneamente – lo facciano tanti ospiti “sbadati”. (G.S.)

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