La mite Balivo e qualche verità sul 70° Festival

Diletta Leotta, una rara nota giusta in un coro d’errori. Per i 70 annidi Sanremo, brutte scelte, brutta regia e,non vorremmo proprio dirlo, ancora una volta brutte canzoni…

Ci voleva Caterina Balivo nel suo “Vieni da me” – per chi ha tempo dopopranzo e non si rassegna alla ‘pennichella’ – fuori dal coro che abbiamo definito da “viva il sindaco” che ha accompagnato questo 70° Festival prima, durante e dopo. Tutto bello, tutto bello,tutto bello.

Ci voleva la Balivo per sentir dire che la canzone della Pavone e Rita stessa valevano dieci volte la canzone vincitrice e – invece – è finita 17ma

Ci voleva questo appuntamento pomeridiano con gli spettatori nullafacenti per sentir spiegare ciò che noi modestamente avevamo da poco scritto. Che non esiste musica di prima o seconda qualità, distinguibile in base ai generi (classica, sinfonica, leggera…). Esiste solo buona e cattiva musica. Non esiste musica per giovani, adulti e vecchi: esiste, anche qui, buona e cattiva musica. Diremmo anche un impietoso: vera e falsa musica…

Dispiace parlar male, al contrario, “di tutto” il Festival. Per chi non lo sapesse si apprende che, dietro ogni canzone, c’è un febbrile lavoro di equipe, un lavoro professionale, che dura dall’ideazione fino al momento in cui ciascun motivo giunge con le sue parole sul palco: non vorremmo offendere nessuno…

Parlar male di Sanremo – l’abbiamo già detto – è un’ennesima ovvietà, a seguito di un Festival talmente ovvio, ma fino all’inverosimile, da somigliare più ad una recita parrocchiale… Mentre dovrebbe essere un “biglietto da vista” dell’Italia lanciato in mondovisione. Niente di tutto questo: è come intrattenere la sera i turisti russi con un cabaret in dialetto locale. Avviene, avviene… Forse, ancor peggio, il Festival tenta a tratti persino di ‘disitalianizzarsi’. Quando canta un (ospite) italiano bravo, lo fa in inglese. Delle nuove gradevoli canzoni alla Fred De Palma, si canta quella di Iglesias jr e la cantano due africani. E’ solo questo che abbia …fatto ridere

Ma il re è nudo: la cruda verità è che ancora una volta le canzoni erano carenti di invenzione musicale, mascherata spesso dalla “moda” del rapping. Erano povere di quella che L. Armostrong definiva “melody“, cioè di contenuto musicale. Insomma, seppur si copia da sempre – tranne i grandissimi e talvolta anche loro – occorre farlo bene e fino in fondo. Basterebbe saccheggiare i soli arrangiamenti della miriade di musiche classiche o solo le canzoni napoletane o anche quelle americane: qualche variante, un arrangiamento e tutto è fatto… Neppure quello. Spesso solo quello, ma molto mal fatto.

I cantanti erano a corto di voce. Che dire di più? Ma il peggio, come abbiamo già detto è stato nell’osannato contorno: presentatoreMettete un attore! Qualunque attore presenterebbe Sanremo meglio del miglior presentatore! Lo sanno tutti! Gira da sempre una massima nell’ambiente: “a presentare son buoni tutti”. Come a “tirar drizze” in una “vela” da regata. Comico? Mettetene uno vero! Frassica, Banfi, Ficarra e Picone, Checco Zalone, Aldo Giovanni e Giacomo… Fiorello? Ma è un comico? Magari come presentatore. Sì, ma eliminiamo, allora, Amadeus!

Come parlare di “bravura” nella terra di Totò, Sordi, Fabrizzi, De Filippo, Taranto, Caprioli, Valeri, Vianello, Lionello, Verdone, Pippo Franco, Franchi e Ingrassia, Ficarra e Picone

Monologhi? Ma ricordate quelli di Walter Chiari e, perché no, di Dario Fo? Niente di Niente, neanche il poco, nel filone di quella grande tradizione nazionale!

Amadeus ride alle battute di Fiorello e questo ride quando parla Amadeus: Ridi, ridi che mamma ha fatto i gnocchi: “All’aragosta! al mio bimbo, danno 300 mila euro!”

Mettete una bella donna elegante! Va bene Diletta Leotta, ma tenetela in scena più spesso, per compensare la bruttezza di eAmadeus e il messaggio da due soldi che stiamo miseramente offrendo in mondo visione.

E’ questo che bisogna tener presente: lo share in giro per l ‘ Italia non è …l’obiettivo. Non lo né del Festival, né delle trasmissioni”di rito”. Ma tantomeno. Al Festival consiste nel fornire in mondo visione un’immagine della raffinatezza della moda, della grandezza della musica italiana.

Non siamo dei super critici: Sì, fortemente sì all’Amica geniale, quasi sì a Come una madre con Vanessa Incontrada e Giuseppe Zeno. Veri attori, veri volti, non”mezze calzette”…

Ciò che è più vomitevole è il coro di plauso, senza alcun contraddittorio, tranne quello, garbatamente “osato” dalla mite Caterina Balivo.

Germano Scargiali

 

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